Guinga, genio e perfezionista

ESCLUSIVO/Ritratto del maggiore compositore brasiliano della propria generazione, considerato tra i maestri della Mpb

 

di Mário Marques

traduzione di Ana Paula Torres

 

 

 

 

 

Per gentile concessione della Gryphus Editora pubblichiamo la traduzione in italiano del primo capitolo del libro "Os mais belos acordos do suburbio" (I più bei accordi del suburbio), di Mário Marques, dedicato al chitarrista e compositore Guinga e recentemente uscito in Brasile.

 

Un delirio molto più che carioca

 

Hermeto Pascoal usa spesso dire che “un tipo come Guinga compare soltanto ogni cento anni”. Sérgio Mendes non manca di stare con l´amico tutte le volte che viene a Rio. Stabilitosi negli Stati Uniti, il compositore brasiliano ogni volta si porta via un bagaglio di nuovi accordi assimilati dagli incontri con Guinga. “Lui mi fa piangere. È qualcosa che assomiglia a Villa Lobos quando incontra Cole Porter”. Non è un segreto per nessuno che Tom Jobim l´abbia tenuto molto in considerazione. Il maestro lo considerava “una persona formidabile”.

Ma cosa c´è nella musica di Guinga che muove con forza destabilizzatrice una corrente di grandi musicisti e compositori? Di spiegazioni e teorie ne esistono varie, così come discussioni tra arrangiatori, cantanti, musicisti. Nessuna però che possa tradurre in parole quello che è già impossibile da descrivere nel sentirlo.

Lui è cresciuto ascoltando bossa nova e jazz, ma presto è stato preso dalla musica colta. La leggerezza della sua mano sinistra che insidiava la scuola Baden Powell e simultaneamente quella di Hélio Delmiro, ha presto assimilato audizioni concentrate di Debussy, Rachmaninoff, Ravel, Andres Segovia, Duke Ellington, Pixinguinha, Ernesto Nazareth. Un po´ ancora e sarebbe riuscito a entrare nella brasilianità classica di Villa Lobos nell'apprendere a suonare la chitarra dalle mani di Jodacil Damasceno, bravissimo professore di chitarra classica che ha dato il tocco finale al suo dono che si imponeva già perentorio. Con la propensione per le serenate, l'anima che piange e l´universo romanzato del suburbio, Guinga avrebbe composto un particolare puzzle musicale.

I suoi foxe sembrano aver preso forma nell'atmosfera di Cinelândia. I suoi choro sono macchiati di lirismo e malinconia. I samba sono più rari, quando sorgono appaiono stilizzati, estranei ai modelli comuni, interplanetari in una roda de samba. Guinga tinge la sua musica di elementi del passato. I suoi valzer cinematografici nascono già classici, richiedono abiti da sera e cornici di corde. La cadenza ondulata dei baião, gli astuti compassi dei frevo, le armonie lussuose dei bolero... è lui che detta tutto.

La sua estetica è blindata, lo si capisce rapidamente. Non è possibile toccare nulla, mettere un accordo in più, voler migliorare o modificare. È testa, corpo e membra. Ne togli uno, casca tutto. Le sue costruzioni sono dettagliatissime, molto ben elaborate in ogni filigrana. È raffinato e ricercato, accademico per intuizione. È necessario decifrare ciò che Guinga progetta. Strati e strati sovrapposti di melodia. Ogni virgola, ogni respirazione ha una motivazione.

Guinga è diventato una stella per musicisti, strumentisti e compositori. Non è stato casualmente che Paco de Lucia, di passaggio in Brasile alla fine degli Anni ´80, sia rimasto stravolto nell'osservare Guinga eseguire le sue musiche. Il chitarrista di flamenco che ha imparato la tecnica grazie al padre Antinio e al fratello più grande Ramon, ha detto che non avrebbe immaginato di conoscere una chitarra come quella durante ciò che gli restava ancora della sua vita. “Ho avuto voglia di cambiare il mio universo per il suo”, ha affermato. Poco dopo, all´inizio degli anni ´90 anche Michel Legrand nell'incontrare Guinga a un evento sponsorizzato dalla Sharp, l´arrangiatore che nel 1985 aveva registrato una versione di “Passos e Assobios” in un disco di Pepe Castro Neves, gli ha detto esultante: “La tua musica non ha bisogno di traduzioni. Mi dice tutto ciò che tu vuoi dire”.

Ed Motta, soulman focoso, rimaneva freddo nell'ascoltare musica brasiliana, fino a quando ha conosciuto i brani di Guinga. Dopo aver ascoltato le sue melodie, ha iniziato a divorare avidamente la musica brasiliana. La sua estetica ha iniziato a mischiare tali influenze, il soul, il jazz e Guinga ed i suoi affluenti. Per Ed, è lui il più grande compositore del mondo, prima di Gershwin e Cole Porter. La certezza che percorre il suo ragionamento è condivisa da molti. Il cantautore Lenine definisce le sue composizioni “frotte di cani”, per esaltare la complessità delle sue creazioni. La sua preferita è “Saci” un bel motivo in forma di serenata. È la sua trasposizione maggiore della musica di Guinga.

Il jazz, con la sua mescolanza di virtuosismo e tecnica, ha fornito riga e compasso affinché Guinga architettasse melodie ancora più ardite. Nonostante tutte le informazioni musicali che aveva già assorbito, il compositore è andato ancora a cercare nell´eternità del genere una nuova combinazione. Ha ascoltato tutti, da Charles Mingus a Miles Davis; un Charlie Parker qui, un Chet Baker là, un Duke Ellington più avanti. Riferimenti che si sono sommati al suo rumoroso universo sonoro pieno di baião, valzer, choro, foxe e blues. Dal padre ha ereditato il gusto per l´opera. Dalla madre per la serenata. È entrato nel mondo di Bach, Debussy, Rachmaninoff, Wagner, Stravinsky. Ha scoperto Henri Salvador. Ha mischiato tutto con l´influenza esercitata di quei musicisti che inserisce nella schiera dei “geni brasiliani”: Villa Lobos, Pixinguinha... Insomma, ha costruito un´immensa galassia musicale dentro di sé.

Ha l´abitudine di fare tutto con raffinatezza. Suonava Sylvio Caldas con costrutti musicali più grandi di tre o quattro parti, choro con modulazioni distinte. I risultati sono persino semplici, ma la strada da percorrere è molto complessa. La sua preoccupazione maggiore è di non lasciare che la musica vesta in tono dimesso. I suoi choro rimandano in maggioranza a Jobim, respirano l´aria del maestro.

Il suo modo di comporre è criminoso. Può creare un classico della musica brasiliana e riuscire a perderlo pochi minuti dopo. Non utilizza il registratore, è un indisciplinato impossibile da correggere. Dice che registra tutto in  testa, ma la compulsione lo spinge presto oltre per un´altra creazione. Per ricordare, si permette distorsioni o adattamenti. Ha fatto soltanto un´eccezione. È stato con “Canção do Lobisomen”, registrata in “Delirio Carioca”, il suo secondo CD. Riteneva che non fosse una musica, ma un regalo spirituale, qualcosa nato in modo trascendentale. Un dono. Per questo motivo ha avuto paura di perderla e ha cercato di registrarla su cassetta, soltanto la prima parte. La seconda è uscita un anno dopo. Ha compensato. Ha impiegato un mese a comporre una musica e 14 anni esatti per concluderne un´altra. Altre, come “Dos Anjos”, soltanto mezz´ora. Per lui, l´ispirazione è una scintilla. In una frazione di secondo crea una grande canzone che fluisce subito. È capace di trascorrere un´intera giornata a comporre, sommando più di 10 o 15 melodie alla sua opera. Come può anche non capitare un solo accordo. Prova fino all´estenuazione le migliori concatenazioni. Le mostra per telefono agli amici musicisti. Chiede opinioni. Se sente qualche restrizione, cosa rarissima, lascia perdere subito e passa ad altro. Se lo si lascia fare, il telefono di casa sua resta occupato per tutto il giorno.

È mancino, ma suona con la mano destra. È sulla sinistra che si trovano i segreti della sua abilità.

Ricorda il modo di suonare di Baden. Unghie lunghe, dita grosse e agili. I suoi accordi sono difficili da montare. Sempre sorprendenti. Sembra voler complicare perché nessuno replichi, agilità che ha sviluppato sostenuto dall´estetica della chitarra dell´amico Chiquito Braga. La sua chitarra è rumorosa. Nel diteggiare una musica, a ogni cambiamento di nota si sentono le dita di Guinga striciare sulle corde, sfiorare leggermente i tasti. Al compositore piace questa energia rozza e caratteristica dei grandi chitarristi.

Le sue melodie sono oblique. Non si sa mai dove si fermeranno. Tutto è verticalizzato. Per leggerle è necessario avere stoffa. Sono tonalità, combinazioni, salti e intervalli difficili da trasporre. Lui crea una respirazione e in seguito una nota che presto la rompe. È per non essere ovvio. O per sbalordire. Ma sempre di una bellezza unica.

Guinga ha tempo da dedicare ai dopo-spettacolo. Come strumentista ha suonato con Beth Carvalho, Cartola, Alaide Costa, Clara Nunes e João Nogueira. Partecipava ai giri per i bar, ai concerti super prodotti, nelle sale da ballo o da concerto, insieme ad artisti del mondo del samba o della bossa nova. È sua la chitarra della prima parte della registrazione originale di “Il Mondo è un Mulino”, di Cartola, sul disco “Cartola II”, del 1976, uso a eseguire serenate, riservato, però già pieno di corde sciolte. Malgrado fosse sintonizzato con il gruppo che faceva samba, non si sentiva completamente a suo agio. Segnale che la sua musica trascendeva.

Guinga ha una serie di argomenti fortissimi contro la musica commerciale, è rigoroso, autopunitivo. Non accetta interferenze con il suo lavoro. Non sminuisce il valore della sua opera. Non dirige la sua chitarra verso il successo gratuito. Non è rimasto entusiasta, per esempio, di essere stato registrato dal cantante Ronnie Von (“Senhorinha”) per la colonna sonora di una telenovela sugli anni ´70.

Le sue canzoni sono una sfida per gli studiosi di musica. Non soltanto per la loro complessità armonica, ma anche per il mito che si è creato intorno alla sua opera. Guinga non è stato mai considerato un musicista popolare.

Ci sono storie che rafforzano questa fama. Una di esse è accaduta unasera del 1998, quando un gruppo di musicisti della scuola di Turibio Santos si è presentata al Balroom, una casa di spettacoli situata a Humaitá, zona sud di Rio. Prima di salire sul palco, un musicista insegnava a un altro come eseguire "Viola Variada", musica di Guinga e Aldir che rende omaggio a Turibio (“...la mia chitarra oggi è allucinata / vuole migliorare la sua vecchia immagine/ e ha invitato Turibio Santos/ per abellire l´avvenimento...”). Sono passati 10, 20 minuti. Il ragazzo ha rinunciato, arrivando quasi a spaccare la chitarra a metà. Il collega che cercava di insegnargli, ha riso. In seguito ha detto che aveva impiegato due settimane a studiare quella musica.

A prima vista gli intricati percorsi delle sue melodie spaventano chitarristi che provano a riprodurli.

Anche Zé Renato e Chico Buarque hanno faticato. Zé, esimio strumentista, durante due decenni cantautore del gruppo vocale “Boca Livre”, ha sudato per fare ciò che Chico non è riuscito: suonare “Você, Você”, scritta da Guinga e Chico, registrata da quest'ultimo in “As Cidades”, il suo cd del 1998.

Gli accordi scelti da Guinga hanno corde sciolte, tocchi leggeri con il dito medio, strade dimenticate avvolte con coerenza in successioni sinuose, da rabbrividire. Zé è riuscito a riprodurre questa armonia sulla chitarra con difficoltà, seguendo gli accordi sul braccio. Dopo aver capito le concatenazioni, è riuscito a eseguire meglio il brano.

Cambia lo scenario. Seduto al “Garcia & Rodriguez”, ristorante a Leblon, zona sud carioca, Guinga è stato abbordato da un musicista durante l´intervista che un reporter gli stava facendo. Era un ragazzo giovane, di circa 24 anni. Il ragazzo lo presenta alla sua fidanzata come se si trovasse davanti a una leggenda:

─ Lui è un dio. È la chitarra più perfetta che abbia mai ascoltato!

Guinga sente i commenti dello sconosciuto con visibile orgoglio. Gli fa un autografo, ascolta molti commenti sulle sue canzoni e ricambia elogi al buongusto e alla generosità del ragazzo. La ragazza del musicista conferma. Aggiunge che aveva sentito meraviglie su di lui da parte di un professore di chitarra classica e che allora aveva comprato tutti i suoi dischi. Argentina di Buenos Aires, lei arrivò a portarli a un´accademia musicale cittadina per farli ascoltare agli studenti di chitarra di un gruppo intermedio. Ha raccontato che, dopo l´ascolto, gli applausi erano tali che sembrava che Guinga fosse lì, a suonare dal vivo per il pubblico.

Lì, lui è diventato materia di studio.

 

 

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Mario Marquez è nato a Nova Iguaçu nel 1969. Giornalista dal 1992, è stato dal 1988 al 1994 editore della rivista musicale "A Clava do Som". Nel 1995 entra nel giornale "O Globo", dove lavora come cronista e critico del "Segundo Caderno". Ha prodotto dischi di musicisti come Flavio Venturini ("Linda juventude - %0 anos") e Renata Gebara ("Todos os pedaços são seus").