"Non ho smesso di chiedermi il perché delle cose"

Intervista a Lenine, unico erede credibile della generazione
di musicisti che ha rivoluzionato la musica brasiliana

 

di Fabio Germinario

 

 

(em portugues)

 

    Benché venga spesso presentato come "giovane promessa" della Mpb e abbia alle spalle solo cinque dischi, Oswaldo Lenine Macedo Pimentel, più conosciuto in Brasile come Lenine, viene da lontano. Compositore di oltre cinquecento brani, molti dei quali incisi da altri artisti, arrangiatore, chitarrista, produttore e soprattutto uno dei pochi musicisti in grado di leggere e interpretare la complessa attualità brasiliana, l'autore pernambucano trapiantato a Rio ha iniziato fin da adolescente a interessarsi di musica e oggi rappresenta l'unico erede credibile di una generazione di musicisti come Caetano Veloso, Gilberto Gil, Tom Zé, Gal Costa che hanno rivoluzionato la musica brasiliana. Non a caso l'anno scorso Lenine è stato chiamato da Chico Buarque e Edu Lobo alla direzione artistica di "Cambaio", ultima fatica teatrale della coppia di compositori. E se il movimento tropicalista di quella generazione traeva le sue origini da azioni di controcultura che si svolgevano in locali, tipografie, cinema alternativi dell'epoca, anche Lenine ha individuato nel palco di un bar della Lapa, a Rio de Janeiro, l'origine della propria ispirazione, il suo personale big-bang musicale. Il locale, a cui il musicista ha dedicato il suo ultimo disco, "Falange Canibal", era animato da intellettuali, musicisti, poeti che alla fine degli Anni '80 si davano appuntamento ogni sera per confrontarsi in "un territorio di libero transito per tutte le tendenze, una terra di nessuno occupata da tutti", come spiega lo stesso Lenine. E animati da un fervore intellettuale che il musicista non ha smarrito e continua ad essere presente nei suoi dischi nonostante il passare degli anni. Ma viene da chiedersi se valga la pena mantenere vivo lo stesso "nervosismo" -come lo ha definito il musicista- dell'epoca, un'irrequietezza che sembra essere ingiustificata se rapportata alla scena musicale alquanto stagnante, oggi, in Brasile. Questa e altre domande abbiamo rivolto allo stesso Lenine, in procinto di partire per Cuba.

"Il "nervosismo" di cui ho parlato - risponde il musicista - è simbolico, figurativo, e appartiene all'intimo di qualsiasi artista creativo che per definizione è irrequieto, curioso e, appunto, nervoso". 

Quali differenze ha notato tra queste due epoche, quella della sua formazione e questa attuale?

Ne ho notate diverse, e di vari ordini. Attorno alla metà degli Anni '80 la musica brasiliana ha sofferto come di una "ghettizzazione". In casa nostra era tutto molto isolato: c'era la Mpb (musica popolare brasiliana, ndr.) in salotto, il samba in cucina e uscendo attraverso i garage, trovavi il rock. Non esistevano ponti, ma solo isole... Oggi, al contrario, l'interscambio musicale è la moneta più utilizzata. Nell'86, quando ci siamo incontrati al "Falange", il Brasile iniziava a respirare un'atmosfera democratica grazie alle campagne per i diritti civili, mentre oggi assistiamo alla sua metamorfosi nel "paese del futuro" che ci avevano promesso, ma soprattutto vivendo un presente magnifico, con un presidente della repubblica che ha già cambiato la faccia del paese. E senza ancora essersi insediato...

Ma oggi, cosa sta "fervendo na panela", per parafrasare un brano del suo penultimo disco "Na pressão", cosa bolle in pentola? E la vittoria della sinistra riuscirà a movimentare un poco la situazione sociale e anche musicale, in Brasile?

Credo che questa vittoria elettorale abbia già cambiato molti equilibri e trasformato l'aspetto del paese come nessun altro presidente brasiliano aveva mai fatto.

"La mia formazione socialista". "Mi considero un operaio della canzone". Sono affermazioni che lei spesso usa fare parlando di sé. I suoi genitori avevano già iniziato chiamandola addirittura Lenine, un nome abbastanza impegnativo dal punto di vista politico. Ma non si era detto che il socialismo ha fallito?

Sto rispondendo alle sue domande poco prima di prendere l'aereo per recarmi a un convegno che si organizza a Cuba durante il festival del cinema locale su invito di Roberto Carcassés, per il progetto "Interactivo". Potrei forse rispondere in modo un po' più approfondito quando tornerò da questo impegno…

Lei ha fatto della contaminazione tra suoni e ritmi brasiliani, ma non soltanto, la sua filosofia musicale. Tuttavia questo modello sembra essere più apprezzato fuori dai confini del Brasile che nel suo paese. Qual è secondo lei il motivo?

Credo che la scelta per un'arte più planetaria non abbia nulla a che vedere con la questione della nazionalità: io sono ciò che sono, una somma di impressioni, nozioni e inquietudini, tutto serve come alimento per il mio lavoro, in Brasile o fuori di esso… Quanto ai motivi di ciò che mi chiedeva, non ne ho la minima idea.
 
In un brano, "Umbigo", del suo nuovo disco vi è la partecipazioni di due musicisti molto differenti tra loro: Annie Di Franco e Eumir Deodato. Può dirci qualcosa al riguardo di questa inusuale collaborazione?

Fare dischi, per me, continua a essere un pretesto per incontrare amici e farne, eventualmente, di nuovi. Con Ani Difranco ci eravamo già incrociati in alcuni festival e se non ricordo male uno di questi era proprio in Italia, più precisamente quello di Villa Arconati a Milano. Ma ancora prima di condividere il palco già ci conoscevamo e apprezzavamo i nostri rispettivi lavori. L'incontro con Eumir invece è avvenuto per caso: ci siamo conosciuti attraverso Tom Capone, produttore del mio album "Na Pressão" e mentre avevamo iniziato a registrare "Falange" ci trovavamo a New York con alcuni amici, tra cui si trovava Eumir insieme ai Living Colors, Steve Tourre, Andres Levin, Descemer Bueno, Horácio "El Niegro" e alla stessa Ani.

Lei ha dichiarato che il brano Umbigo "funziona come una sorta di auto-esorcismo, una mappa che mi aiuta a non perdere la vicinanza dalle cose che per me sono veramente importanti". Quali sono, per lei, le cose veramente importanti? 

Ho avuto una formazione socialista, e continuo a chiedermi il perché delle cose. Sono consapevole della funzione che il mio ruolo esercita, so anche della responsabilità delle cose che la musica mi permette di raccontare: continuare a parlare del periodo in cui vivo con sguardo critico, riportare in modo onesto la realtà delle cose sarà sempre ciò che desidero fare con il mio lavoro.

Tornando alla musica: lei ha composto e eseguito il brano "Cambaio" che dà il titolo all'omonimo disco di Chico Buarque e Edu Lobo, ed è stato direttore musicale del musical che porta lo stesso nome. Secondo l'opinione di una parte della critica musicale del suo paese, questo musical è meno riuscito di quelli precedenti di Chico e Edu e anche per le eccessive influenze nordamericane che lo avrebbero contraddistinto. Lei concorda con questa tesi? 

Trovo che sia una visione come minimo un po' miope.

Lei è venuto in Italia nel 2000 partecipando al festival di Villa Arconati che prima ha citato, e anche ad "Arezzo Wave". Che impressione si è fatto della situazione musicale del nostro paese?

Ho avuto il piacere di suonare anche in altre città, e più di una volta, e in ogni situazione è stato un po' imboccare una strada a doppio senso: lascio un po' della mia musica, ma conosco un poco di più della musica locale, e questo è un modo di procedere per accumulazione. Continuo a essere curioso della musica del mondo, e per l'Italia non è stato differente.

Ha conosciuto musicisti italiani?

Meno di quanto mi sarebbe piaciuto.

E l'Italia fa parte del programma dei suoi tour futuri?

Logicamente, anche per la somiglianza tra le due lingue.

Sta già lavorando al progetto del suo prossimo disco?

E' ancora molto presto per parlare del nuovo disco: "Falange" avrà vita lunga…

OOO 

 

DISCOGRAFIA

Falange Canibal (2002) 
Na pressão (1999) 
O que faremos contato (1997) 
Olho de peixe - Lenine & Marcos Suzano (1993) 
Baque solto - Lenine e Lula Queiroga (1983) 

Partecipazioni:

Mu Chebabi (2001) 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

(em portugues)

Não parei de me perguntar o porquê das coisas

Entrevista com Lenine, único herdeiro credível da geração
de músicos que revolucionou a música brasileira

 

 

por Fabio Germinario

 

Vale a pena hoje, segundo a opinião do senhor, ter o mesmo "nervosismo" criativo que remete à época da Falange Canibal, no final dos anos '80, ou tambem a scena musical no Brasil vai ser bastante estancada?

O "nervosismo" que falo é simbólico, figurativo, é a alma de qualquer
criador, que por definição é irrequieta, curiosa e "nervosa".

Quais são as diferencias sociais e musicais entre as duas epocas?

São muitas e de várias ordens. Naquela época, meados da década de 80, a
música brasileira sofria uma "guetização", era tudo muito isolado em nossa
casa, existia a MPB, na sala de visita, o Samba na cozinha, e saindo das
garagens o Rock, não havia pontes, só ilhas... Hoje, ao contrário, o
intercâmbio é a grande moeda. Em 86, data dos encontros do "Falange", o Brasil começava respirar uma atmosfera democrática com a campanha das "Diretas Já", enquanto que hoje vemos o país se metamorfoseando num "país do futuro" promissor, mas principalmente de um presente magnífico, com um presidente que já mudou a cara do país. E ele ainda nem assumiu...

E hoje, o que tà "fervendo na panela"? A vitoria da esquerda vai
movimentar um pouco a situação social e musical?

Já movimentou e transformou a cara da nação, como nenhum outro presidente brasileiro já tenha feito. 

"Minha formação socialista". "Me considero um operário da canção", voce falou. Os seus pais a chamaram diretamente Lenine. Mas o socialismo não dissem que faleceu?

Estou respondendo as suas questões antes de embarcar para me apresentar, a convite do Roberto Carcassés no projeto "Interactivo", um encontro que
acontece em Cuba na época do festival de cinema de lá. Talvez, quando
retornar, eu possa lhe responder com um pouco mais de propriedade.

O senhor tem feito da misturação entre sons e ritmos brasileiros -mas não somente- a sua filosofia musical. Mas esta carateristica parece ser
apreçada mais fora dos confins do Brasil que no seu pais. Qual è o motivo disso?

Acho que a opção por uma arte mais planetária, não passa pela questão da
nacionalidade, eu sou o que sou, soma de impressões, informações e
inquietações, tudo serve de alimento pro meu trabalho, no Brasil ou fora
dele.. Quanto ao motivo disso, eu não tenho a mínima idéia. 

Na faixa "Umbigo" do seu novo disco tem a partecipação de dois musicos muito diferentes: Annie Di Franco e Eumir Deodato. Pode nos falar sobre esta colaboração?

Fazer discos, pra mim, continua sendo um pretexto para reencontrar os
amigos, e eventualmente fazer novos. Com a Ani Difranco já havíamos nos
encontrado em alguns festivais, se não me engano um deles aconteceu na
Itália, mais precisamente no "Villa Arconati" em Milão, mas mesmo antes de
dividirmos o palco já conhecíamos e gostávamos do trabalho um do outro. Com Eumir aconteceu naturalmente, nos conhecemos por intermédio de Tom Capone, produtor do "Na Pressão", quando começamos a gravar o "Falange" fomos a NY gravar com alguns amigos, dentre eles estava Eumir junto com: Living Colors, Steve Tourre, Andres Levin, Descemer Bueno, Horácio "El Niegro" e a Ani.

Voce falou que "essa canção funciona como um auto-exorcismo, um mapa para não me permitir o distanciamento das coisas que são realmente importantes". Quais são as coisas realmente importantes para o senhor?

Eu tive uma formação socialista, e sempre estou me perguntando o porque das coisas. Sei da função que o meu trabalho exerce, sei tambem da
responsabilidade da crônica que a musica me permite, continuar relatando o
meu tempo com olhar crítico, fazer uma reportagem honesta da realidade será sempre o meu desejo.

Voce arranjou "Cambaio", a faixa que dà o titulo ao disco de Chico Buarque e Edu Lobo, e foi o diretor musical do musical homonimo. Segundo a opinião duma parte da critica musical, este musical foi menos resultado que outros e teve influencias nordamericanas demais. Voce concorda com esta opinião?

Acho que é uma visão no mínimo um pouco míope.

O senhor veio na Italia no ano 2000, participando no "Arezzo Wave" e
"Villa Arconati" festivais. Que impressão teveu feito da situação musical do nosso pais?

Tive ainda o prazer de tocar em outras cidades italianas, e mais de uma vez, e a cada passagem é como uma via de mão dupla, eu deixo um pouco da minha música, mas conheço um pouco mais da musica por onde passo, e isso é um processo cumulativo, continuo muito curioso pela musica do mundo, e com a Itália não é diferente

Voce conhece uns musicos italianos?

Menos do que gostaria

A Italia esta no programa futuro do seus tour, o não?

Lógico, até pela similaridade da língua.

O senhor jà tem projetos para o seu proximo disco?

Ainda é muito cedo pra falar de novo disco, o "Falange" tem vida longa...