LE PAROLE NELLA MUSICA

Caetano e la luna

 

di Antonello Piana

    La Luna è senza dubbio una delle immagini fondamentali dell'arsenale poetico di Caetano Veloso. Essa rappresenta da una parte una costante di tutta la carriera, dall'altra una variante complessa per le molteplici venature di cui di volta in volta si ricopre. Già gli esordi sono segnati, a margine della deflagrazione tropicalista che scombussolò la Mpb, dai toni elegiaci e idealizzati delle sue esperienze giovanili - amori pubertari, gli elementi del paesaggio natio, sia naturale che urbano, i caratteri del popolo baiano inquadrati romanticamente. In questo contesto la Luna di tanto in tanto fa capolino quale figura marginale del paesaggio che accompagna i sentimenti delle persone:  

 

  «Eu nao vou mais voltar se Deus querer 
Vou mandar te buscar na lua cheia» 
                                    
"Quem me dera"

 

Il chiaro di luna (o luar) è un topos folclorico non solo baiano, ma piú vastamente sudamericano, un motivo che per Caetano rinsalda la comune identità tra il Brasile e l'America ispanofona nel repertorio selezionato piú tardi per l'album "Fina Estampa":  

                              

                                           «Luna, luna, luna llena menguante (...) 
                                            La luna me está mirando
                                           Ya no sé lo que me ve» 

                                                   "Tonada de lunallena" (Simón Diaz)
                                                   
 

Perfino l'inno che diede il nome al movimento (o che da esso prese il nome), la canzone "Tropicalia", cita espressamente un brano che fa parte del patrimonio culturale di ogni brasiliano ("Luar do sertão" di Pernambuco e Catulo da Paixão Cearense). L'allegoria è la figura retorica dominante nei testi tropicalisti degli anni sessanta, ma nel periodo di massimo fulgore del movimento - dagli esordi con Gil, Costa, Torquato Neto, Os Mutantes, alla partenza per l'esilio londinese - la luna non riveste nelle canzoni di Caetano un'importanza decisiva. L'apporto piú significativo del tropicalismo brasiliano - non solo musicale, basti pensare al teatro di José Celso Martinez Correa o alla PanAmérica di Zé Agrippino de Paula, un romanzo oggi pressoché dimenticato - è stato probabilmente il suo carattere onnivoro e piú genuinamente sincretista, ereditato e portato avanti sulla scia del "Movimento Antropófago" degli Anni Venti, principalmente nella figura e nell’opera di Oswald de Andrade. L'elaborazione della cultura popolare brasiliana accanto a quella pop anglo-americana, l'utilizzo - ironico e non - dei linguaggi della pubblicità e della televisione, rappresentava anche un taglio netto con la manicheistica controversia tra Jovem Guarda esterofila e apolitica e la tradizione nazional-marxista che intendeva esiliare fuori dalla lingua la nuova realtà massificata dalla televisione. La collaborazione di Caetano con i poeti "concretisti", ma anche con altre  forme di espressione artistica, ha il merito indubbio di innalzare il valore di genere della canzone popolare, che si emancipa a tutto tondo e diventa da quel momento in poi linguaggio perfino dominante rispetto ad altre forme d'espressione non solo letterarie brasiliane.

Il passaggio dagli Anni Sessanta ai Settanta non viene generalmente salutato dalla critica come un mutamento radicale di rotta, ma piuttosto come un'evoluzione che muove dalle medesime premesse e dai medesimi intenti. Eppure proprio l'irruzione della luna, in opposizione al sole-allegoria di una "Tropicália" fondata su una affermativa fusione del tradizional-popolare con l’ultra-moderno, testimonia di una cesura nella produzione musicale di Caetano piú netta di quel che generalmente si tende a pensare.

Esiste un'evoluzione nell'opera caetaneana a cavallo degli Anni Settanta, che è legata direttamente all'esilio londinese e ancor di piú al successivo ritorno in patria, salutato dal poeta in modo tutt'altro che euforico. Nemmeno la luna, simbolo qui come altrove di costanza e "bussola" esistenziale, è in grado di lenire la delusione dovuta alla fine del sogno tropicalista:

 

Como 2 e 2

"Quando você me ouvir cantar
Venha não creia eu não corro perigo
Digo não digo não ligo
Deixo no ar eu sigo apenas porque eu gosto de cantar
Tudo
Tudo é igual 
Tudo é igual quando canto e sou mudo
(...)
Tudo em volta está deserto tudo certo
Tudo certo como dois e dois são cinco
(...)
Tudo vai mal
Tudo
Tudo mudou não me iludo e contudo
É a mesma porta sem trinco
O mesmo teto
E a mesma lua a furar nosso zinco"

 

(Quando mi sentirai cantare
Vieni non credere io non sono in pericolo
Dico non dico non chiamo
Lascio all'aria continuo giusto perché mi piace cantare
Tutto va male
Tutto
Tutto è uguale se canto o sto zitto
(...)
Tutto è deserto al ritorno tutto certo
Tutto certo come due piú due fa cinque
(...)
Tutto va male
Tutto
Tutto è cambiato non mi illudo e nondimeno
È la stessa porta senza serratura
Lo stesso tetto
E la stessa luna a bucare le nostre lamiere)

 

 

La porta senza serratura rimanda senza dubbio al verso "O monumento não tem porta" della canzone "Tropicália", scritta solo quattro anni prima. La perseveranza della luna, che in altre canzoni funge da apollinea consolazione per il poeta, viene qui associata all‘oppressione che perdura anche dopo il ritorno dall'esilio. Il discorso tradizionale/moderno assume in questo caso toni gattopardeschi, accentuati dall'impotenza del singolo di fronte alla natura (umana?) incarnata dalla luna. Da notare il fatto che la canzone viene scritta ancora a Londra, prima del ritorno dall’esilio.

Nel 1972, ormai rientrato in Brasile, Caetano pubblica "Jóia", un disco che apre un trittico significativo nel complesso dell’opera - insieme al gemello-opposto "Qualquer coisa" e al disco-sintesi "Odara", tutti e tre richiamati nei versi della canzone eponima "Odara":

   
"Deixa eu contar 
Que è pro mundo ficar odara 
Para ficar tudo jóia rara 
Qualquer coisa que se sonhara"

 

Il tema centrale alla base di "Jóia" è senza dubbio la natura, che si riveste nella maggior parte delle canzoni di toni salvifici e tempranti. Un tale anelito è certamente accresciuto dal fatto che invece il movimento tropicalista privilegia per molti versi l'artificio culturale: Torquato Neto e Gilberto Gil inventariano la tradizione brasiliana come una «marmellata generale» (geléia geral), mediante una sorta di estetica dell'accostamento di frammenti eterogenei per natura e provenienza che sta anche alla base della "Tropicália" di Caetano. "Jóia" viene considerato come un disco profondamente solare, dettato dai ritmi di vita quotidiani e musicalmente dalle percussioni. La luna vi appare come un momento di disturbo, una fonte di fascino a cui l'autore tenta di resistere. Si tratterebbe di una concezione perfettamente romantica, se non fosse che l'io cantante rifugge l'abisso con apollinea consapevolezza, non senza che la coscienza del rifiuto risvegli una struggente nostalgia, come sembra dimostrare la chiusura di "Lua, Lua, Lua, Lua". Dapprima

 

"Por um momento meu canto contigo compactua" 
e poi in fin dei conti la constatazione: 
"Meu canto não tem nada que ver com a lua"

 

La medesima copertina del disco ci offre una conferma interpretativa alle immagini di un idillio naturale pre-tecnologico: Caetano viene ritratto in un disegno insieme alla moglie e al figlioletto, tutti e tre nudi, uniti e ostentativamente felici. Quasi inutile aggiungere che l’immagine venne censurata dalle autorità, che sostituirono i protagonisti con dei gabbiani. Il disegno è però da una parte scandaloso per la nudità (naturale-naturista?), dall'altra neo-tradizionalista nella raffigurazione della famiglia modello, in un epoca di forti emancipazioni e lotte sessuali.

La canzone "Lua, Lua, Lua, Lua"  può essere considerata una chiave di volta nell'opera caetaneana, se è vero che il suo refrem viene incastonato ripetutamente all'interno di altre canzoni, sia in modo soft, struggente ed evocativo:

   
"Coisa linda, lua lua lua lua 
 Sol palavra dança lua" 
                     
     ("Lindeza")

 

con il secondo verso che significativamente suona un po' come "Só palavra dança nua" (Solo la parola danza nuda), sia in tono espressamente citazionale nella canzone "Giulietta Masina", dove assistiamo ad un inserimento del verso "Lua, lua, lua, lua" apparentemente fine a se stesso, con la citazione diretta e fugace non solo del verso, ma soprattutto dell'arrangiamento originale, che contribuisce ad uno shock estetico ripetuto poco piú avanti con la seconda citazione "(Existirmos a que será que se destina)", stavolta inserita nel contesto rimico della canzone, ma con le parentesi grafiche a sottolinearne il carattere citazionale. "Canto do povo de um lugar", la canzone successiva a "Lua, Lua, Lua, Lua" nell'album "Jóia",  non verte specificamente sul motivo della luna, ma non rinuncia a una fuggevole e tuttavia significativa menzione dell'astro.

Le due canzoni, accomunate dalla prossimità all'interno dell'album, da un'epigrammatica stringenza, e non da ultimo dalla ricorrenza del tema della luna, sembrano invece agli antipodi dal punto di vista della situazione comunicativa: "Lua, Lua, Lua, Lua" ha il sapore di una confessione introversa e personale, quasi leopardiana, dell'io alla luna. Un'invocazione complessa e contradditoria, come abbiamo visto, ma piú esplicita e meno enigmatica del "Canto", in cui invece la luna si carica di toni negativi e secondo noi perfino implicitamente terroristi:

 

"Todo o dia o sol levanta 
E a gente canta ao sol de todo dia 
Finda a tarde a terra cora 
E a gente chora 
Porque finda a tarde 
Quando a noite a lua mansa 
E a gente dança venerando a noite"

 

È evidente un'implicita opposizione tra il sole e la luna, il primo a sostegno della pacifica laboriosità del popolo, la seconda che concede una fantomatica tregua solo dopo essersi ammansita: in mezzo vi è una fase della tarde che parte dal momento in cui il popolo piange perché finisce il pomeriggio e termina solo quando la luna si acquieta e il popolo può finalmente tirare il fiato: il riferimento implicito (per evidenti motivi di censura) al terrore della dittatura con i suoi arbítri serali coinvolge qui anche la metafora della luna.

La restante produzione degli Anni Settanta rappresenta una continuità sul versante della ricerca intertestuale e del dialogo con la parola altrui, ma l'ibridazione tropicalista non contiene piú i toni festosi e popolari degli Anni Sessanta: aumentano i pronomi "eu" e i toni elegiaci e malinconici ("London London", "Queixa", "Nine of ten"), nonché la sperimentazione sul piano musicale e l'influenza dei poeti concretisti per quanto riguarda i testi.

Anche gli Anni Ottanta e Novanta sono caratterizzati da una sostanziale conferma ed esasperazione di questa tendenza. L’opposizione dialettica tra il sole e la luna resta ossessivamente presente fino alle produzioni piú recenti:

 

"Eta, eta eta 
É a lua, é o sol, é a luz de tieta" 
                        
"A Luz de Tieta" 


  
"Meu bem querer 
Lua-sol ê 
Centro do meu pensamento" 
                               
"Gema"

 

Il dibattimento tra dionisiaco e apollineo, nelle opposizioni solare/notturno, eterno/moderno, natura/cultura sono sempre consapevoli nel discorso dell’Io cantante:

 

"Onde querez a lua, sou o sol" 
                       "O Quereres"

 

Ma assimilato a una farfalla, la voce intravede un’opportunità tra i due estremi, vi guadagna una nuova libertà:

 

"A grande borboleta 
leve numa asa a lua 
e o sol na outra 
E entre as duas a seta 
A grande borboleta 
Seja completamente solta". 
      
"A Grande Borboleta"

 

Una tappa ineludibile di questo percorso è rappresentata dalla celebre "Lua de São Jorge", ispirata dalla credenza popolare brasiliana secondo la quale osservando intensamente la luna piena si riesce a distinguere São Jorge (San Giorgio) che uccide il drago. Nel processo di sincretismo religioso coatto a cui furono costretti gli schiavi d'origine africana, e in modo speciale quelli di Bahia, São Jorge venne "sincretizzato" col dio Ogun, il dio guerriero che sconfigge il Male. Per questo motivo, e non per la leggenda cristiana di San Giorgio ("sconsacrata" anni fa dallo stesso Vaticano), l'immagine di São Jorge è così amata e venerata nella zona centrale del litorale (piú o meno da Rio a Salvador). Alla luna e alla credenza popolare si aggiunge il motivo del nome Jorge, che potrebbe rimandare a Jorge Ben (Jorge de Capadócia) o all'autore maledetto Jorge Mautner, a cui piú tardi Caetano dedicherà anche la bella "Os Outros Románticos".

Pur non ignorandone gli aspetti deleteri, in "Santa Clara Padroeira da Televisão" Caetano spezza invece una lancia in favore della televisione, il mass-medium che aveva contribuito in maniera determinante al successo dei tropicalisti, esaltando la variante scenica e performativa del loro spettacolo.

Nel finale della canzone entra però nuovamente in gioco la luna, che fornisce un controcanto naturale ed eterno alla futile e transitoria luminosità dello schermo. Anche in questo caso la luna sancisce l'opposizione naturale/artificiale, eterno/moderno che è una costante di tutta la carriera di Caetano, senza che l’autore decida deliberatamente di prendere partito per una o l’altra istanza.

Per ricapitolare, dal punto di vista qualitativo la luna ricorre nelle canzoni di Caetano con quattro valenze e modalità principali: esistono poche canzoni che ruotano espressamente intorno al motivo della luna: le piú famose sono forse "Lua, Lua, Lua, Lua" e "Lua de São Jorge". Una categoria piú vasta comprende le canzoni che citano incidentalmente la luna, spesso in associazione oppositiva con il sole. La terza categoria riguarda alcune canzoni in cui il motivo della luna è una citazione intratestuale, ovvero di sé medesimo, e specificamente della canzone "Lua, Lua, Lua, Lua", a cui Caetano evidentemente conferisce valore straordinario.

La quarta classe è costituita da canzoni composte piú o meno appositamente per Caetano dai musicisti del suo entourage ("A Lua e a Estrela" di Vinicius Cantuária, oppure "Meia-Lua Inteira" di Carlinhos Brown), o riprese dalle tradizioni piú diverse, come è il caso di "Tonada de Luna Llena" o della struggente "Luna Rossa", inserita nell’album-omaggio per Federico Fellini e Giulietta Masina - che comprende una volta di piú anche il brano "Lua, Lua, Lua, Lua": trattando un motivo caro anche al regista riminese, Caetano rinsalda una profonda affinità elettiva fondata su una poetica della saudade apollinea.

 

Lua, lua, lua, lua 
  
Lua, lua, lua, lua 
Por um momento meu canto contigo compactua 
E mesmo o vento canta-se 
Compacto no tempo 
Estanca 
Branca, branca, branca, branca 
A minha, nossa voz atua sendo silêncio 
Meu canto não tem nada a que ver com a lua 

Luna, luna, luna, luna 
  
Luna, luna, luna, luna 
Per un attimo il mio canto si riconcilia con te 
E perfino il vento si canta 
Compatto nel tempo 
Si sfianca 
Bianca, bianca, bianca, bianca 
La mia, la nostra voce opera essendo silenzio 
Il mio canto non ha niente a che fare con la luna 

 

 

Canto do povo de um lugar 
  
Todo dia o sol levanta 
E a gente canta ao sol de todo dia 
Finda a tarde a terra cora 
E a gente chora 
Porque finda a tarde 
Quando a noite a lua mansa 
E a gente dança venerando a noite 

Canto del popolo di un luogo 
  
Tutti i giorni sorge il sole 
E noi cantiamo al sole di tutti i giorni 
Scende la sera la terra si colora 
E noi piangiamo 
Perché finisce la sera 
Quando di notte la luna quieta 
E noi balliamo venerando la notte 

 

 

 

 

Branquinha 
                            Para Paulinha 
  
Eu sou apenas um velho baiano 
Um fulano, um caetano, um mano qualquer 
Vou contra a via, canto contra a melodia, 
Nado contra a maré 
Que é que tu vê, que é que tu quer, 
Tu que é tâo rainha? 
Branquinha 
Carioca de luz própria, luz 
Só minha 
Quando todos seus rosas nus 
Todinha 
Carnação da cancão que compus 
Quem conduz 
Vem, seduz 
Este mulato franzino, menino, 
Destino de nunca ser homem não 
Este macaco complexo 
Este sexo equivoco 
Este mico-leão 
Namorando a lua e repetindo: 
A lua é minha 
Branquinha 
Pororoquinha, guerreiro é 
Rainha 
De janeiro, do rio, do onde é 
Sozinha 
Mão no leme, pé no furacão 
Meu irmão 
Neste mundo vão 

Mão no leme, pé no carneval 
Mau igual 
Neste mundo mau 

Bianchina 
                               Per Paulina 
  
Sono giusto un vecchio baiano 
Un caetano, un umano qualsiasi 
Vado contro senso, canto contro la melodia, 
Nuoto contro corrente 
Cos'è che vedi, cos'è che vuoi? 
Tu cosí regina? 
Bianchina 
Carioca di luce propria, luce 
Solo mia 
Quando tutti i tuoi rosa nudi 
Tutta mia 
Incarnazione della canzone che ho composto 
Chi dirige 
Vieni a sedurre 
Questo mulatto magrino, bambino 
Destino di non diventare mai uomo 
Questo macaco complesso 
Questo sesso equivoco 
Questo mico-leão[1
Che si è innamorato della luna e ripete: 
La luna è mia 
Bianchina 
Pororoquinha[2], il guerriero è 
Regina 
Di gennaio, del fiume, da cui proviene 
Solettina 
La mano sul timone, il piede sul tifone 
Fratello mio 
In questo mondo inutile 

La mano sul timone, il piede nel carnevale 
Cattivo uguale 
In questo mondo cattivo

 

 

Lua de São Jorge

Lua de São Jorge 
Lua deslumbrante 
Azul verdejante 
Cauda de pavão 
Lua de São Jorge 
Cheia branca inteira
Oh minha bandeira
Solta na amplidão
Lua de São Jorge 
Lua brasileira
Lua de meu coração
Lua de São Jorge 
Lua maravilha
Mãe, irmã e filha
De todo esplendor
Lua de São Jorge 
Brilha nos altares
Brilha nos lugares
Onde estou e vou
Lua de São Jorge 
Brilha sobre os mares
Brilha sobre o meu amor
Lua de São Jorge 
Lua soberana
Nobre porcelana
Sobre a seda azul
Lua de São Jorge 
Lua da alegria
Não se vê o dia
Claro como tu
Lua de São Jorge 
Serás minha guía 
No Brasil do Norte a Sul 

Luna di São Jorge

Luna di São Jorge
Luna abbacinante
Azzurra verdeggiante
Coda di pavone
Luna di São Jorge
Piena bianca intera
Oh mia bandiera
Sciolta nell‘immensità 
Luna di São Jorge
Luna brasiliana
Luna del mio cuore
Luna di São Jorge
Luna meraviglia
Madre, sorella e figlia
Di gran splendore
Luna di São Jorge
Brilla sugli altari
Brilla nelle contrade
In cui mi trovo e vado
Luna di São Jorge
Brilla sopra i mari
Brilla sul mio amore
Luna di São Jorge
Luna sovrana
Nobile porcellana
Sulla seta azzurra
Luna di São Jorge
Luna d’allegria
Il giorno non si mostra 
Chiaro come te
Luna di São Jorge
Tu sarai la mia guida
Nel Brasile da Nord e Sud

 

 

Santa Clara, Padroeira da Televisão 
  
Santa Clara, padroeira da televisão 
Que o menino de olho experto saiba ver tudo 
Entender certo o sinal certo se perto do encoberto 
Falar certo desse perto e do distante porto aberto 
Mas calar 
Saber lançar-se num claro instante 
Santa Clara, padroeira da televisão 
Que a televisão não seja o inferno, interno, ermo, 
Um ver no excesso o eterno quase nada (quase nada) 
Que a televisão não seja sempre vista 
Como a montra condenada, a fenestra sinistra 
Mas tomada pelo que ela é 
De poesia 
Quando a tarde cai onde o meu pai 
Me fez e me criou 
Ninguém vai saber que cor me dói 
E foi e aqui ficou 
Santa Clara 
  
Saber calar, saber conduzir a oração 
Possa o vídeo ser a cobra de outro éden 
Porque a queda é uma conquista 
E as miriades de imagens suicídio 
Possa o vídeo ser o lago onde Narciso 
Seja um deus que saberá também 
Ressuscitar 
Possa o mundo ser como aquela ialorixá 
A ialorixá que reconhece o orixá no anúncio 
Puxa o canto pra o orixá que ve no anúncio 
No caubói no samurai no moço nu na moça nua 
No animal na cor na pedra vê na lua vê na lua 
Tantos níveis de sinais que lê 
e segue inteira 
  
Lua clara, trilha, sina 
Brilha, ensina-me a te ver 
Lua, lua, continua em mim 
Luar, no ar, na TV 
São Francisco 

Santa Clara, patrona della televisione 
  
Santa Clara, patrona della televisione 
Che il ragazzo dall'occhio esperto sappia vedere tutto 
Distinguere sicuro il segnale sicuro vicino al segreto 
Del parlare certo di questo vicino e del distante porto aperto 
Ma tacere 
Saper gettarsi in un chiaro istante 
Santa Clara, patrona della televisione 
Che la televisione non sia l'inferno, interno, disadorno 
Un vedere nell'eccesso l'eterno quasi niente (quasi niente) 
Che la televisione non sia sempre vista 
Come la vetrina condannata, la finestra sinistra 
Ma piuttosto presa per quel che è 
Di poesia 
Quando scende la sera dove mio padre 
Mi creò e mi crebbe 
Nessuno saprà che colore mi causò dolore 
E se ne andò e qui restò 
Santa Clara 
  
Saper tacere, saper dire preghiera 
Possa il video essere serpente di un altro eden 
Poiché la caduta è una conquista 
E le miriadi di immagini suicidio 
Possa il video essere il lago di Narciso 
Essere un dio che sappia anche 
Resuscitare 
Possa il mondo essere come quell'ialorixà 
L'ialorixà che riconosce l'orixà già nell'annuncio[3
Intona il canto per l'orixà che vede nell'annuncio 
Nel cow-boy nel samurai nel ragazzo nudo nella ragazza nuda 
Nell'animale nel colore nella pietra guarda la luna guarda la luna 
Tanti i livelli di segnali che legge 
E continua impassibile 
  
Luna chiara, traccia, destino 
Brilla, insegnami a vederti 
Luna, luna, continua in me 
Chiaro di luna, nell'aria, in TV 
San Francesco[4

 

 

Lua e estrela

  
Menina do anel de lua e estrela 
Raios de sol no céu da cidade 
Brilho da lua 
Noite é bem tarde 
Penso em você 
Fico com saudade 
Manhâ chegando 
Luzes morrendo 
Nesse espelho que é nossa cidade 
Quem é você? 
Qual o seu nome? 
Conta pra mim 
Diz como eu te encontro 
Mas deixo ao destino 
Deixo ao acaso 
Quem sabe te encontro 
De noite no Baixo 
Brilho da lua... 
Mas deixo ao destino 
Deixo ao seu castro 
Quem sabe te encontro 
De noite no Baixo. 

Luna e stella 
(Vinicius Cantuária) 
  
Piccola dell'anello di luna e stella 
Raggi di sole nel cielo della città 
Scintillio di luna 
È notte fonda 
Penso a te 
E sento saudade 
Viene mattina 
Muoiono le luci 
In questo specchio che è la nostra città 
Chi sei tu? 
Qual'è il tuo nome? 
Raccontami 
Dimmi come trovarti 
Ma io lascio al destino 
Lascio al caso 
Chissà che non ti incontri 
Di notte al Baixo[5
Scintillio di luna 
Ma lascio al destino 
Lascio al tuo astro 
Chissà che non ti incontri 
Di notte al Baixo.

 

Antonello Piana è nato ad Alghero nel 1974. Vive attualmente a Berlino, da dove collabora con la rivista ”Sagarana” (www.sagarana.net) creata dallo scrittore brasiliano Júlio Monteiro Martins.

 

Note

[1] Minuscola scimmia brasiliana in avanzata via di estinzione - ne restano oggi solo alcuni preziosi esemplari -, che deriva il suo nome dal pelo dorato e abbondante attorno alla testa. Con la metafora, l’autore intende probabilmente insinuare come anche l'umano sia in via di estinzione.
  
[2] La "Pororoca" è un fenomeno naturale costituito da un‘ondata di potenza distruttrice che risale contro corrente il Rio delle Amazzoni a partire dalla foce

[3] L’"anúncio" è la fase iniziale del rito candomblé in cui il "cavalo", la persona che riceve lo spirito, compie i primi movimenti. Nel testo è da intendersi che l’ialorixá riconosce l’orixá, in procinto di scendere sulla terra, già nella fase dell‘”anúncio”   

[4] In Brasile, oltre al santo di Assisi e alla città californiana, denomina il fiume più lungo del Nordeste, che collega il Sud al Nord del paese, detto perciò anche "rio da união nacional". 
  
[5] Il "Baixo" è il famoso "Baixo Leblon", un incrocio di due strade nel quarìtiere Leblon, a Rio, in cui si concentrano i bar e ristoranti aperti fino alla mattina, e dove la bohème negli anni '80 si dava appuntamento per bere e mangiare dopo gli spettacoli serali. La canzone rimanda all’incontro con una delle "tietes", le "fans" che erano solite frequentare il Baixo per vedere e chissà, "conoscere" le star.