La "poesia del silenzio" di Marco Lucchesi

L'autore considerato un enfant prodige della letteratura brasiliana  ha presentato a Roma il suo ultimo libro

 

di Silvia Zingaropoli

 

 

 

DUALISMO

 

Teu rosto é claro se meu sonho é escuro,  
só vens me visitar quando não quero,  
andas perdido quando te procuro,  
se mais confio em ti mais desespero,  
se buscas o passado sou futuro,  
Se dizes a verdade és insincero,  
se temo tua face estou seguro,
se chegas ao encontro não te espero.  
Bem sei que em nosso olhar refulge o nada,  
que somos, afinal, a negação  
mais funda, mais sombria e desolada.  
Como lograr, meu Deus, reparação,  
enquanto segues longe pela estrada,  
de nossa irreparável solidão?  

 

Il tuo viso è chiaro se il mio sogno è scuro,
vieni a trovarmi solo quando non voglio,
non ti fai trovare quando ti cerco,
più mi fido di te più mi dispero,
se cerchi il passato sono futuro,
Se dici la verità non sei sincero,
se temo il tuo volto mi sento sicuro,
se vieni all’appuntamento non ti aspetto.
So bene che nel nostro sguardo risplende il nulla,
che siamo, dopo tutto, la negazione 
più profonda, più oscura e desolata.
Come ottenere, mio Dio, riparazione,
mentre prosegui lungo il cammino,
della nostra irreparabile solitudine?

(Marco Lucchesi - da "Poemas Reunidos")

  

 

   "Conoscete qualcuno che possa comporre poesia in arabo, curare un’antologia di poeti russi e, allo stesso tempo, fare la traduzione dell’opera quasi completa di Leopardi… e tutto questo, realizzato in modo non dilettantesco"? Così Ettore Finazzi-Agrò, uno dei relatori intervenuti alla presentazione di "Poemas Reunidos", nuovo libro di Marco Lucchesi, ha introdotto l'autore presente all'incontro tenutosi il 26 novembre scorso al Ceb (Centro estudos brasileiros) presso l’Ambasciata brasiliana a Roma. Una presentazione che ha evidenziato le doti di un intellettuale-tuttologo sconosciuto al grande pubblico, brasiliano di nascita ma educato sin da bambino ad amare la sua terra d'origine italiana. Oggi Lucchesi si è definitivamente ricongiunto all’Italia, alla Toscana e alle sue radici: il vincolo che lo lega sentimentalmente a Lucca (città natale dei suoi genitori) è diventato sempre più intenso e sempre più frequenti sono i riferimenti alla sua cultura, ai suoi autori, ai suoi paesaggi e alla sua lingua. Al punto che "il poeta e la sua poesia -come ha affermato la docente Giulia Lanciani durante l'incontro- rappresentano oggi un ponte tra cultura brasiliana e cultura italiana".

 Lo stesso Lucchesi ha confermato: "non ho mai nascosto il mio amore per la poesia italiana. Ma tra me e me dicevo: è troppo, non ce la potrei mai fare. Sono rimasto fermo praticamente un mese… aspettando, cosa non so, ma aspettavo. Cominciai allora a scrivere in portoghese… ma all’improvviso, senza che lo volessi, i miei versi hanno cominciato a venir fuori in italiano, così, spontaneamente. Non vorrei ridurre la letteratura ad un livello psicologico, ma nel mio caso è ciò che è accaduto: in quel momento sono riuscito a trovare la pace, ho dato un senso alla mia vita. Una vita un po’ randagia, un po’ strana, spezzettata in tante scelte e con tanti indirizzi diversi: a volte vivere così diventa un po’ pesante. La poesia mi  ha aiutato a capire tante cose". In quest’opera -risultato di un quinquennio di lavoro- Lucchesi è rimasto fedele alle sue ragioni iniziali, proseguendo un percorso sempre più mentale e penetrante: i luoghi hanno assunto valenze esistenziali e -come ha affermato Giulia Lanciani- "in Poemas Reunidos assistiamo ad una sorta di simbiosi tra parola e vita, dove la parola poetica riveste il ruolo di portavoce esistenziale: il viaggio poetico incarna l’incessante ricerca del mistero della vita e dell’essere".

Lucchesi, dal canto suo ha aggiunto: "sono sempre più convinto del fatto che l’intelligenza abbia solo una vita di superficie. E’ bene sapere che l’intelligenza è un qualcosa di molto più profondo… in realtà è l’emozione - o l’intelligenza commossa - ciò che più mi interessa. Buddah ha fatto un sermone eccezionale senza dire una sola parola… io mi sento come l’ ascoltatore di questi silenzi". 

Il silenzio, definito dalla Lanciani “insistente e perturbatore”, è uno degli elementi costanti della poesia di Marco Lucchesi. Un silenzio profondo che, come è stato sottolineato dal pubblico nel corso del dibattito, permette di ammirare e comprendere l’immenso paisaje del alma, come ci insegna il grande Unamuno.

 A conclusione di quest’incontro, Lucchesi ha affermato: "in un mondo come questo c’e’ bisogno di poesia… a prescindere dalla lingua con cui è scritta e a prescindere dalla nazionalità del lettore. La letteratura rimarrà sempre portatrice di valori universali…".

 

INTERVISTA

      Nel corso della sua vita ha viaggiato tanto: dall’Europa all’Africa, dal Medio Oriente all’America, e nel ’99 ha trascorso oltre due mesi nel deserto della Siria, rinchiuso in un convento incastonato nella roccia. Le viene mai il dubbio o il timore che l’incessante peregrinare umano alla ricerca di conoscenza sia solo una grande illusione?

Viaggiare, è conoscere. Dall´Argentina al Messico. Dalla Mauritania all´Iran. Dal Portogallo alla Germania. Ma ugualmente in Ariosto e Rabelais. Nella Commedia o nel Grande sertão. Cercando. Cercando. Geografia e Poesia. Timore della morte. Appello della vita. E l´arte di perdersi. Di non arrivare. Forse una passione irraggiungibile. Silenziosa.  Il deserto vissuto in carne ed ossa e in una tremenda polmonite, il deserto – specie quello della Siria – si è  trasformato in una metafora aperta e ambigua. Una passione dell’ infinito. Non trovo. Ma cerco. In Italia. In Siria. Dovunque.

Armando Freitas Filho ha definito la sua poesia “atemporale”: conferma questa definizione, oppure i suoi versi sono in qualche modo legati al nostro tempo e alle problematiche che lo caratterizzano?

Temporale. Atemporale. Allo stesso tempo. Non lo possiamo evitare il tempo, la storia. L´uomo vive e soffre la storia. Temporale la mia poesia. Il deserto. Il quark. Le scelte lessicali e tematiche. Ma pure atemporale. La musica mentale. E la sua lingua, trecentista e novecentesca (parlo adesso della mia poesia italiana), portata da un senso perenne di dialogo dei tempi molteplici e mai escludenti. La “ricerca” del vero Omero – ecco la condizione temporale e atemporale della mia poesia, a cui si riferisce il grande poeta Armando Freitas Filho.

Qual è secondo lei la funzione del poeta, in un mondo che di “poetico” conserva molto poco?

In un certo senso la funzione del poeta sarebbe quella di non aver funzione, ossia di non adeguarsi ad un sistema che funziona, con le sue pale e ingranaggi.   Inchiostro e sangue – per riprendere a mio modo il poema di Maiakóvski. Formare. Trasformare. Ma dalla carne stessa della poesia. Una forma di conoscere destando le parole, da un sonno plurisecolare. Fecondo. Necessario. Si disse che dopo Auschwitz la poesia sarebbe stata impossibile. Che il secolo venti la impediva davvero di manifestarsi. Eppur vediamo che da quelle terribili stragi – l´angelo della poesia non si sgomenta ed insiste tramite una diffusione capillare di quelle stesse rovine e macerie.

 La sua è una poesia erudita, di alto livello: non teme di escludere, in questo modo, il grande pubblico?

 Il dialogo è fatto di tanti silenzi. E il silenzio richiede nuovi sguardi e atteggiamenti. La forza della poesia si radica nella forza stessa del suo linguaggio, nella fondazione di un suo universo. E si potrebbe forse evocare Calvino, dalle sue lezioni americane, includendone un´altra lezione: sulla erudizione e la non erudizione – prese entrambe in un modo positivo (come la leggerezza e il suo contrario, il molteplice e l´uno, e via dicendo). Il  pubblico. Il mondo. La città. Accolti nella mia poesia. L´universo mondo – come si diceva una volta.

Come definirebbe la poesia brasiliana di oggi?

Di immensa ricchezza – per quanto riguarda la varietà – come ho tentato di rendere visibile nella rivista Poesia Sempre. Si ricordi appena della presenza di Ferreira Gullar, Manuel de Barros, Carlos Nejar, Ivan Junqueira, Dora Ferreira da Silva fra tanti altri,  proprio nell’anno del centenario di Carlos Drummon de Andrade. Paesaggio molteplice...

Lei scrive in portoghese, arabo, italiano… qual è per lei la lingua che più si adatta al discorso poetico?

Ho scritto delle poesie in tedesco... e una in provenzale, mentre finisco delle forme maccheroniche. Ma non v´è dubbio che le mie lingue sono l´italiano (madre delle mie lingue) e il portoghese – nato bilingue come sono e di cui non saprei liberarmi. Due lingue. Due patrie. Due città. La Torre. La parola.

Dall’analisi dei relatori intervenuti alla presentazione di Poemas Reunidos presso il Ceb, è emersa una costante presenza dell’elemento italiano nella sua produzione poetica, sia dal punto di vista stilistico che concettuale. Che ruolo riveste la cultura italiana nella sua opera?

Una bella serata con i maggiori interpreti italiani del Brasile. Risuonano le parole di Ettore Finazzi-Agrò. Nel libro antologico vi stanno due libri italiani, quali Poesie e Lucca dentro. La mia cultura trova infinite forme nella profonda radice della Commedia sino a Baudolino. Intensa. Nella sua ricerca. E in una parte della mia forma mentis. Amo disperatamente la poesia italiana. Carne ed ossa. Passione e Rigore. Come vivere senza la poesia di Pascoli, o di Luzi, Rebora, Campana, Betocchi, Ungaretti, Saba, Petrarca, Dante e Leopardi?

     La sua poesia è caratterizzata da una continua tensione tra opposti. Nonostante ciò, la sua opera si contraddistingue per una ben definita logica unitaria: l’unità emerge dalla diversità. In cosa consiste questa unità?

Sono due tensioni. Mirabili e attente. Il senso del plurale – singolare. Un iter drammatico – come lo pensano i greci – una parola in transito. Le  arterie della poesia. Come il libro di Chlebnikov. O di Dante. Ciò che per l´universo si squaderna. Plurale. Singolare. Legati con quel nodo che Dante intende per amore...

Lei è traduttore, giornalista, scrittore… ma la poesia sembra essere il genere da lei favorito. Qual è l’aspetto che più la spinge a prediligere la poesia in quanto strumento di comunicazione?

La complessiva comunicazione. La sintesi di tutte le espressioni. Il  suo universo plurale che tutto lega con le sue chiare e scure etimologie, assonanze precise, perché è pur sempre musica.

     Poemas Reunidos è il risultato di un quinquennio di lavoro. Che valore affettivo riveste per lei questo testo?

Poemas reunidos. Si tratta di una finestra. Di una strada. Di un corpo al femminile. Il femminile di Dio. E della donna amata... voi che intendendo il terzo ciel movete...

 

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Marco Lucchesi, di origini italiane, è nato a Rio de Janeiro nel 1964. Laureato in Lettere, attualmente insegna letteratura italiana all’università di Rio de Janeiro ed è considerato un enfant prodige della letteratura brasiliana. La sua produzione è straordinariamente vasta, anche considerata l’età dell’autore: traduttore di sensibilità e talento (si è occupato, tra le altre, della traduzione in portoghese del "Baudolino" di Umberto Eco e della "Scienza Nuova" di Vico, per i quali ha vinto premi di notevole prestigio), è anche giornalista, saggista e poeta. Tra le sue opere ricordiamo "Bisâncio", "Os olhos do deserto", "Viagem a Florença" e "A Sombra do Amado". E' oggi autore di fama internazionale. Conoscitore della cultura italiana e orientale, parla correntemente - oltre all’italiano e al portoghese, altre sette lingue.