La sfida di Lula contro la "finta democrazia"


La società brasiliana sta apprendendo importanza e peso
delle scelte che compie e si fa influenzare meno dai media

 

di Raoni Guerra Lucas Rajão

 

 
 


 
 
 
Lula e la "finta democrazia" in Brasile

  
La conquista da parte della sinistra dell'incarico più alto della "Republica federativa do Brasil" è stato veramente un fatto storico. "La vittoria di mr. da Silva sarebbe un trionfo per la democrazia brasiliana.[...] Una vittoria di Lula aiuterebbe molto a demolire l'idea [...] che in America Latina la democrazia sia soltanto un gioco attrezzato per il beneficio dei benestanti": così la rivista "The Economist" ha spiegato la possibile vittoria di Lula prima delle elezioni. Devo confessare che come brasiliano è stato difficile accettare che nel mio paese esiste il mito della finta democrazia, ma guardando la situazione dall'esterno non è purtroppo difficile arrivare a questa conclusione. In un paese dove il 40% della popolazione guadagna in media 200 reais (che sono il corrispettivo attuale di circa 60 euro), dove alle cariche più importanti hanno accesso soltanto i rappresentanti dell'elite (che poi sempre sono le stesse famiglie a dividersi), tutto questo appare paradossale.

Fortunatamente la situazione sembra stia cambiando: in modo lento e graduale la società ha appreso importanza e peso delle scelte che compie e si sta lasciando influenzare meno dai media. Non bisogna peraltro dimenticare che la democrazia in Brasile è ancora molto giovane: Lula è soltanto il terzo presidente democraticamente eletto dopo gli "anni di ferro".
 
Il nuovo presidente rappresenta anche una speranza per questi 68 milioni di persone. La sua elezione simboleggia una rottura con la mentalità delle caste, l'immobilità sociale. I poveri, nella loro maggioranza, coltivano la convinzione che essendo nati tali, sono destinati a vivere e morire nella stessa situazione. Il nuovo presidente invece è un esempio di "cittadino comune" che da operaio è diventato presidente della repubblica.

 

La crisi del cambio

I periodi di transizione politica, principalmente nei casi in cui il risultato è imprevedibile, coincidono sempre con una fase d'incertezza. E' normale e prevedibile che gli investitori (tanto in ambito finanziario, come in quello quotidiano) preferiscano attendere prima di prendere una decisione, diminuendo così drasticamente il volume di titoli e valuta circolante, generando maggiore instabilità nel mercato. Questa volatilità si impone nel caso del tasso di cambio, ad esempio, perché se il governo è obbligato a liquidare un debito alto in dollari dovrà prelevare i soldi "in piazza". Nel caso in cui l'offerta della moneta americana sia bassa, automaticamente il suo valore rispetto al real si alzerà (a causa della legge della domanda e dell'offerta).


Il mese scorso in un'intervista all'Uol News, l'economista Francisco Petros, presidente dell'Associazione brasiliana analisti mercati di capitale, ha dimostrato attraverso i numeri che l'attuale strategia della Banca centrale brasiliana sta collaborando in modo considerevole al rialzo del valore del dollaro rispetto al real e con l'aumento della speculazione nel mercato dei cambi. 
 
“Abbiamo verificato che vi era stata una tremenda diminuzione dei termini di scadenza di titoli cambiali (messi in vendita dal governo, ndr.) legati al dollaro nel periodo tra settembre scorso e il prossimo gennaio che coincide con l'nsediamento del nuovo governo - ha spiegato Petros utilizzando dei numeri divulgati dalla Banca Centrale nel suo rapporto mensile -. Nell'ultimo 30 aprile, il totale di scadenze di titoli cambiali tra settembre e gennaio sommava 8,7 miliardi di dollari. Oggi, 25 di settembre, questo valore è circa di 22 miliardi. Vi è pertanto stato un rialzo del 160% di debiti in dollari, che scadono in questo periodo"
 
Quando il giornalista ha chiesto il motivo di questa strategia cosi così "strana", lui ha risposto: "La politica della Bc è stata è stata quantomeno strana. Bisogna discutere se abbiano fatto la cosa giusta. Non credo sia prudente lasciare un debito così grande in momento in cui si sa che la volatilità sarà più alta. Lo scopo della Bc è diminuire i rischi macroeconomici e del mercato finanziario", ha concluso l'economista lasciando un dubbio nell'aria.
 
Le spiegazioni possono essere varie. Forse il presidente della Bc, Arminio Fraga (economista rispettato in tutto il mondo e che è stato per molti anni il braccio destro dell'investitore multimiliardario George Soros) crede che il prossimo presidente, che era leader delle indagini all'epoca, non onorerà i debiti. Per questo, ha scelto di anticipare la liquidazione di parte dei debiti (seguendo non si sa quale interesse...). Posizione molto opinabile, perché Lula ha dichiarato più di una volta che onorerà i suoi impegni. Anche la sua alleanza con l'industriale Jose Alencar (uno dei maggiori produttori di tessuto dell'America Latina, anche lui di umili origini) è indice di una posizione lungimirante. "Nei miei 50 anni di carriera, non ho mai mancato di onorare un debito. E non mi sarei mai alleato a un governo che avesse l'intenzione di farlo". Così Alencar ha risposto ai giornalisti su una possibile moratoria. Il mercato ha capito il messaggio, e Santander la settimana scorsa ha affermato che non toglierà le sue postazioni in Brasile. L'unico a non volerlo capire sembra essere Fraga. 
 
Un'altra spiegazione possibile può comportare motivazioni che vanno oltre la linea dell'equatore. All'inizio di agosto, il governo e il Fmi (Fondo monetario internazionale) hanno annunciato un nuovo prestito di 30 miliardi di dollari a favore del Brasile e la modifica di alcuni punti relativi all'accordo vigente. Un dato storico: si tratta del maggior prestito della storia concesso dall'istituto. Però come sempre viene il sospetto che "quando l'elemosina è alta il santo sospetta", come si usa dire in Brasile. Il finanziamento sarà concesso in tre tranche: la prima, di 3 miliardi, è stata consegnata in settembre; l'altra dello stesso valore sarà erogata durante questo mese. Il residuo, che ammonta all'80 per cento, sarà messo a disposizione soltanto nel 2003, salvo approvazione incondizionata da parte di Lula per un accordo con il Fmi fino al 2005. I termini dell'accordo divulgati non sono in sé pregiudiziali, ma in pratica significano l'obbligo della continuità delle relazioni commerciali internazionali da parte del governo brasiliano, un limite minimo per le esportazioni e il controllo dei conti dello stato che deve spendere il 3,88 per cento in meno di quello che riceve. Obiettivo di queste condizioni è semplicemente la certezza che il capitale erogato venga restituito e gli interessi pagati nei termini. Vi sono tuttavia clausole segrete che implicano altri legami che forse vanno oltre la parte puramente economica. In una possibile lettura dei fatti l'intenzione occulta della Bc sarebbe quella di aggravare la crisi cambiale per lasciare il prossimo governo senza la possibilità di rifiutare il prestito.
 
 

real/dollaro in nero
Bovespa (borsa di valori di São Paulo) in rosso
100% = 1° dicembre 2001
Massimo: R$ 3,99 = US$ 1
Minimo: R$ 2.26 = US$ 1
 


 
 
Il debito pubblico brasiliano

 
 
A causa di politiche disastrose, il debito del settore pubblico è arrivato a record storici, e oggi ammonta al 60 per cento del Pil (prodotto interno lordo, ossia tutte le ricchezze prodotte in un anno, ndr.). Si tratta di un valore altissimo, soprattutto considerati gli alti interessi cui il debito è sottoposto. Questi tassi sono calcolati sulla base del Selic/Over-Selic, che in poche parole è il tasso d'interesse che il governo paga per i suoi prestiti, che nel mese scorso è stato rialzato dalla Banca Centrale al 21,9 per cento. 
 
La Banca Centrale ha dichiarato che l'obiettivo principale del rialzo è diminuire la propensione al consumo (perché i prestiti costerebbero di più). Con un minor volume delle vendite diminuisce la probabilità che industrie e rivenditori aumentino i prezzi (anche in via preventiva, per rifarsi da possibili successive perdite dovute all'inflazione che genererebbero un circolo vizioso terribile già visto in Brasile). Un altro grosso problema è che il rialzo del dollaro genera più inflazione spaventando al tempo stesso il mercato con le prospettive d'inflazione. Questa prospettiva farebbe dileguare gli investimenti in dollari producendo un ulteriore rialzo della moneta americana e creando così un ciclo perverso. 
 

Crescita del debito pubblico liquido rispetto al PIL

 

 


Fernando Henrique Cardoso è stato un babbo natale per le banche". Questa frase di Garotinho (uno degli ex candidati alla presidenza, ndr.) definisce bene gli ultimi 8 anni di governo. E forse sono proprio le banche le uniche beneficiarie di tutta la crisi. Soltanto nel primo semestre di quest'anno hanno infatti registrato un profitto di 9,7 miliardi di reais, circa il 45 per cento in più rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. L'aumento dei tassi d'interesse e l'arrampicata del dollaro hanno portato a guadagni record. La maggior parte del debito brasiliano è interno, che vuol dire che una moratoria genererebbe il crack del sistema bancario nazionale, portando a un congelamento dei prelievi e a una profonda crisi. Ma purtroppo la situazione attuale è insostenibile, e il prossimo governo dovrà trattare il tema in modo energico.
 
Alla fine di novembre il ministero del Tesoro ha pubblicato uno studio fatto da Eduardo R.Guardia (segretario dello stesso ministero), che afferma che il debito pubblico è perfettamente controllabile. Sembrano buone notizie, ma secondo alcuni osservatori quando si va a guardare più da vicino, le condizioni perché il suo piano funzioni sono molto lontane dalla realtà. L'obiettivo sarebbe soltanto quello di controllare il debito, e portarlo nel 2011 al 53 per cento del Pil. Nel '94, prima del "Piano Real", il debito ammontava solo al 14 per cento. La soluzione di questa "trappola finanziaria" è molto più complessa di ciò che potrebbe sembrare. Le risposte degli economisti su questo punto sono molto diverse tra loro. Alcuni sostengono che Lula dovrebbe dichiarare la moratoria per riuscire a rinegoziare il debito; altri preferirebbero un approccio più morbido date le disastrose conseguenze del primo piano. Su un punto, però, quasi tutti sono d'accordo: la situazione è insostenibile e nel medio termine la politica economica dovrà essere cambiata. L'eccezione è rappresentata dal Fondo monetario internazionale, dato il suo interesse commerciale/politico per la continuità del debito smisurato. All'inizio di questo mese, il direttore delle relazioni esterne del Fondo, Thomas Dawson, ha dichiarato che il programma economico brasiliano continua "nei binari". Questo tipo d'attitudine "non seria" porta una serie di conseguenze negative anche al Fmi, che sta perdendo la sua affidabilità nei confronti dei mercati con le sue analisi che non hanno più il peso di un tempo. "Il Fmi è debole e non contribuisce a stabilizzare le crisi". Queste non sono parole della sinistra brasiliana, ma dello stesso ex presidente Fernado Henrique Cardoso, certamente l'ultima persona da cui ci si potrebbero aspettare critiche nei confronti delle politiche del Fondo (che è come dire sparare sui propri piedi).


 

 

Valori odierni

Valori Ipotizzati per il 2003-2011

Tasso d’inflazione

16.33% (IGP-M) 10%(INPC)

4%

Cambio (R$/US$)

R$ 3,66

R$ 2,85

Tasso d’interessi

22%

10%

Surplus Primario*

5,07% del PIL

3,75% del PIL

* Entrate escluse le spese pubbliche (prima del pagamento degli interessi)
 
           
 
 
Il budget per il 2003

In questi giorni l'euforia è generale. Sui giornali si leggono titoli a effetto come "Patto sociale per un Brasile più giusto", "Torna la speranza" oppure "Ottimismo per le aspettative di ripresa di sviluppo". Le aspettative sono effettivamente grandi, e le promesse vanno molto oltre le possibilità. Secondo la rivista "Exame", per mantenere tutte le promesse della campagna elettorale, Lula dovrà spendere 32 miliardi di reais in più, ossia poter contare su un incremento del 13 per cento del budget attuale.

 

Promesse di Lula

Costo in miliardi

Aumento dello "Stipendio Minimo 1

R$ 4,7

Aumento dello stipendio degli impiegati statali 2

R$ 16

Legge Kandir 3

R$ 3

13º di Itamar 4

R$ 1,2

Fame Zero 5

R$ 6

MST 6

R$ 0.7 (minimo)

Totale

R$ 31,6

1. Gli stipendi non sono stati riaggiustati negli ultimi anni dal governo FHC
2. Esenzione fiscale per le esportazioni di prodotti in natura
3. Rimborso di spese fatte da MG al posto dell'Unione.
4. Programma sociale per garantire tre pasti al giorno per tutti i brasiliani
5. Riforma agraria


 

La manutenzione del surplus (ovvero da dove saranno presi i soldi per pagare gli intessi/debiti), è une delle questioni più delicate per il prossimo governo. L'accordo con il Fmi obbliga il Brasile a mantenere un surplus di 3,88 per cento del Pil (che oggi vuol dire 41 miliardi di reasi, quasi 1/5 delle entrate). Il governo Cardoso ci è riuscito con la diminuzione degli investimenti pubblici e una politica sociale blanda. Un esempio è la mancanza d'investimenti in centrali idroelettriche che ha generato la crisi energetica dell'anno scorso. Sono state d'aiuto anche alcune entrate straordinarie come il pagamento di 10 miliardi di reais derivanti da ritardi dei fondi di pensione, e l'aumento straordinario dell'aliquota massima dell'Irpef e Irpeg. Purtroppo Lula non potrà contare su queste entrate straordinarie, e vi è anche la possibilità che non riesca ad arrivare al 3,88 di surplus richiesto dal Fmi. Il neo-presidente dovrà insomma lottare per mantenere gli aumenti delle imposte e magari anche alzare l'Irpef (entrambi misure molto antipolari). Con un budget cosi ristretto, Lula sicuramente non potrà mettere in atto i suoi grandi progetti sociali nel breve termine senza generare ancora più debiti. 
 

 

Crescita del debito pubblico, interno e esterno in miliardi di dollari

 

 

La buona notizia è che i piani sociali di Lula hanno ricevuto l'appoggio della Banca mondiale, che ha garantito di avere tra 6 e 10 miliardi di dollari per prestiti a bassi tassi di interesse a disposizione del Brasile. Questo tipo di proposta rende possibile la realizzazione del piano "Fame zero" promesso da Lula, che garantirebbe tre pasti al giorno per tutti i brasiliani. Il paradossale è che il Fondo monetario internazionale lavora come una banca (con tassi d'interessi "normali", e a volte anche pesanti), mentre la Banca mondiale ha caratteristiche simili a quelle di un fondo e supporta piani di sviluppo sociale. Quest'annuncio diventa ancora più interessante considerato che George Bush ha proposto che la Bm e altri istituti finanziari aumentino le loro donazioni nei confronti dei paesi in via di sviluppo. 
           

La corruzione è uno dei grossi problemi del Brasile, e la lotta contro di essa è uno dei principali punti del piano di governo. Il Pt (Partito dei lavoratori, lo stesso di Lula) non è esente da rischi: esistono casi di abuso di potere anche nel partito, ma data la differente proporzione degli scandali con gli altri partiti, si può supporre che il Partido dos trabalhadores è uno dei più puliti del Brasile. Secondo David Fleischer direttore dell'Ong (Organizzazione non governativa) Tcc (Trasparenza, coscienza e cittadinanza) se non ci fosse la corruzione il Pil brasiliano potrebbe essere più alto del 20 per cento. Un altro studio della FGV (Fondazione Getulio Vargas) afferma che la corruzione costa a ogni brasiliano circa 6mila reais l'anno. La lotta contro la corruzione non rappresenta soltanto una questione etica, ma anche una considerevole fonte di risorse extra per lo stato, che renderebbe possibile la realizzazione delle promesse, evitando così la frustrazione, che potrebbe trasformarsi in rivolta, per milioni di brasiliani. 
 

 

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Fonti

On-line:

http://www.an.com.br/2002/ago/08/0eco.htm
http://www.ibge.gov.br/home/presidencia/noticias/08052002tabulacao.shtm
http://ecen.com/eee25/audivida.htm
http://www.alomundo.com.br/arquivos/298/nota12.htm
http://radioclick.globo.com/cbn/editorias/economia.asp
http://www.federacaobancarios-base.org.br/informativo_1280.htm
http://www.feebpr.org.br/lucroban.htm
http://www.tcc-brasil.org.br/
http://www.fazenda.gov.br
http://www.imf.org/external/np/tre/activity/2002/112202.htm
http://www.sunsonline.org/trade/other/MartinFMI-1.htm
http://portalexame.abril.uol.com.br/pgMain.jhtml?ch=ch03&sc=sc0301&pg=pgart_0301_031202_42274.html
http://www.folha.com.br
http://www.estadao.com.br
http://www.estadao.com.br/economia/noticias/2002/dez/05/146.htm
http://www1.uol.com.br/folha/dinheiro/ult91u60313.shtml

Pubblicazioni:

“Leaders”, The Economist del 5-11 Ottobre 2002
“The meaning of Lula”, The Economist del 5-11 Ottobre 2002
“Lula’s hard choices”, The Economist del 2-8 Novembre 2002
“From pauper to president: now Lula’s struggle really begins”, The Economist del 2-8 Novembre 2002