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Le origini 

Secondo una definizione generica, il carnevale è una festa popolare collettiva trasmessa oralmente attraverso i secoli come usanza nelle feste pagane comprese tra il 17 dicembre (Saturnali in onore al dio Saturno nella mitologia greca) e il 15 febbraio (Lupercali in onore a Dio Padre, nella Roma antica). In verità non vi è ancora certezza sulle origini di questa tradizione, così come su quelle del significato stesso della parola carnevale. Alcuni studiosi affermano che la tradizione trae origine da feste primitive, di carattere orgiastico, celebrate in vista della primavera e ad essa dedicate. In alcuni rituali antichi risalenti a 10mila anni avanti Cristo, uomini e donne dipingevano effettivamente le loro facce e i loro corpi, abbandonandosi ai rituali della festa e della danza e all’abbondante uso di libagioni. Altri autori ritengono che il rito del carnevale risalga alla civiltà egizia, basando le loro teorie sulle feste organizzate in onore della dea Iside già 2mila anni prima di Cristo. A Roma vi era invece l’usanza di organizzare danze in onore di Dio Padre (chiamate Lupercali) e del dio Bacco (che era Dioniso per i Greci). Rituali Dionisiaci o Baccanali. All’inizio dell’era cristiana, la Chiesa mutò radicalmente il significato di queste feste punendo severamente ogni abuso. Se il cattolicesimo non arrivò mai ad adottare il carnevale tra le sue ricorrenze, gli riservò una certa tolleranza per il fatto che questa tradizione ricorre in un periodo contiguo a quello di alcune tra le più importanti ricorrenze cristiane. Tutto lascia infatti pensare che la Chiesa fissò l’inizio del calendario religioso durante il carnevale perché quest’ultimo precede la Quaresima. Infatti si tratta di una festa dalle caratteristiche pagane che termina in penitenza, nel dolore del mercoledi delle ceneri. Originariamente i cristiani cominciavano i festeggiamenti del carnevale il 25 dicembre, continuando la festa nel primo dell’anno fino all’Epifania. Già nella tradizione romana potevano vedersi corse di cavalli, sfilate di carri allegorici, lanci di uova e altri divertimenti. I balli in maschera, introdotti da papa Paolo II, presero piede nei secoli XV e XVI per influenza della Commedia dell’arte. In Francia il carnevale resistette fino alla Rivoluzione francese,  tornando a rinascere con vigore nell’epoca del Romanticismo, tra il 1830 e il 1850. Manifestazione artistica caratterizzata dall’ordinata eleganza dei suoi balli e delle sfilate allegoriche, il carnevale europeo con il passare degli anni andò progressivamente in disuso tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900. La tradizione carnevalesca sopravvive ancora in alcune città europee tra cui Nizza, Monaco e Venezia.

 

Perché carnevale 

Così come le origini del carnevale, anche la derivazione etimologica di questo termine è oggetto di discussioni. Per alcuni il vocabolo deriva dall’espressione latina carrum novalis (carro navale), una sorta di carro allegorico a forma di barca mediante il quale i romani inauguravano i festeggiamenti. Nonostante tale espressione sia accettabile, è invece rifiutata da alcuni ricercatori poiché non avrebbe fondamento storico. Per altri, la parola deriverebbe dall’espressione latina carnem levare, poi modificata in carne, vale! (addio, carne!), espressione che avrebbe origine tra i secoli XI e XII con la quale si definiva il mercoledi delle ceneri e annunciava la soppressione dell’uso alimentare della carne in vista della Quaresima. Per antitesi viene probabilmente da lì l’espressione giorni grassi (cioè quelli del carnevale), durante i quali l’ordine è trasgredito e gli abusi tollerati, in contrapposizione all’astensione totale dei giorni magri, tipici  della quaresima.

Il carnevale in Brasile

Al contrario di ciò che si immagina, l’origine del carnevale brasiliano è totalmente europea.  Come afferma la ricercatrice Maria Isaura Pereira de Queiros, i festeggiamenti carnevaleschi datano all’inizio della colonizzazione, essendo determinati da una fusione tra il carnevale di derivazione portoghese con l’uso delle maschere italiane.  Soltanto molti anni più tardi, all’inizio del XX secolo furono introdotti elementi africani che concorsero definitivamente al suo sviluppo e originalità. Fu pertanto grazie al Portogallo che il carnevale sbarcò a Rio de Janeiro nel 1641. Il termine entrudo che in portoghese definisce il carnevale e derivante dal latino introitus significava entrata, ovvero inizio,  con cui la Chiesa definiva l’inizio delle solennità della Quaresima. Tanto in Portogallo così come in Brasile,  il carnevale non era per nulla simile ai riti dell’Italia rinascimentale, ma era una festa di strada a volte violenta, nella quale si commettevano abusi e atrocità. Era comune a quei tempi vedere gli schiavi neri gettarsi l’un l’altro uova, farina, arance e resti di cucina mentre le famiglie bianche si divertivano a gettare sulle loro teste secchiate di acqua sporca “in un clima  di trasgressione favorito dall’estrema rigidità della famiglia patriarcale”.  Fu questo carnevale più o meno selvaggio a sbarcare in Brasile insieme alle prime caravelle portoghesi e ai primi istrioni. Con il passare del tempo e in seguito ad insistenti proteste, il carnevale si civilizzò, acquistando maggior leggerezza e senso civico, sostituendo l’utilizzo di sostanze grossolane con altre meno fastidiose come i limoes de cheiro, piccole sfere di cera ricolme di acqua profumata, oppure con fiaschi  di vino. Le cosiddette “armi” che sarebbero in seguito divenute tradizionali durante le sfilate del carnevale consistevano nel lança-perfume (lancia profumo) – bottiglia di vetro o metallo che conteneva liquido profumato. Di origine francese, giunse in Brasile nel 1903. La serpentina (stella filante) - di origine francese, giunse in Brasile nel 1892. I Confetes (coriandoli) – Di origine spagnola, anche essi arrivarono in Brasile nello stesso anno. Per quanto riguarda l’uso della musica, tutto era assolutamente estemporaneo: il carnevale non possedeva ancora ritmi o melodie che lo rappresentassero. Soltanto nella prima metà del secolo XIX, con l’arrivo dei balli in maschera di stampo europeo, si può osservare uno sviluppo musicale più raffinato. Nel 1834 il gusto per il travestimento si accentuò. Le maschere di origine francese erano fatte di cera molto elaborata oppure di carta, e simulavano i volti degli animali, soprattutto nelle  smorfie.

Balli di sala e di piazza

Il primo ballo di maschere di cui si ha notizia in Brasile fu svolto presso l’Hotel Italia in largo do Rocio, a Rio de Janeiro nel 1840, per iniziativa dei proprietari italiani dell’albergo, influenzati dal successo dei grandi balli in maschera che si tenevano in Europa. Il risultato fu tale che questa esperienza fu replicata da molti altri sottolineando così, anche attraverso il carnevale, le differenze sociali nella società brasiliana dell’epoca: da un lato la festa di strada di profilo spontaneo e popolare; dall’altro, i balli di sala graditi soprattutto alla classe media emergente del paese. Dalle sale, i balli si trasferirono nei teatri, animati principalmente dal ritmo della polka – primo genere ad essere adottato come musica carnevalesca in Brasile – e, più tardi, dal suono di quadriglia, valzer, tango, charleston e maxixe. Fino ad allora questi ritmi erano eseguiti soltanto in versione strumentale. Solo dopo il 1880 i balli passarono ad includere la versione cantata, intonata da cori. Nel 1907 fu realizzato il primo ballo infantile, dando inizio alle famose matinee. Le novità non finirono lì e le modalità si moltiplicavano, con  feste organizzate dalle famiglie, balli all’aria aperta, danze infantili fino ai balli al circo. Nel 1909 fu organizzato il primo concorso in cui veniva premiata la donna più bella, la fantasia più fervida nella realizzazione dei costumi e la migliore danza. I premi consistevano in gioielli preziosi e soltanto gli uomini avevano diritto di voto. Infine, il carnevale cominciò a crescere di anno in anno entrando a pieno titolo nella realtà culturale del paese, mentre in Europa sarebbe iniziata una fase di decadenza. Nello stesso periodo la classe media si preparava ad invadere le strade con un’altra novità: le sfilate di carri allegorici. Pioniere fu lo scrittore José de Alencar, uno dei fondatori di una società denominata  Sumidades Carnevalescas.

Le percussioni e la “rivoluzione” di Zé Pereira 

Fino alla comparsa delle prime scuole di samba, i cortei carnevaleschi chiamati sociedades predominavano nel carnevale carioca. Il primo gruppo a sfilare, nel 1855, si chiamava Congresso das sumidades carnavalescas. Le società erano gruppi o aggregazioni che trovavano motivo di competizione nel realizzare allegorie o satire del governo. Con il tempo, il numero di società si moltiplicò; ma competizione e contrasti interni finirono con il ridurne il numero a tre grandi gruppi che si consolidarono e che caratterizzarono le manifestazioni dell’epoca: Tenentes, Democraticos e Fenianos. Nel 1846 vi fu una novità che rivoluzionò il carnevale di Rio: la comparsa di Ze’ Pereira (suonatore di bumbo). Per alcuni, tra cui alcuni studiosi, questo era il nome o il soprannome dato al cittadino portoghese José Nogueira de Azevedo Paredes, che si dice avesse introdotto in Brasile l’abitudine portghese di animare lo spirito carnevalesco al suono delle percussioni bumbos, zabumbas e tabores, suonate disordinatamente per le strade. Questa novità si espanse rapidamente e il successo di Zé Pereira divenne tanto grande che, 50 anni più tardi, una compagnia teatrale decise di rappresentarlo in una parodia della piece Le pompiers de Nanterre, intitolata Zé Pereira Carnavalesco, nella quale l’attore Francesco Correia Vasquez cantava su musica francese una quadrilha che sarebbe diventata famosa: 

"E viva o Zé Pereira
Pois que ninguém faz mal
Viva a bebedeira
Nos dias de carnaval".

Evviva Zé Pereira

Poiché nessuno fa del male

Viva la sbornia

Nei giorni del carnevale 

Scomparso all’inizio del ‘900, Zé Pereira lasciò come suoi successori la cuica, il tamborim, il reco-reco, il pandeiro e la frigideira, strumenti che accompagnavano i blocchi de sujos che ancora oggi animano le scuole di samba brasiliane.
 
 I cortei 

Nonostante lo strepitoso successo dei balli di sala, fu nella sfera popolare che il carnevale acquisì forme autenticamente brasiliane. A causa della costante repressione da parte del governo, il popolo si vide obbligato a disciplinare le proprie sfilate di strada, adottando l’organizzazione dei cortei religiosi. Fu così che iniziarono ad apparire i blocos e i cordoes, gruppi che più tardi avrebbero dato vita alle scuole di samba. Formati da negri, mulatti e bianchi di origini umili, i cordoes animavano le strade al suono degli strumenti a percussione. L’influenza dei rituali festivi e religiosi africani era forte, e questa tradizione unì le generazioni seguenti nell’abitudine di travestirsi per il carnevale. I cordoes suonavano musica propria e sfilavano diretti dall’apito (una sorta di fischietto) suonato da un mestre, un direttore. Di qui sorse l’importanza di una figura che sarebbe divenuta fondamentale nelle future scuole di samba. Il primo cordao sorse nel 1885 e si chiamava Flor de Sao Lourenço. Dopo di questo, molti altri ne seguirono la popolarità fino ai primi anni del ‘900. Così come il cordao, il rancho era una aggregazione carnevalesca modesta, composta da persone di basso livello sociale.  Fece la sua prima apparizione nel carnevale carioca nel 1873. I ranchos esistevano già in città prima di allora, ma la loro esistenza era legata a motivi eminentemente religiosi. Sfilavano per festeggiare le festività natalizie il giorno dell’epifania. Travestiti da pastori diretti a Betlemme, il gruppo percorreva la città cantando e chiedendo ospitalità nelle famiglie. Per poter disporre di musica propria, finirono con il creare un genere musicale cadenzato, di grande ricchezza melodica: la marcha-rancho. Con l’evoluzione delle scuole di samba, a partire dal 1920, i ranchos entrarono in declino, lasciando ai posteri le figure di mestre-sala (maestro di sala), di porta-estandarte (porta-stendardo) e di pastoras (donne pastori) riccamente adornate. Il Corse, lanciato negli anni precedenti al 1910, era una sfilata di carri senza copertura, adornati, condotti da famiglie o gruppi carnevaleschi che scherzavano con i passanti o gli occupanti degli altri veicoli. Coriandoli, stelle filanti e lancia-profumi erano molto utilizzati per animare le sfilate. L’Avenida Central, oggi Rio Branco, era congestionata dalla presenza di questi veicoli, che circolavano a passo ridotto e costituivano una delle attrazioni principali del corteo. La consuetudine si trasformò in moda nel 1907, quando le figlie dell’allora presidente Alfonso Pena, fecero una sfilata nell’automobile presidenziale, attraverso il corteo carnevalesco,  andandosi a fermare di fronte ad un edificio da cui si godettero tutto lo spettacolo. C’è chi afferma  che il corso si estinse con l’evoluzione dei mezzi di locomozione. E’ infatti probabile che la popolarità delle automobili abbia appannato la consuetudine di sfilare da parte della classe alta e media. In verità vi furono anche altri motivi legati alla scomparsa del corso: il traffico congestionato,  l’alto costo della benzina e il decentramento del carnevale contribuirono al trasformarsi di questa in altre forme di manifestazione.

La marchinha, quasi una meteora

La prima musica composta espressamente per il carnevale che rimase indelebile nella storia culturale brasiliana fu la marcia O abre alas di Chiquinha Gonzaga, grande figura umana, compositrice, pasionaria e femminista ante-literam del Brasile. La marcia fu composta nel 1899 e ispirata, nelle cadenza ritmiche, ai ranchos e ai cordoes degli anni precedenti. Questa musica animò il carnevale carioca per tre anni consecutivi ed è conosciuta fino ai giorni nostri dal grande pubblico. Da allora le marce, dette anche machinas, diventarono popolari. Di movimento binario, con accento sul tempo forte (prima misura), erano inizialmente più lente per far si che i ballerini danzassero al suo ritmo. Con il passare del tempo, presero un andamento più accelerato per l’influenza delle jazz band; da quel momento furono conosciute come marchinhas. Dalla musica O abre alas ai successi carnevaleschi di oggi, furono molte le strade percorse dai generi musicali, fino al predominare definitivo del samba e della marchinha come ritmi prediletti: tango-chula, polka, marcha-rancho, fado brasiliano, marcha portoghese, toada, cançao, toada sertaneja, valzer, caterete, chula baiana e marcha-batuque, tra gli altri.
Le marchinhas del carnevale contrassegnarono un’epoca che si protrasse a lungo, di generazione in generazione, attraverso la divulgazione radiofonica, i balli di sala e, naturalmente, la strada. Furono molti i fattori che contribuirono al loro declino, ma senza dubbio il motivo fu legato alla supremazia della musica straniera e quella di altri generi carnevaleschi (come, ad esempio, il samba-enredo) i quali modificarono le abitudini di incisione da parte delle case discografiche (già allora per lo più multinazionali). Tra gli anni ’30 e ’40 il costo di produzione di un disco era basso e la sua diffusione gratuita, fattori che permisero alle case discografiche di ottenere grandi guadagni. Con l’affinamento delle tecniche di registrazione e lo sviluppo dell’industria discografica la qualità migliorò ma i costi di produzione subirono un’impennata, rendendo più ardua la diffusione delle marce. Fino al momento in cui, ad iniziare dagli anni ’60,  le case discografiche cessarono di investire nel genere.  Nonostante alcuni tentativi isolati principalmente da parte del compositore Braguinha e del presentatore Silvio Santos, la canzone carnevalesca cominciò ad essere ritenuta un investimento senza ritorno; le multinazionali preferirono diffondere musica straniera, utilizzando i nastri originali con costi molto ridotti. Il guadagno facile iniziò ad affermarsi nel mercato discografico e con esso gli artisti locali persero spazio e motivazione. In questo modo aveva inizio il declino del genere carnevalesco, che perdendo l’appoggio dell’industria discografica e, conseguentemente, dei mass media,  finì per soffocare. Restavano le incisioni dei vecchi classici, chiamati samba-enredo e samba de quadra che, grazie al prestigio crescente delle scuole di samba,  contribuirono alla diffusione popolare del disco.  Di fatto, il prestigio delle scuole di samba aumentava ogni anno e, se il mercato del disco continuò a non trarne grandi vantaggi, il fenomeno catalizzò l’attenzione di un mezzo di comunicazione ben più promettente: la televisione. Con l’inizio delle trasmissioni a colori, all’inizio degli anni ’70, il carnevale iniziò ad essere vissuto come uno spettacolo e con esso le scuole di samba ottennero grande attenzione da parte dei media. Per gli organizzatori, lo show rendeva – e rende tuttora –  grazie alla vendita dei biglietti (per lo più acquistati dai turisti), ma anche grazie alla visione delle trasmissioni televisive. Il successo delle scuole di samba guadagnò al samba-enredo passaggi televisivi e assicurò il radicarsi della tradizione carnevalesca.
 

La tradizione in Brasile
Bahia

A Salvador il carnevale comincia di fatto in dicembre, con apertura dei festeggiamenti in ricorrenza della giornata dedicata alla Conceiçao da praia. Si tratta di celebrazioni che rimandano una all’altra, acquisendo sempre, nel loro finale, una fisionomia carnevalesca. Grandi attrazioni del carnevale baiano sono i trios eletricos (treni elettrici): musicisti che percorrono le strade a bordo di mezzi equipaggiati con potenti altoparlanti eseguendo successi carnevaleschi per far ballare i partecipanti. La tradizione del trio eletrico ha preso piede nel 1950, con Dodò e Osmar. 

 Pernambuco

Nel vicino Pernambuco il carnevale assume sembianze simili a quello tipico delle città di Olinda e Recife. E’ in questo stato che è nato uno dei ritmi più suggestivi della festa carnevalesca: il coinvolgente e contagiante frevo, che non a caso tradotto significa fervore. Parallelamente esiste il maracatù, corteo di origine africana e altamente espressivo. Culla del maracatù furono le sensali, quando i neri rendevano omaggio ai loro antichi re africani. Con la fine della schiavitù in Brasile riprese questo tipo di corteo e il maracatù guadagnò popolarità, tornando ad essere uno dei momenti essenziali del carnevale pernambucano.

 
São Paulo

A San Paolo il carnevale, che era una festa relegata alla sale da ballo, cominciò ad essere praticato nelle strade, arricchendosi delle influenze delle scuole di samba di Rio, ripetendone lo  stile ed enfatizzandone il lusso dei costumi e delle allegorie.


Altri stati

Negli altri stati, appaiono generalmente tratti peculiari, differenti modi di celebrare la festa carnevalesca. Ma la grande tendenza registrata nel Brasile intero è quella di uniformare la manifestazione adattandola allo standard carioca: da una parte con il carnevale de salao (i balli in maschera lussuosi o popolari); dall’altro con le sfilate delle scuole di samba. Così il carnevale si è trasformato in un rituale riconosciuto in tutto il paese.

Siti consigliati

Carnaval Guides:Rio, Salvador & Elsewhere

Historia do carnaval brasileiro

 

 

CAPOEIRA   TOP

Introdotta in Brasile dai neri dell’Angola durante il periodo della schiavitù, la capoeira è nata come potente sistema di autodifesa, trasformandosi nel tempo in una disciplina a metà tra lotta e danza. Oggi la capoeira è danza, lotta, difesa personale, ginnastica acrobatica e arte. In una parola: cultura, uno degli elementi più ricchi e distintivi della cultura brasiliana. E consiste essenzialmente in una gara di abilità che mette in gioco soprattutto i piedi dei contendenti, accompagnati dal movimento del corpo e delle braccia, queste ultime usate per lo più per mantenere l’equilibrio. Per chi ha la ventura di assistere ad una dimostrazione di capoeira si tratta di uno spettacolo suggestivo; ma a chi la esercita necessitano forza, flessibilità e grande rapidità di movimento. E una buona dose di coraggio, considerato che alcuni colpi sferrati con i piedi sono talmente pericolosi da poter divenire mortali. La musica, e ancora di più il ritmo, sono tra gli ingredienti più importanti per la realizzazione di uno spettacolo di capoeira, come in quasi tutte le manifestazioni di tradizione afro-brasiliana. Durante la loro esibizione gli atleti sono accompagnati e incitati da canti e strumenti a percussione, di origine essenzialmente africana, quali berimbau, atabaque, agogo, pandeiro.  La manifestazione viene avviata dal suono del berimbau, seguito dagli altri strumenti e dalla voce del cantante solista accompagnata da quelle del coro. E i capoeiristi, dopo i primi minuti trascorsi a concentrarsi ascoltando la musica, ad un cenno del berimbau solista iniziano il jogo de baixo dopo essersi baciati religiosamente. Si tratta di una postura caratteristica di attesa, attraverso la quale gli atleti, mani e piedi sul terreno, strisciano spiando le mosse dell’avversario. Terminata questa fase interlocutoria, inizia il jogo vero e proprio ad un ritmo sempre più incalzante e caratterizzato dal dialogo tra coro e strumentisti, durante il quale i capoeristi, a coppie, si scambiano i colpi osservando strettamente le regole della disciplina. Chapa de frente, Meia lua,  Cabeçada, , Rabo de arraia, , Chapa de costas,  Cutilada de mão e Rasteira sono i nomi dei colpi più noti della capoeira; ma in realtà le possibili posizioni sono molte di più. Quella fondamentale si chiama ginga (che significa dondolamento) ed è una sorta di falso movimento che ha lo scopo di confondere l’avversario e che generalmente precede un colpo principale di quelli sopra menzionati, compiuto dopo aver effettuato uno scatto felino. Altri movimenti fondamentali sono la rasteira (una sorta di sgambetto che ha lo scopo di disorientare l’avversario), la cabeçada (testata) e l’au (movimento rotatorio) 

L’accompagnamento ritmico e musicale 

Non c’e’ capoeira senza musica e ancora di più non c’è capoeira senza ritmo, ingredienti questi ultimi indispensabili non soltanto all’aspetto spettacolare, ma anche per la tensione e la concentrazione che riescono a suscitare nei partecipanti al jogo (esibizione). E tra tutte le percussioni, fondamentale è il ruolo del berimbau, una sorta di arco composto da un bastone di legno e un filo di metallo uniti da una zucca, all'estremità inferiore, che funge da cassa armonica. E' il suggestivo lamento del berimbau, prodotto dalla percussione del filo metallico con una bacchetta, a dare il via all’esibizione e a sottolinearne, insieme al coro, le fasi di maggior tensione mediante un ritmo che da moderato diventa rapido, con battute sempre più frequenti. Ogni scuola, di regola, ne segue uno proprio, chiamato toque. Tra i più noti, ricordiamo Sao Bento, Cavalaria e Angola. Anche i canti eseguiti durante l’esibizione hanno l’obiettivo di accompagnare i movimenti dei capoeiristi e vengono suggeriti da un solista a cui risponde il coro, che può ripetere l’intero verso oppure soltanto l’ultima parola. Buona parte della riuscita dello spettacolo è dovuta all’abilità del solista, che sceglie l’intonazione, il volume e il brano più consono all’atmosfera di quel momento rispecchiando lo stato d’animo di chi si sta misurando. 

Una tradizione venuta da lontano 

 Nata durante l'epoca coloniale nel nordest del Brasile come forma di rivolta degli schiavi, la capoeira trae le sue origini dalla cultura africana e giunge dall’Angola,  sviluppandosi successivamente in tutto il paese. Durante il periodo della schiavitù, i combattimenti tra neri erano molto frequenti, ma vietati dai loro padroni, che li interrompevano punendo severamente i responsabili ogni qualvolta li sorprendevano ad esercitare questa forma di lotta, che continuò peraltro ad essere vietata ben oltre la fine della schiavitù. In seguito la capoeira si è sviluppata assumendo una fisionomia ben precisa che l’ha trasformata in una danza-lotta che oggi viene praticata senza usare le mani ed esercitata prevalentemente a Salvador, nello stato di Bahia. L’unica variante della capoeira è il maculele, analoga mescolanza di danza e di lotta nella quale i partecipanti utilizzano mazze di legno della lunghezza di circa mezzo metro. In Bahia la capoeira si divide in due forme (Sao Bento Grande e Sao Bento Pequeno) che si rifanno al sincretismo (vedi capitolo sulle religioni). Il berimbau, strumento anch’esso di origine africana, è sempre presente in tutte le manifestazioni e costituisce un ingrediente sonoro indispensabile per la corretta esecuzione dei colpi e per l’energia che è capace di sviluppare nei lottatori.  Le musiche e i ritmi eseguiti durante la capoeira sono tradizionali e vengono tramandate oralmente dal maestro agli allievi. 

Le incertezze sulla provenienza 

Importata dall’Angola oppure “inventata” dagli schiavi neri per rompere la monotonia delle lunghe giornate di lavoro forzato? Su questo punto ricercatori e studiosi non hanno ancora formulato una risposta univoca. La documentazione a questo proposito è inesistente, e le tracce storiche si disperdono con il mutare delle generazioni. Tra l’altro Ruy Barbosa, consigliere del generale Deodoro da Fonseca e ministro delle finanze, nel 1890 fece distruggere tutta la documentazione riguardante la schiavitù in Brasile. In ogni caso tutti sembrano concordare sul fatto che i primi neri ad arrivare in Brasile provenissero dall’Angola, anche se questa tesi non è supportata da alcuna prova certa. Ma ciò non esclude affatto l’ipotesi che la capoeira possa essere stata inventata durante la loro permanenza in Brasile e successivamente sviluppata dai loro discendenti. Su questo dubbio le posizioni più autorevoli sono senza dubbio quelle di Mestre Pastinha, che utilizza il sincretismo per spiegare la diffusione della capoeira altrimenti vietata come lotta, ma mascherata per l’occasione con la danza e la musica della terra d’origine; di Oneyda Alvarenga, che associa ai riti feticisti africani all’intensità del ritmo che contraddistingue i rituali della capoeira; di Camara Cascudo, secondo cui la capoeira brasiliana esiste ancora in Angola in forma di cerimonia d’iniziazione, forma che con gli anni ha perduto in Brasile: e infine quella di Lamartire da Costa, il quale si dice convinto che la capoeira sia nata come danza rituale mescolata a riti feticisti, aspetti che ancora oggi a Bahia si potrebbero osservare. Ma nessuna di queste interpetazioni ha fatto luce sull’interrogativo iniziale – capoeira importata o creata in Brasile – che a tutt’oggi rimane senza risposta. 

Trenta significati differenti 

Se come abbiamo visto risulta complesso stabilire come e dove sia esattamente nata la capoeira, i dubbi in proposito si trasformano in un vero rompicapo se si intende risalire al significato del suo nome. Esisterebbero infatti almeno una trentina di definizioni di tale vocabolo, e una ricerca seria sulle radici etimologiche risulta essere praticamente impossibile. Sfogliando il dizionario completo di portoghese-italiano di  Vincenzo Spinelli e Mario Casanta edito da Hoepli nella ristampa datata 1990 (pag.231), il termine capoeira viene indicato come di origine tupì, derivante da capuera e significa foresta vergine che si abbatte per ricavarne legna o per trarne terreno per le coltivazioni; e, al maschile, lo stesso termine assume il significato di teppista, malvivente. Esiste anche un’altra accezione del termine capoeira, derivante da capao, che significa capponaia, pollaio, ma evidentemente ci porta lontano dal significato che ci interessa. Ci si avvicina invece con il termine femminile capoiragem, che viene tradotto come lotta libera praticata dalla malavita brasiliana, oppure gruppo di teppisti. Nessun riferimento, tuttavia, che riporti al significato di danza e di lotta tipico della capoeira. Conviene allora attenersi alla documentazione esistente, secondo la quale il termine sarebbe stato registrato per la prima volta nel 1712 da Rafael Bluteau, senza però precisarne l’etimologia. Secondo altri ricercatori la parola comparve nella descrizione storica della Guerra aos Quilombos dos Palmares, combattuta dagli schiavi sfuggiti e dalla popolazione locale dell’interior che aveva dato loro rifugio contro i padroni-dominatori. Riecco in questo caso comparire il termine capoeiras, i guerrieri che difendevano i capoes, ovvero i fuggitivi che si nascondevano nella boscaglia. Ma anche in questo caso si tratta di ipotesi, per quanto verosimili. Sulla vera origine del termine capoeira regna, in realtà, il buio più assoluto. 

Le prime scuole 

Durante la sua evoluzione, la capoeira subì una serie di trasformazioni che portano ragionevolmente a pensare che sia oggi molto differente rispetto alle prime forme in cui venne praticata. Osteggiata da tutti e successivamente accettata dal governo e dal clero, anche i suoi esecutori si sono evoluti passando dallo schiavo nero al meticcio che aveva coniugato l’istinto e la prestanza del nero con la furbizia del portoghese. Fu così che, essendosi radicata la tradizione, iniziarono a sorgere le prime scuole, quasi tutte con sede nello stato di Bahia e a Salvador in particolare. La prima sorse nel 1932, fondata da Manuel do Reis Machado, più conosciuto come Mestre Bimba. Fu quest’ultimo a fissarne le regole aumentandone la reputazione agli occhi di chi nutriva ancora pregiudizi e insieme a Mestre Pastinha a farla diffondere come sport nella forma in cui oggi è da tutti riconosciuta. Lealtà, agilità, senso del ritmo e forza sono le caratteristiche di chi la pratica: e oggi tra di essi anche numerose donne. Nonostante la grande popolarità, le scuole di capoeira vivono ancora oggi unicamente grazie all’autofinanziamento prodotto dalle esibizioni e dalle rette pagate dagli alunni. Direttore della scuola è ancora la figura del mestre (maestro), scelto dagli stessi alunni e presenza carismatica cui fare riferimento. 

 

La capoeira oggi 

Diventata sport nazionale e praticata dalla favela alla ricca palestra metropolitana, la capoeira vive il suo momento di maggior tensione spettacolare nella cosiddetta roda (ruota), durante la quale maestri e allievi cantano e suonano in cerchio, mentre due di loro al centro si scambiano eleganti colpi al suono suggestivo del berimbau e seguendo gli incitamenti del coro e del solista che propone musiche e parole. E, come quasi tutti gli sport, costituisce un importante elemento di socializzazione. Le scuole oggi più note in Brasile sono quelle di: Mestre Bimba, Mestre Eziquiel, Mestre Waldemar, Mestre Canjiquinha, Mestre Caiçara, Mestre Pastinha, Mestre Joao Pequeno e Mestre Joao Grande. La più antica può essere senza dubbio considerata quella di Mestre Bimba un capoeirista nato a Salvador nel 1900. Figlio d’arte (il padre era campione di batuques, una variante della capoeira nella quale vince chi riesce a rimanere in piedi), apprese i rudimenti della capoeira da Bentinho, suo maestro africano, e fondò la prima Academia di capoeira introducendo un proprio metodo noto ancora oggi come Capoeira Regional. Di grande importanza anche la scuola di Mestre Pastinha, grande amico dello scrittore Jorge Amado e noto in Brasile per rappresentare la forma di capoeira più ortodossa, quella di Angola, sulla quale scrisse un libro nel 1964; quella di Mestre Canjinquinha, il cui repertorio di canti, molti dei quali scritti dallo stesso, è forse il più grande in Brasile; e infine quella di Mestre Joao Grande, allievo di Pastinha e “missionario” della capoeira in Africa, Europa e America del Nord dove, a New York, ha fondato una scuola di fama internazionale che porta il suo nome. 

Siti consigliati sulla Capoeira

       

The International Capoeira Angola Foundation--Fundação

CAPOEIRA

História da Capoeira

A Biblioteca Virtual do Estudante Brasileiro

Virtual Bookstore - Camille Adorno - A Arte da Capoeira

Associação de Capoeira Mestre Bimba - Braunschweig

Capoeira Links

 

Le scuole in Italia 

  • Milano - Filhos de Sao Benito Grande - tel.02/69018360

  • Milano - Associazione culturale DY&G -  tel.02/4390308

  • Torino - Grupo de Capoeria Anjos - tel.011/2207542

  • Genova - Capoeira Triarte - tel.010/8312934

  • Bologna - Movimento Verde Amarelo - tel.051/320175

  • Firenze - Axè Capoeira -  tel. 055/291228

  • Roma - Grupo de Capoiera Soluna - tel.06/298249

  • Roma - Grupo de Capoiera Carcarà tel.0333/355914

  • Palermo - Mestre Zoi Nascimento tel.091/300617

 

DANZA E TEATRO POPOLARE   TOP

Vi sono molti percorsi possibili da intraprendere per capire la storia e l’evoluzione della cultura brasiliana. Ma uno dei più suggestivi e immediati è senza dubbio quello della danza e del teatro popolare. La ricchezza di espressioni artistiche, gli innumerevoli rimandi storici e la suggestione dei simbolismi rendono eletto questo percorso, che come punto di partenza vede quattro principali gruppi di danze, secondo la classificazione di Mario de Andrade, uno dei massimi esperti di cultura popolare del Brasile: Cheganças, Reisados, Pastoris e Rancho. La chegança si ricollega direttamente alla cultura cristiana, rappresentando durante le festività natalizie la sconfitta dei mori da parte dei cristiani. Il reisado costituisce un complesso di 24 rappresentazioni popolari delle quali la più nota è il Bumba-Meu-Boi, che narra le vicissitudini di un toro scelto per migliorare la qualità dell’allevamento. Pastoris che, come suggerisce il nome, si richiama alla tradizione pastorale, ma con il passare degli anni si è trasformata animandosi di personaggi attuali; il rancho che, come abbiamo visto nel capitolo dedicato al carnevale, è un po’ l’antesignana del samba e rappresentava storie d’amore al ritmo di marcia.  Ma accanto a questi quattro gruppi principali esistono numerose altre danze popolari, per lo più di ispirazione bellica, alcune delle quali, come caiapòs e caboclinhos, ripercorrono le prime cruente battaglie tra portoghesi e indiani, mentre altre, come le cavalhadas, ripropongono gli scontri tra mori e cristiani in Spagna e Portogallo. Ma in Brasile il confine tra danza, teatro, musica e la stessa religione, è alquanto labile. Non possiamo dimenticare, ad esempio, che il significato stesso del candomblé, una delle tre religioni di cultura afro-brasiliana praticate in Brasile, riconduce direttamente al concetto di danza.

Siti   

Brasil Dance Company

Mimulus em movimento

Zambo

Artes Populare 

TEATRO DE RUA: MITO E CRIAÇÃO NO BRASIL 

francisco Solano Trinidade 

Interpalco - Teatro Brasileiro 

AUGUSTO BOAL'S PUBLICATIONS  

Theatre of the oppressed (BOAL TECHNIQUES)

Interview with Augusto Boal

 

RELIGIONI  TOP

Il Candomblé 

Un discorso organico ed esaustivo sulla storia delle religioni in Brasile (e su quelle tuttora praticate) implica una conoscenza e una mole di informazioni che in questo momento Musibrasilnet non è in grado di offrire. In questa fase riteniamo valga almeno la pena di soffermarsi su quella che, tra le religioni di cultura afro-brasiliana, è forse la più conosciuta: il Candomblé. Definire i brasiliani un popolo religioso è assolutamente corretto. Pochi paesi (forse nessuno) come il Brasile sentono con urgenza la questione religiosa, e per verificare ciò è sufficiente soffermarsi a parlare con qualcuno. Quasi sempre durante lo scambio di idee il nostro interlocutore avrà modo di dirvi come la pensa in tema di religione, se addirittura non si spingerà a spezzare una lancia a favore della religione che pratica. Definire il Brasile un paese cattolico può essere corretto (almeno per quanto riguarda l’aspetto statistico) e nello stesso tempo alquanto generico, considerato che qui il cattolicesimo ha da sempre subìto l’influenza di riti animisti provenienti dall’Africa, e in particolare dal Sudan. Gli stessi che hanno in seguito dato origine al candomblé. Questo termine di lingua africana deriva etimologicamente dalla parola danza, alla quale è legato perché le invocazioni agli dei venivano e sono tuttora fatte danzando. Si tratta di una religione politeista che durante i propri riti sacri invoca il dio Oxalà e i santi Orixas che si identificano nelle forze della natura (sole, mare, fuoco, terra, etc.). Durante le riunioni religiose, che per la loro drammaticità e suggestione costituiscono spesso un interessante spettacolo per chi le osserva senza partecipare, vengono anche invocati i Cablocos (meticci) e i Pretos Velhos (saggi o antenati neri). La cerimonia, che ha una durata media di tre, quattro ore (ma può prolungarsi per una notte intera), si svolge al ritmo incessante di tre atabaques, tamburi di origine persiana; e la ripetitività ipnotica dei suoni e delle invocazioni induce la trance in molti partecipanti e in particolare in un medium che a seconda dei casi può trasformarsi in caboclo, in preto velho oppure in una figura demoniaca chiamata Exù. I riti si svolgono in spazi privati chiamati terreiros e non sempre viene ammessa la presenza di estranei, mentre molto spesso agli astanti viene vietato fotografare o riprendere immagini. Il momento più importante del candomblé è quello del raggiungimento del sacro attraverso il rito della possessione, quando cioè gli orixas si impadroniscono dei corpi delle Mae.de-Santos (sacerdotesse) e girano danzando tra i presenti diffondendo l’energia vitale (Axé). E’ difficile per un occidentale cogliere il significato interiore della cerimonia, mentre più spesso è attratto dal ritmo incalzante dei tamburi e dalla suggestione dei costumi indossati dai partecipanti.  Anche il candomblé, come tutte le tradizioni di estrazione africana, nel corso degli anni ha subìto le influenze da parte dei gruppi etnici da cui è derivato. Si può dire che ogni paese di origine (Guinea, Angola, Congo) possiede riti e usanze differenti, e tra questi mutano anche i nomi degli orixas. Il gruppo più noto per essere stato il primo ad erigere, nel 1830, un proprio centro di culto è quello di Nago-Yoruba. Tra gli orixas, i più importanti sono oxalufam, oxossi, oxodia, oxum, iansà, oxumaré, oçaim, xangò, obà, exu, iemanjà. Ma non si può parlare di candomblé o di cattolicesimo senza soffermarsi sul fenomeno del sincretismo, un aspetto storico-religioso presente soltanto in Brasile. Durante il periodo di schiavitù, ai neri non veniva permesso di poter praticare le proprie religioni di appartenenza. Una delle mille violenze a cui per secoli hanno dovuto sottostare, fino al momento in cui per farle sopravvivere hanno accettato di convertirsi al cattolicesimo, ma continuando ad adorare le loro divinità sotto le spoglie dei santi cattolici. E’ per questo motivo che molti santi cattolici hanno il loro corrispettivo in una religione di origine africana. E così Oxalà, dio del candomblé, corrisponde al Gesù Cristo della religione cattolica. Grazie al sincretismo gli schiavi e i loro discendenti hanno saputo mantenere viva la propria cultura.

Siti

Olorun

Yoruba

CANDOMBLE NO BRASIL 

Os segredos e explicações do Candomblé 

CANDOMBLE 

Candomblé Sem Mistérios 

ANA7A 

Por uma análise epistemológica do ethos do candomblé 

TUDO SOBRE O CANDOMBLÉ
O Portal do Conhecimento, Tradição Africana 
 

Candomblé de Angola 

O Candomblé ea Umbanda 

Candomblé, Ritual e Tradição

 

Candoblè in Italia 

  • Associazione Adica Arborio (VC) tel. 0360 460420

 

CULTURA AFROLUSOBRASILIANA  TOP

Siti 

A collection of home pages about Portugal 

Brazil in Brief. (da embaixada de Londres)  

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Cabo Verde

Casa de Cultura Euclides da Cunha

Centros Culturais Brasileiros

Clariarte. Informação cultural

Comunidade dos Países de Língua Portuguesa

CrossCultural Pages

Espaço Cultural do Ministério da Fazenda

Estudos Brasileiros (da TV Cultura)

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Ilhas Atlânticas

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Maria Brazil    

Ministério da Cultura (de Portugal)

Notícias Culturais Brasileiras

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Portugal. Comunidades Lusófonas

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Programa Avançado de Cultura Contemporânea

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SACI. Sistema aberto de cultura e informação

Temas de Cultura

Terra à Vista. Sítio português 

Vidas Lusófonas

Viva Brasil. Walter's virtual trip to Brasil

 

ANTROPOLOGIA      TOP

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XXII Reunião Brasileira de Antropologia

Programa de Cultura Contemporânea

Social Movement Olodum

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STORIA  TOP

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Cabral, Pedro Álvares

Centro de Documentação e Memória /UESP)
Centro de Estudos de História do Atlântico
Dicionário Histórico, Biográfico Brasileiro
Documentos históricos
Expansão Portuguesa nos séculos XVI e XVII
A História de Canudos
História da Literatura
História de São Vicente (a antiga cidade paulista)
Índice de História do Brasil

Lampião e o Cangaço

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NetHistória

Padre José Anchieta

Manuel Querino. Primeiro historiador afro-brasileiro

Overview Of Brazilian History

Quilombo de Palmares dos Índios

Revista Eletrônica de História do Brasil

Tiradentes
Viagem pela História do Brasil