CONVERSA NO QUINTAL

"Così abbiamo salvato il mercato di Belem"

  Si deve alle donne la salvaguardia dello storico "Ver-o-Peso"

 

di Clemilde Castro

 

 traduzione e adattamento di Dulce Rosa Rocque


(em portugues)

Questo è il racconto del sogno di una donna, realizzato con l'aiuto di tante altre donne.


Premessa

  
Il complesso architettonico del Ver-o-Peso, molto conosciuto anche all'estero, oltre ad essere la maggiore attrazione turistica di Belém è anche la sua immagine-simbolo. Secondo i dati del Dipartimento storico della città, il suo nome risale al 1688 (vale ricordare che Belém è stata fondata il 12 gennaio 1616); fino ad allora era chiamato "Porto do Piri", da dove partivano ed arrivavano le barche con merci e persone dalle varie isole dei dintorni. Poi è diventato, ufficialmente, un posto di controllo fiscale, dove veniva verificato il peso delle mercanzie.

E' in questo porto che arrivò il padre gesuita Samuel Fritz, autore di una importante carta geografica dell'Amazzonia; anche lo scienziato Charles Marie de La Condaime, nel 1749, ci arrivò per prendere le misure della circonferenza della terra e è sempre lì che arrivarono i primi chicchi di caffè, venuti da Cayena, per poi partire per arricchire São Paulo, considerato che questa terra non era adatta. 

Alla fine del XIX secolo, lo spazio è stato trasformato; i margini verso la Baia di Guajarà sono stati solidificati e il legno è stato sostituito con pietra di Lioz (che arrivava dal Portogallo servendo di zavorra alle navi che poi ritornavano portando via il nostro oro…).

Il Ver-o-Peso fa parte dei monumenti storici della città; qui approdarono i cabani (rivoluzionari facenti parte di un movimento popolare - Cabanagem) per poi dirigersi verso il Palazzo del governo per assassinare il governatore Lobo de Souza e prendere il potere. Da qui sono partite anche le prime "palle" di caucciù dell'Amazzonia - in piena rivoluzione industriale - che avrebbero poi cambiato per sempre anche l'industria dei pneumatici. E' infatti il caucciù, nella sua fase migliore, che ha permesso il cambiamento di questo spazio ed il suo ampliamento con la costruzione del "Mercato di Ferro", prefabbricato in Inghilterra nei primi anni del XX secolo, e che fino a oggi viene usato per la vendita del pesce fresco.

Da allora quello spazio è diventato un grande mercato all'aperto, con negozietti, baracche, ambulanti ecc., ma con il passare degli anni e a seguito dell'impoverimento della popolazione e del disinteressamento delle autorità e della stessa cittadinanza è entrato in decadenza, lasciato in uno stato di totale abbandono. Non solo i pescatori, ma anche gli ambulanti nonché la popolazione stessa, usavano il fiume come un grande deposito di tutto quanto non serviva più: pentole, vetri, sedie, casse, cartoni, plastica… perfino mariti e moglie andavano a finire lì. La parte cosiddetta "nobile" del porto era occupata da barche abbandonate, da barconi inservibili per la navigazione, ma che servivano alle prostitute, ai trafficanti, ai topi, alle bisce e quant'altro. L'immondizia ed il cattivo odore erano una costante e gli urubu (avvoltoi brasiliano) se la godevano.

La sua importanza storica, culturale e, per i paraensi, anche affettiva, era in conflitto con tanta indifferenza; spiaceva vedere il Ver-o-Peso, così malandato. Non sono serviti articoli sui giornali, incontri con le autorità "competenti" e altro per far cambiare la sua sorte, perché tutto rimaneva com'era. Le istituzioni erano completamente assenti. Quando arrivavano amici da altre città chiedendo di visitare il famoso mercato, ci faceva male il cuore e correvamo a leggere sui giornali il movimento delle maree alfine di portarli soltanto con l'alta marea. Con la speranza che, sia la visione, sia l'odore, fossero meno sgradevoli: ma anche così era terrificante lo stesso.


L'Associazione delle donne d'affari

Nel 1994 fu ufficializzata a Belém l'Associazione delle donne d'affari e professioniste, affiliata alla Internacional federation of business and professional women (Ifbpw). Questo sodalizio è una organizzazione non governativa - Ong - nata nel 1930 e arrivata in Brasile nel 1975, nell'Anno internazionale della donna. Le Bpw lavorano per promuovere la piena partecipazione della donna in tutti i settori tramite ricerche, corsi, interscambio di informazioni, a altro ancora. 

Nel 1995 entrai a far parte dell'Associazione e iniziai a cercare il modo di avere l'adesione delle altre donne al mio progetto di "salvare" il Ver-o-Peso. E' un uomo,
però, a darmi il primo appoggio: il capitano Guedes, appena trasferito a Belém, mi rivelò la sua grande delusione al vedere quel complesso così famoso, in totale abbandono e in decadimento e si dichiarò disponibile, insieme ai suoi soldati, a fare una bella pulizia. Colse subito quell'opportunità ed immediatamente mettemmo giù in poche righe le strategie per un tale lavoro. A questo punto potevo anche rivolgermi alla Presidente dell'Associazione, Maria Lucia Penedo, e parlare della mia proposta. Fui così invitata a partecipare a una riunione della direzione della associazione per spiegare alle altre donne il progetto di salvataggio del nostro mercato. 

Non so se sia stata la mia convinzione o la mia fortuna, so soltanto che loro  approvarono l'idea e mi diedero pieni poteri di operare usando anche il nome dell'associazione stessa. Furono due settimane eccitanti, piene di impegni, di lavoro e tanto stress, ma allo stesso tempo altamente gratificanti: una scuola di vita. Innumerevoli sono state le adesioni: dagli enti statali, provinciali e alcuni municipali, a singole persone. Politici e assessori vari, tuttavia, non si sono degnati nemmeno di riceverci: uno rinviava all'altro, dando inizio ad una situazione veramente ridicola. Non ci perdemmo d'animo: il nostro grido di aiuto era stato lanciato, era per le strade; la voglia di fare qualcosa per cambiare quel complesso, cresceva senza l'aiuto delle istituzioni. Inoltre. i 4mila lavoratori, ambulanti o no, legali o abusivi, che da lì traevano il sostentamento per le proprie famiglie, meritavano un posto migliore, più igienico, degno e pulito che non costituisse soltanto la vergogna della città.

La prima riunione con quelli che adottarono la mia proposta di "lavaggio del Ver-o-peso" (che faceva parte di un più ampio progetto "Belém, meu bem"), avvenne il 13 gennaio 1996 a casa mia. Il dado era tratto.


La preparazione 


Quando abbiamo avuto l'idea di una grande pulizia del Ver-o-Peso, il nostro obiettivo principale era togliere l'immondizia che era sulla superficie del fiume e che da anni non veniva rimossa. Visto il totale disinteresse di chi ne aveva la competenza, e impossibilitati di fare altrimenti, pensammo di coinvolgere gli stessi lavoratori del mercato, così, oltre a migliorare la situazione di quel posto,  si sarebbe forse creata anche una maggiore coscienza ecologica. Per svolgere questo lavoro, volevamo che i "protagonisti" fossero gli stessi commercianti, ambulanti, barcaioli, e altri ancora, e che capissero non solo la necessità della pulizia di quel locale pubblico di grande importanza storica, turistica e culturale della nostra città, ma anche che mantenendolo pulito i benefici tornavano a loro favore, sia per gli affari sia per la loro salute. Volevamo, anche, richiamare l'attenzione delle autorità competenti sullo stato di abbandono e degrado - sia dello spazio fisico, sia dei costumi - in cui si trovava il mercato. 

Per convincere i "protagonisti" scelti ad aderire usammo la tecnica dello… scambio. Ogni sacco di immondizia sarebbe stato cambiato con un bonus; i diversi colori dei buoni avrebbero dato diritto ad altrettanti benefici: alimenti, taglio di capelli, colazione, kit di articoli per l'igiene, un piatto di zuppa. La pubblicità nel mercato fu fatta, tramite il bocca-a-bocca, da una equipe di volontari provenienti da entità che avevano aderito al nostro progetto.

Bisognava urgentemente cercare le donazioni e, per questo, cerano gli amici. Ogni donna cercava tra i propri conoscenti chi poteva donare sacchi per la nettezza, guanti, zappe, ecc., ossia l'occorrente per lo svolgimento del lavoro ed anche per lo scambio. Un commerciante ha prestato una macchina con autoparlanti, altro si è messo a disposizione per fare l'animatore; un gruppo organizzava i kit con la collazione al sacco per i volontari che ci aiutavano nell'organizzazione. Il SESI (Servizio Sociale dell'Industria), la Polizia Militare, i Vigili del Fuoco, il 2° BIS (Battaglione di Fanteria della Selva) si sono aggiunti a tanti altri amici; il gruppo di volontari cresceva. In meno di 15 giorni era tutto pianificato e pronto per l'esecuzione. Avevamo 500 volontari a disposizione.

In quei quindici giorni non riuscivo a dormire, l'adrenalina era altissima come l'entusiasmo. La voglia di vedere il risultato della nostra sfida ci portava avanti. Correvamo giorno e notte a cercare chi fornisse i camion per portare via i sacchi pieni. Chi fosse disponibile a stampare gratis i buoni colorati; chi avesse voglia di distribuirli; chi preparasse la zuppa, ecc. Le donne dell'Associazione erano instancabili e il tempo passava in fretta.


L'evento


Scegliemmo il 28 gennaio, non solo perché era il giorno di chiusura dei festeggiamenti dell'anniversario di Belém, ma anche perché la marea bassa era di mattina e la sporcizia sarebbe stata ben visibile e più facile da essere raccolta. Televisione e radio avevano promesso di essere presenti per dare copertura al nostro lavoro. I giornalisti, increduli, ci domandavano se eravamo sicure che i "protagonisti" sarebbero scesi in quell'immondezzaio a raccogliere con le mani tutta quella sporcizia. Noi eravamo sicuri di si. Avevamo cercato di avere zappe o cose simili e non siamo riuscite; all'ultimo momento sono arrivati i guanti, meno male. Ci aveva pensato il Sesi.

E il giorno arrivò: alle sei di mattina le "guerriere" e i "protagonisti" erano già sul posto e lo trovarono parzialmente occupato... Le autorità che ci avevano ignorato decisero, forse con l'intento di impedire la realizzazione dell'evento, di interdire parte dell'area per poter collegare al porto un terminale di pesca, faraonico, costato un prezzo altissimo, che ha arricchito molta gente e che, fino a oggi, non è mai servito a niente.

Meno male che la polizia militare e il capitano del 2° Bis hanno risolsero il problema e alle ore 8, dal barcone che, ancorato al porto dirigeva i lavori,  sentimmo, con grande emozione, la banda dei Vigili del Fuoco suonare l'inno nazionale e quello dello stato del Parà. Dopodiché ebbe inizio la distribuzione dei sacchi: i "protagonisti" non vedevano l'ora di iniziare a lavorare per guadagnare i "buoni". E lo scambio iniziò. I sacchi pieni passavano per un corridoio umano e finivano nei camion messi a disposizione sia dal sindaco sia da aziende di nostri amici. Mano a mano che questi si riempivano, partivano verso il deposito generale dove venivano svuotati per tornare indietro di corsa e essere riempiti ancora. In quattro ore di lavoro - impressionante -, furono raccolte, con le mani, circa 70 tonnellate di immondizia

Mentre i "protagonisti" lavoravano, la musica suonava e l'animatore d'occasione, Arnaldo, manteneva alto il loro morale con slogan, parodie, battute. Parallelamente però i problemi che nascevano dovevano essere risolti: i kit più disputati - quelli degli alimenti e degli articoli di igiene - finirono, così dovemmo passare ai buoni dei tagli di capelli. Arrivavano i "protagonisti" a lamentarsi di avere già dieci buoni per tagliare i capelli e noi non avevamo più altro da dare; suggerivamo di chiamare amici e parenti per cogliere questa occasione e… tagliarsi i capelli.

A mezzogiorno, finiti tutti i buoni di scambio, le parrucchiere con le mani gonfie, la marea già alta, distruggemmo, con i mezzi dei vigili del fuoco, i barconi che fungevano da distributore di droga e che venivano usati per la prostituzione infantile. Un vero godimento! Dall'altra parte la polizia militare, a nostra insaputa, svolgeva un altro servizio: arrestava i delinquenti e sequestrava merce avariata. Potevamo dare inizio al lavaggio delle banchine del porto. Distribuimmo a questo punto 100 scope, litri di disinfettante, sapone e, al suono della musica locale - il carimbò - i "protagonisti" finirono la pulizia della loro postazione di lavoro in luogo di chi si era dimenticato di farlo.

Mano nella mano, in un grande girotondo, festeggiammo la riuscita del nostro progetto. La canzone di sottofondo era "Como è grande o nosso amor por você" (Com'è grande il nostro amore per te, ndr). La missione era compiuta. Abbracci e ringraziamenti a chi aveva creduto in quel sogno. L'Associazione delle Donne aveva ottenuto una vittoria, ed io, piena di gioia e stanchezza… finii in ospedale.

Oggi siamo già al 7° Lavaggio del Ver-o-Peso e vediamo poco alla volta che  lo stanno ricostruendo. Nel frattempo associazioni e comunità si sono date da fare in altri campi: abbiamo visto nascere un gruppo di ballo "Carimbò das Cheirosas" e uno di musica "Pagode do Ver-o-Peso. Il Lavaggio del nostro mercato è diventato una realtà e oggi fa parte del calendario degli eventi della città di Belém.

Quando qualcuno mi domanda se vale la pena finire in ospedale per aver fatto i compiti altrui, di autorità incompetenti, ripenso a quanta ragione avesse Fernando Pessoa quando scrisse: "Tutto vale la pena quando piccola non è l'anima". 

 

 

 

 

 

 

 

 

(em portugues)



Belem,  um  sonho  uma  realidade

Ong de mulheres organiza a limpeza do "Ver-o-peso"


 

por Clemilde Castro


adaptação e tradução por Dulce Rosa Rocque

 

Esta è a história do sonho de uma mulher, realizado com a ajuda de tantas outras mulheres

 

Introdução

 

O complexo do “Ver-o-Peso”, maior atração turística de Belém, conhecida nacional e internacionalmente, é a imagem símbolo de Belém. Segundo dados do Departamento Histórico de Belém o Ver-O-Peso ganhou este nome a partir de 1688 (vale lembrar que Belém foi fundada em 12 de janeiro de 1616) quando deixou de ser o PORTO DO PIRÍ  uma espécie de cais rudimentar, onde chegavam  e partiam os barcos  que vinham das ilhas  com gente e mercadorias , para se transformar em posto de controle fiscal , oficial  do Estado.

Dentre as personalidades que desembarcaram ali, podemos citar o padre jesuíta Samuel Fritz  autor de uma importante carta geográfica da Amazônia , o cientista Charles Marie de La Condaime, para, em 1749 fazer as 1as. Medições da circunferência terrestre. Por aqui também chegaram as primeiras mudas de café, vindas de Cayena, que depois foram enriquecer São Paulo, visto que a terra do Pará não era boa.

No final do século XIX , o espaço foi transformado com o aterramento da margem que dava para a baía do Guajará  e os trapiches de madeira deram lugar ás docas de pedra de Lioz- ( que vinham de Portugal apenas servindo de lastro para os navios que depois retornavam a Portugal levando nosso ouro...).

O  “Ver-O-Peso” faz parte dos momentos históricos da cidade. Foi ali, que os “cabanos” aportaram antes de cruzar o caminho até o  palácio, para assassinar o governador Lobo de Souza e tomar o poder. oi dali também que se exportaram os primeiros carregamentos de borracha da Amazônia, que mudariam, em plena revolução industrial, a indústria de pneumáticos. Foi exatamente a borracha, na sua fase áurea, o elemento que permitiu a mudança desseaço, com a construção do “Mercado de Ferro”, pré fabricado na Inglaterra, no início do século XX e que abriga até hoje a venda de peixe.

Dessa época para cá, o espaço ganhou a agitação característica de mercado –com muita área de feirantes ao ar livre – mais as lojinhas, barracas, ambulantes, etc. Com o passar do tempo , o empobrecimento da população e o descaso das autoridades e da própria população, o  Ver-O-Peso, entrou em um enorme estado de decadência e abandono. No rio, a população e os próprios feirantes jogavam tudo o que não queriam: de cadeiras, panelas, vidros, plásticos...até os maridos ou as mulheres. A parte nobre do “cais” estava ocupada por barcos inservíveis para a navegação, mas que serviam de ninhos de ratos, cobras , traficantes e motéis de prostituição, tudo na maior imundície. O lixo e o mau-cheiro eram uma constante. E os urubús faziam a festa...

Por sua importância histórica, cultural, e emocional /afetiva não podíamos conviver com tamanho descaso e abandono. Incomodava ver o  “Ver-O-Peso” tão castigado. Artigos nos jornais, reportagens, falar com as autoridades “competentes “de nada adiantava...Quando recebia amigos de fora que logo me pediam para conhecer o famoso “Ver-O-Peso” , ficava com o coração “apertado”, e ia ver no jornal o movimento das marés, para só leva-losquando a maré estivesse alta, pois pelo menos a visão e o cheiro não seriam tão chocantes...mas mesmo assim chocavam.

 

A associação de mulheres de negocios

A Associação de Mulheres de Negócios e Profissionais de Belém foi oficializada em 08 de agosto de 1994 e é afiliada a Internacional Federation of Business and Professional Women (IFBPW), através da  Federação de Mulheres de Negócios e Profissionais do Brasil (FBPW-Brasil). E’ uma organização não governamental- ONG- de âmbito mundial desde 1930, que se estabeleceu no Brasil em 1975, no início da década da mulher. As BPW trabalham para promover a plena participação da mulher em todos os aspectos do desenvolvimento, através de pesquisas de interesses, cursos, intercâmbios de informações, treinamentos, etc

Em 1995 filiei-me a Associação e desde então procurei  uma maneira de obter a adesão das outras mulheres ao meu projeto- muito simples no papel, mas enorme na ação e na vontade. Foi porém um homem, Capitão Guedes, a dar o primeiro apoio ao projeto. Ele, recém transferido à Belém, para o 2o. BIS (Batalhão de Infantaria de Selva) disse-me com toda a franqueza, que foi sua maior decepção ao chegar a Belém, ver o abandono e decadência.da area do mercado e que se oferecia como voluntário assim como seus soldados. Nesse mesmo dia traçamos as estratégias para um mutirão e me animei a falar com a então presidente Maria Lúcia Penedo que mostrou-se impressionada com a “audácia” da idéia e me convidou para uma reunião de diretoria, para expor o meu projeto.

Não sei se foi a minha animação , ou a sorte que sempre me acompanha que fez com que a diretoria, mesmo sem saber direito “o que e como seria” , aceitasse a idéia e me desse amplos poderes para agir, usando o nome da Associação. Foram  as 2 semanas mais excitantes, trabalhosas, estressantes, porém altamente gratificantes e que me deram um aprendizado que em escola nenhuma -a não ser a da vida, da vivência,- eu poderia ter. Contamos com a adesão de inúmeras entidades e pessoas, desde a esfera federal, estadual e algumas municipais- infelizmente não todas. O então Prefeito , já  quase no fim do seu mandato e os secretários que mais poderiam- e deveriam ajudar- nem ao menos nos receberam, tendo inicio aí um ridículo “jogo-de-empurra”. Não desanimamos, a idéia não tinha volta. O nosso grito de pedido de socorro para o Ver-O-Peso, já estava nas ruas ; a vontade de fazer alguma coisa para mudar aquele local, não só a parte física, crescia sem a ajuda das autoridades. Além de tudo, os cerca de 4000 feirantes, legais, cadastrados ou não, mas que dali tiravam a sua sobrevivência e a de suas famílias mereciam, assim como todos os paraenses um lugar mais higiênico, digno e limpo , que não nos trouxesse vergonha.

A 1a. reunião com os “parceiros” que tinham adotado o projeto MUTIRÃO DE LAVAGEM DO VER-O-PESO –“Higiene é Saúde”- “carro chefe” do projeto “BELÉM MEU BEM,  foi em  13 de janeiro, na minha casa. O rojão começava.

 

A preparação

Quando tivemos a ideia de um grande mutirão de limpeza do Ver-o-Peso, o nosso objetivo era a retirada do lixo superficial do rio que estava há anos sem ser removido. Visto o total disinteresse das autoridades competentes, pensamos utilizar os próprios usuários do local, visando a conscientização dos mesmos e também  a melhoria do mercado. Com esse trabalho, queríamos que os próprios vendedores, ambulantes, barqueiros, compreendessem, não só a importância histórica, turística e cultural para a nossa cidade, mas também que a manutenção dessa limpeza, em ultima analise, traria benefícios para os seus negócios e sua saúde. Com esse projeto também queríamos chamar a atenção das autoridades competentes para o estado de abandono e degradação – não só do espaço físico, mas também de costumes – que se encontrava o mercado.

Para convencer os “protagonistas” a aderir ao projeto usamos a  arma da troca. Cada saco de lixo seria trocado com uma senha de cartão de 5 diferentes côres que dariam direito a: corte de cabelo, gêneros alimentícios, sopa, copo de leite e pão, kit de artigos de higiene e limpeza. A propaganda foi feita quase de boca em boca por uma equipe de voluntários de diversas entidades que se juntaram a nós, dias antes.

Precisavamos procurar as doações e para isso serviam os amigos. Cada mulher procurava entre os próprios conhecidos, quem tinha condições de doar: sacos para o lixo, luvas, pás, etc. ou seja, tudo o que seria necessário para fazer a limpeza e também para a troca. Um comerciante emprestou um pequeno carro-som, outro se ofereceu para fazer o locutor-animador; um grupo preparava i kit de lanches para o pessoal que ia trabalhar conosco na organização. O SESI (Serviço Social da Indústria), a Polícia Militar, os Bombeiros, o 2°BIS (Batalhão de Infantaria da Selva), se agregaram a tantos outros amigos; o grupo de voluntários crescia. Em menos de 15 dias estava tudo planejado e pronto para a execução. Tinhamos 500 voluntários à disposição.

Naqueles 15 dias não consegui dormir, uma adrenalina só, muito a fazer e tanto entusiasmo. A vontade de ver o resultado do nosso desafio era o que nos levava para a frente.

 

O evento

Escolhemos o dia 28 de janeiro porque era o encerramento do mês  de  aniversário de Belém, e a maré baixa era de manhã, quando todo o lixo estava bem visível e podia ser retirado com mais facilidade. Televisão e radio estariam presentes para dar cobertura ao nosso trabalho. Os jornalistas, incrédulos, perguntavam se tinhamos certeza que os “potagonistas” iriam descer no “lixão” e retirar com as mãos aquela imundice toda. Nós acreditavamos de sim,  que tudo ia dar certo. Tinhamos tentado conseguir pás, enxadas ou qualquer coisa desse tipo, mas não conseguimos; no ultimo momento chegaram as luvas descartáveis, foi o máximo que conseguimos, mérito do SESI.

O dia marcado chegou: as 6 horas da manhã os “protagonistas” e as “guerreiras” chegaram no local e o encontramos parcialmente ocupado. As autoridades que nos tinham ignorado, tinham decidido, talvez tentando impedir a realização do mutirão, interditar parte da área para atracar um terminal pesqueiro, obra faraônica que custou á cidade um preço altissimo, enriqueceu muita gente e até hoje não serviu absolutamente para nada.

Ainda bem que a Policia Militar e o Capitão do 2° BIS resolveram o problema e as 8 horas em ponto, do barco que ancorado no píer dirigia os trabalhos, ouvimos sob forte emoção, a banda dos Bombeiros executar o Hino Nacional e o Hino do Pará. Começou a distribuição dos sacos de lixo ao enorme público presente que não viam a hora de começar a trabalhar e ganhar com a troca. E a troca começou. Os sacos cheios passavam por um corredor humano e eram colocados em caminhões, alguns da Prefeitura e outros de empresas de amigos; uma vez cheios, eles seguiam para o depósito, esvaziavam e tornavam correndo para recomeçar tudo de novo. Em mais ou menos 4 horas de um trabalho impressionante, foram retirados, com as mãos, cerca de 70 toneladas de sujeira.

Enquanto os “protagonistas” trabalhavam, a musica tocava e  Arnaldo, animava o povo de dentro de um carro-som, com paródias, slogans, piadas. Aí vinham os problemas: os kits mais disputados – os de alimentos e artigos de limpeza – ja haviam se esgotado, o que podiamos oferecer… cortes de cabelo. Chegavam, porém, os “protagonistas” a lamentar-se que ja tinham dez cortes  de cabelos e nós não tinhamos mais nada para dar; sugeriamos de chamar os amigos, a familia para aproveitar a ocasião e …cortar o cabelo.

Ao meio-dia, já esgotados os kit de troca, as cabeleireiras com as mãos cheias de calos e a maré cheia, com os apetrechos dos bombeiros, destruimos os barcos que estavam há anos ancorados ali e eram ponto de distribuição de drogas e de prostituição infantil. Do outro lado a Policia Militar, sem percebermos, fazia outro tipo de trabalho: prendia delinquentes e apreendia mercadoria podre. Começamos a lavagem das calçadas do píer; distribuimos rápidamente 100 vassouras, desinfetante e sabão e, ao som de “carimbó” os protagonistas terminaram a limpeza do mercado, no lugar de quem nunca o tinha feito.

Nos demos então as mãos e num grande abraço, festejamos o resultado da nossa proposta; ao som de “Como é grande o meu amor por você” demos vazão a nossa alegria. Missão cumprida, abraços e agradecimentos a quem tinha acreditado naquele sonho. A Associação de Mulheres tinha obtido uma vitória.

Este ano ja fizemos o 7° Mutirão de Lavagem do Ver-o-Peso e notamos que o estão reconstruindo. Paralelamente, associações e comunidades estão trabalhando em outros campos: vimos nascer um grupo de dança “Carimbó das Cheirosas” e um de musica “Pagode do Ver-o-Peso”. Hoje a Lavagem do nosso Mercado ja entrou para o calendário oficial de eventos de Belém.

Quando alguém me pergunta se vale a pena acabar num hospital por ter feito o trabalho dos outros, de autoridades incompetentes, me lembro de Fernando Pessoa “Tudo vale a pena quando a alma não é pequena.