I primi cinquant'anni di Nelson Piquet

 

di Marina Beccuti

 

   Incredibile, ma vero: Nelson Piquet, tre volte campione del mondo, ha compiuto mezzo secolo il 17 agosto scorso. Nato a Brasilia, ma trasferitosi presto a Rio De Janeiro, è da tutti considerato un vero carioca, simpatico e stravagante, intelligente e all’apparenza svagato. La sua formidabile carriera è stata in parte oscurata da quella altrettanta sontuosa di Ayrton Senna, l’odiato paulista che lo mandò in pensione, coadiuvato da un certo Michael Schumacher che gli fu compagno di squadra, la Benetton, e battendolo in pista decise il suo declino dalla F.1. Nelson vinse tre titoli rispettivamente nel 1981 e 1983 con la Brabham e nel 1987 con la Williams. Le sue vittorie furono ottenute con tre propulsori diversi: Ford Cosworth, Bmw (primo titolo vinto dalla casa tedesca) e infine con i giapponesi della Honda.

Nel periodo in cui corse, si diventava campioni del mondo senza battere tanti record, vincendo quattro o cinque gare, ma soprattutto duellando con avversari veri e non comparse come oggi. Le gare erano ancora sano divertimento e la F.1 era più pionieristica rispetto alla tecnologia esasperata attuale, che rende i piloti più marziani che umani. Nelson viene spesso più ricordato per le sue stravaganze fuori pista e le sue varie compagne, che lo hanno reso padre ben sette volte, con figli avuti da varie donne, alcuni nati quasi contemporaneamente da due madri diverse.

Era soprannominato lo “zingaro” della F.1, perché a inizio carriera dormiva addirittura sui Tir della scuderia per la quale correva. In seguito amava passare molto tempo in barca, oppure radunare le sue famiglie allargate in una spaziosa motorhome. Nelson proviene da una famiglia benestante brasiliana: il vero cognome è Souto Major, ma il padre, ministro della Sanità dei tempi, gli proibì di usare il suo cognome, così ripiego su quello della madre Clotilde, di origine francese, insegnante. A differenza di quella di Senna, la sua famiglia non lo aiutò nella carriera, e per questo motivo Nelson fece gavetta con pochi soldi in tasca.

La sua fortuna fu quella di essere notato da Bernie Ecclestone, all’epoca solo patron della Brabham, che da ex manager di Rindt e altri grandi campioni, capì per primo la stoffa di quel simpatico e determinato pilota brasiliano. Nelsinho è stato uno degli ultimi campioni dal volto umano a non prendersi mai del tutto sul serio: correva prima di tutto per divertirsi, e poi per vincere. Ha rappresentato al meglio il suo popolo, accettando il proprio destino con la tipica fatalità brasiliana, e con la stessa filosofia riuscì a superare un terribile incidente che gli capitò ad Indianapolis, nella famosa 500 Miglia, dove nelle prove di qualificazione si frantumò entrambi i piedi e le caviglie. Subì più di trenta interventi per tornare a camminare in modo normale, senza mai perdere il buonumore.

Spettacolari ed esilaranti i botta e risposta con Franco Zermiani, cronista decano della Rai. Abbiamo ancora tutti negli occhi le sue corse, il suo sorriso liberatorio, la battuta graffiante e ironica, senza renderci conto che il nostro Nelson ha compiuto cinquant’anni rimanendo fedele ad un’eterna giovinezza di spirito e immagine. E’ stato sempre coerente nel dire e fare cose che potevano sembrare sbagliate, come la sua assenza alle esequie del povero Ayrton. Di lassù Ayrton l’avrà di certo perdonato, conscio che il nemico carioca non l’aveva mai tradito alle spalle, ma da buon guascone a volte scherzava in modo pesante.

Che mondiali con Piquet, Fittippaldi e Senna! I trionfi del Brasile passano anche ai trecento all’ora di una fede che fa volare verso il cielo, in fondo al quale si confonde la tenue luce del mare. Ciao Nelson, torna a trovarci qualche volta, insieme a te torneremo tutti più giovani e un po' più simpatici.