Recensioni

 

DJAVAN

Milagreiro

DOM SALVADOR E ABOLIçAO

Som, sangue e raça

RYUICHI SAKAMOTO+ MORELENBAUM2

Casa 

CELLO TRIO

 Tango brasileiro

MOACIR SANTOS

Ouro negro

 

 

 

Djavan - "Milagreriro"
Epic/Sony Music - 2001
2-502660
***

Un Djavan in ottima forma questo di "Farinha", che conferma lo stato di grazia degli ultimi anni, già coronato dall'ampio successo di vendite e critiche del precedente "Ao Vivo". Per l'occasione l'artista di Maceiò riunisce in studio la famiglia (spiccano nella band i figli Max, Joao Viana e Flavia Cristina) e sfodera un repertorio di estrema economia e semplicità strumentale: pochi orpelli di arrangiamento e molto "succo" armonico e melodico. Il prodotto di questa politica di notevole integrità musicale è ammirevole, un disco coerente e omogeneo che richiama alla mente la freschezza del Djavan di annata, l'enfant prodige della MPB acclamato da Caetano e Gil. Ne consegue un menu ricco e variato, intriso di umori nordestini e cantabilità squisitamente pop, dalla leggerezza di Infinitude al sapore xote di Farinha al retrogusto bossistico di Brilho da noite. Qua e là alcune chicche memorabili: la parceria con Cassia Eller su un torrido samba-flamenco à la Ketama (Dio che talento abbiamo perso con la morte di questa grandissima interprete!), il contrappunto del basso patinato di Marcus Miller in Além de amar e il pianismo elegante di Renato Fonseca in Ladeirinha.Un lavoro estremamente piacevole insomma, senza grandi rivoluzioni rispetto all'estetica djavaniana, ma ben calibrato su un taglio classico, da sempreverde della Musica Popular Brasileira d'annata. Il che è una bella sorpresa a paragone della lunga serie di mai completamente soddisfacenti CD da studio firmati a metà degli anni '90 (Malesia, Novena), la riconferma di un artista di razza. E scusate se è poco.

(Giangiacomo Gandolfi)

 

Dom Salvador e Abolição - "Som, sangue e raça" 
Columbia - 2001 - (34'56")
2-495859
****

Finalmente si è aperto un filone interessante nella industria discografica brasiliana. Dopo la pletora di album dal vivo, spesso inutili, che aveva ammorbato gli appassionati negli ultimi due anni, ultimamente c'è una buona offerta di ristampe di album fondamentali della musica recente brasiliana. E' il caso del disco di oggi, un album cruciale per quel che riguarda la mescolanza tra MPB, funk e soul, originariamente del 1971. Dom Salvador, esaurite le esperienze con i Copa Trio e i Rio-65, viene qui proposto nel suo capolavoro con un gruppo interamente negro, gli Abolição, che potrebbe essere l'equivalente brasiliano di un disco di Sly & the Family Stone. "Uma vida" apre il disco con il giusto mood: un pianoforte tesissimo che si dischiude in un'orchestrazione che ricorda certe cose di Isaac Hayes, con una chitarra vagamente acida. Subito dopo c'è "Guanabara", già presente nella compilation Samba Soul '70, e poi uno dei vertici del disco: "Hei! Você", strutturata su una base di baião, con un cantato di un lirismo struggente. Ma è tutto il disco che è intriso di Coscienza Negra, suonato benissimo da Dom al piano, Darçy alla tromba e al flicorno, Oberdan Magalhães al sax e flauto, Serginho al trombone, e così via. E così i pezzi più intensi si alternano senza scosse a divertissement come il sambinha di "Tema pro gaguinho", doppiato , più avanti, dal quasi omofono "Samba do malandrinho". Un disco fondamentale. 

(Mauro Montalbani)

 

 

Ryuchi Sakamoto + Morelenbaum2 - "Casa" 
Wea - 2001
WPC6-10145
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"Santo cielo, ancora un omaggio a Jobim". E' più o meno quello che ha onestamente pensato il vostro recensore di fronte a questo "Casa" (purtroppo ancora in versione import dal Giappone). Svaporata la passeggera reazione di insofferenza - peraltro giustificabilissima vista l'inondazione di riletture dell'Antonio brasileiro a cui siamo sottoposti da qualche anno a questa parte - è subentrato un atteggiamento di cauto possibilismo, e la decisione di concedere il beneficio del dubbio e il dovuto rispetto a due mostri sacri come Sakamoto e Morelenbaum, anche in considerazione della precedente collaborazione nel bellissimo "1996". La fiducia non è stata tradita, anche se permane qualche ombra nel giudizio. L'impasto del magistrale piano di Sakamoto, che riecheggia come sempre impressionismo e minimalismo, e del caldo violoncello dell'ex collaboratore di Jobim, reduce da un lunga parceria con Veloso, funziona a meraviglia, un'intesa praticamente telepatica. La scelta del repertorio, saggiamente, non ripercorre sentieri troppo abusati. E l'atmosfera cameristica, distillata con parsimonia di note e generosità di emozione, porta alla luce tutto il retaggio chopiniano e liederistico dell'opera di Jobim. Quello che convince meno è il vocalismo di Paula Morelenbaum, che viaggia su standard decisamente più mediocri, privo com'è di una personalità decisa e di una reale capacità di graffiare o provocare brividi. Intendiamoci: la cantante svolge diligentemente il suo compito, mostra di aver ascoltato e studiato con attenzione le grandi dive della bossa, ma lì si ferma, non aggiunge granché di suo. Una felicissima eccezione la fa "Imagina", che è probabilmente il brano più bello dell'album. Qui, in duetto con un impareggiabile Ed Motta, la Morelenbaum è efficace, dolce e pungente, finalmente personale. Lascia intravedere quali vette potrebbe raggiungere un simile cast di outsider della scena musicale internazionale accompagnando, ad esempio, una Zizi Possi, una Maria Bethania, una Marisa Monte…

(Giangiacomo Gandolfi)



Cello Trio - "Tango Brasileiro"
Piranha - 2001 (64'56")
CD-PIR1578
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Era questo il modo in cui Ernesto Nazareth definiva le sue composizioni, che poi vennero variamente ricomprese in quella grande ondata di rinnovazione della musica popolare brasiliana allo stesso tempo colta e popolare di cui il choro fu l'epitome. Non sembrerebbe, ma Pixinguinha (ritratto nella foto di copertina del disco), Villa-Lobos e Nazareth discendono dalle stesse fronde. Il Cello Trio, composto da Marcio Carneiro Peter Dauelsberg e Matias De Oliveira Pinto, ci offre una versione quanto mai classica e colta, ma non sterile, per soli archi di alcuni classici e di nuove composizioni che a questi si ispirano. Il disco è strutturato come il programma di un recital: una prima parte dedicata a Nazareth, in cinque brani, una seconda con due brani di Villa-Lobos, e una terza dedicata a compositori moderni che però si sono fortemente ispirati ai numi di cui sopra. I brani di Nazareth sono molto godibili in versione per sole corde, soprattutto Batuque, Escorregando e Brejeiro, quest'ultimo solitamente considerato il capostipite del tango brasiliano. Villa-Lobos, che di Nazareth fu allievo e amico, viene proposto in due estratti dalle sue bachianas brasileiras, "O canto da nossa terra" e la famosa "Trenzinho Caipira", con il buffo effetto degli archi che imitano lo sferragliare del treno. La terza parte del disco vede invece compositori più recenti che però da questi numi hanno tratto ispirazione, come Julio Medaglia, Edino Krieger o Jaime M. Zenamon, il più giovane del lotto, essendo nato nel 1953. Certo un disco dall'approccio colto,soprattutto nella terza paerte, che mostra maggiormente l'influsso dello stile compositivo europeo, ma non per questo poco godibile, per l'ascoltatore senza pregiudizi, nella migliore tradizione della musica brasiliana.

(Mauro Montalbani)

 

 

Moacir Santos - "Ouro Negro"
Universal Music - 2001
325912001312
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Che questo CD doppio, omaggio al grande maestro nordestino Moacir Santos, sia un piccolo capolavoro lo si capisce al primo ascolto, ma il processo di penetrazione nelle sofisticate pieghe dell'armonia e dell'arrangiamento è cosa che richiede tempo (per la verità ottimamente speso). La ricostruzione del materiale originario (che copre all'incirca due lustri, dalla metà degli anni 60 alla metà dei '70) è eseguita con perizia filologica e sacro rispetto dal chitarrista Mario Adnet e dal veterano sassofonista Zé Nogueira, entrambi arrangiatori e produttori di questo eccezionale progetto di recupero di una parte essenziale della memoria del Jazz brasileiro. Stupisce che per tanto tempo si sia ignorato un personaggio musicale di questa statura, con gli LP originali (anche quelli del glorioso periodo americano per la Blue Note Records) praticamente introvabili e mai ristampati in CD, merce rara da collezionisti incalliti. In breve: Moacir Santos, "negrinho" nato da famiglia poverissima del Sertao Pernambucano nel 1926, ascende con indomabile costanza e assoluta dedizione al prestigioso ruolo di maestro e arrangiatore della Radio Nazionale nella decade tra il '50 e il '60, al fianco di personaggi indimenticabili come Radamés Gnattali. Da sassofonista quasi analfabeta e autodidatta ad allievo di compositori eruditi come Guerra-Peixe, Koellreuter, Krenek, poi a sua volta insegnante, autore di indimenticabili partiture per il "Cinema Novo", jazzista di lusso esportato negli States: una carriera straordinaria (ed esemplarmente edificante nel Brasile populistico di Vargas), che testimonia di un eccezionale istinto musicale unito a un talento dirompente sia come esecutore che come compositore. E le pagine rilette in questo "Ouro Negro" lo dimostrano senza possibilità di equivoci. Temi bellissimi, a metà strada tra l'eleganza di un Duke Ellington tropicale e la passione di un Mingus esotizzante, orchestrazioni raffinate e ricche di inventiva, il tutto esplorato da un dream team di strumentisti sopraffini (ricordo qui solo Zeca Assumpçao, Riccardo Silveira, Vittor Santos e Teca Cardoso tra i più brillanti). Solo i ripetuti ascolti portano alla luce il rigoglio dei dettagli , l'inesauribile tavolozza di colori, l'equilibrio tra improvvisazione e scrittura, la sottigliezza di idee e soluzioni armonico-timbriche. Al punto che i brani strumentali (la stragrande maggioranza) oscurano per estro e qualità superlativa le pur apprezzabilissime collaborazioni con i super-ospiti MPB che punteggiano la produzione (Milton Nascimento, Gilberto Gil, Joyce, Djavan, Joao Bosco, Ed Motta tra gli altri). Ci si potrebbe chiedere perché quattro stelle e mezza (da intendersi come cinque -) e non il massimo dei voti dopo una recensione così favorevole. Ebbene, il motivo è semplice: da qualche parte, negli archivi delle case discografiche o sugli scaffali di collezionisti fortunati giacciono come perle dimenticate gli LP originali ("Coisas", "Maestro", "Saudade"). E sono quelli i capolavori a cinque stelle che hanno permesso una tale pregevole collezione di delizie musicali.  

(Giangiacomo Gandolfi)