"Informazioni su Milano? Le chieda a Roma"

Storia di ordinaria burocrazia al Consolato del Brasile

 

 

di Malandro

 

 

   L'atmosfera efficientista che si respira a Milano non "guarisce" dal mal di burocrazia il locale Consolato del Brasile. All'incauto cronista che si avvicina all'istituzione che nel capoluogo lombardo rappresenta il governo brasiliano viene di fatto opposto un muro di gomma di mezzi rifiuti e di giustificazioni pretestuose che gli impediscono di svolgere il proprio lavoro. E ciò è ancora più incomprensibile quando l'obiettivo -dichiarato- del cronista è di informare i lettori sulle attività della struttura milanese a sostegno dei numerosi cittadini brasiliani che vivono a Milano e in Lombardia, oltre che delle iniziative intraprese a favore dei numerosi appassionati di cultura brasiliana. Ma cominciamo a dar conto dall'inizio di questa storia che può essere definita di ordinaria burocrazia. Il cronista segue la prassi tradizionale e contatta via e-mail un importante e gentile funzionario del Consolato, che peraltro già conosce personalmente, chiedendogli l'appuntamento per un'intervista. A questa prima comunicazione la persona interessata non risponde, e il cronista glie ne invia un'altra richiedendogli l'appuntamento. Questa volta il funzionario replica, con una missiva di significato alquanto oscuro, che "secondo recenti istruzioni da parte del ministero degli Affari Esteri brasiliano, le interviste in territorio italiano a dipendenti dello stato brasiliano devono essere richieste al settore stampa dell'Ambasciata del Brasile a Roma". 

Che cosa avrà voluto dire il funzionario, si chiede il cronista: che deve chiedere a Roma solo l'autorizzazione per intervistarlo, oppure che deve fare capo all'Ambasciata per qualsiasi informazione riguardante l'attività del Consolato? Chissà. Nel dubbio, il cronista alza la cornetta e chiama il "settore stampa" dell'Ambasciata per chiedere lumi. Ma è solo metà mattina di un giorno feriale, e forse per questo motivo dall'altra parte del filo risponde una segreteria telefonica a cui, nel dubbio, il cronista spiega il suo quesito. Più tardi prova a richiamare lo stesso numero, ma a rispondere è la medesima segreteria telefonica alla quale, nel dubbio, il cronista lascia un ulteriore messaggio, ad abundantiam

Intanto le ore passano, e nel tardo pomeriggio, quando ormai il cronista si era ormai rassegnato (almeno per quel giorno), dal settore stampa dell'Ambasciata giunge inaspettata la chiamata di un impiegato al quale riesce finalmente a spiegare "il suo problema". Problema che non solo non sembra essere di facile risoluzione, ma nemmeno di semplice comprensione, perché a un certo punto dall'altro capo del filo l'impiegato, dopo aver più volte invitato il cronista a chiedere informazioni direttamente al Consolato, chiede "tempo". Per "andare a informarsi", spiega. 

Il cronista ormai si fa poche illusioni -per usare un eufemismo- sull'arrivo di una risposta: è quasi sera e impiegati e funzionari brasiliani a Roma hanno forse di meglio da fare che fornire a lui spiegazioni a domande inspiegabili. Ma altrettanto inaspettatamente, pochi minuti dopo, quel gentile e solerte impiegato dopo aver presumibilmente chiesto lumi alle alte sfere, richiama, confermandogli quanto gli aveva detto in precedenza. E cioé che ogni struttura consolare può agire autonomamente ed è libera di rilasciare informazioni e interviste. 

A questo punto al vostro cronista non resta che attendere la mattina successiva per parlare con il funzionario del Consolato e riferirgli quanto gli è stato inopinatamente riferito dall'Ambasciata, nella speranza di ottenere finalmente la sua intervista. Ma dall'altra parte del filo sembra non si vogliano intendere ragioni. Nemmeno dopo l'invito del cronista a verificare che il colloquio da lui avuto con l'Ambasciata sia realmente avvenuto. Ed è proprio a questo punto che il funzionario, ormai sotto scacco, si lascia scappare una frase, la stessa che il cronista andava ripetendosi da qualche ora: "abbia pazienza, dottore, qui si vive in una situazione kafkiana". Isso. Per l'appunto.

Questa intervista, insomma, non s'ha da fare perché le informazioni sulla situazione milanese le può dare solo Roma, che è invece dell'avviso le possa dare Milano. Peccato che a fare le spese di questa ingarbugliata situazione siano tutti coloro che si chiedono cosa si stia facendo a Milano per promuovere la cultura brasiliana. Stando così le cose, verrebbe loro da rispondere, si direbbe che si fa proprio poco...