E il Centroitalia "flirta" con Lula


Le Regioni Toscana, Umbria e Marche stringono accordi
con il paese sudamericano. E' la prima volta che accade

 

di Francesco Giappichini

 





    Il Centroitalia ulivista "flirta" con Lula e intende stringere alleanze economiche con il Brasile. Per la prima volta tre Regioni italiane aspirano a stringere un accordo con uno stato straniero. E' accaduto il 14 luglio scorso a Perugia, dove i presidenti delle regioni Toscana, Umbria e Marche hanno tenuto un incontro con il ministro della cultura brasiliano, Gilberto Gil. Il convegno, dal titolo "Il nuovo Brasile guarda all'Europa" era l'ultimo appuntamento del seminario internazionale "Strategie di sviluppo democratico nella globalizzazione" promosso da Euralat (Osservatorio euro-latino-americano sullo sviluppo democratico e sociale). Nelle ore precedenti la sessione i convenuti hanno firmato una dichiarazione d'intenti che precederà la stipulazione, nel prossimo ottobre, di un vero e proprio accordo istituzionale di cooperazione. La dichiarazione si fonda su un progetto-quadro triennale di cooperazione decentrata, che gli stessi soggetti hanno firmato a Juiz De Fora (Minas Gerais) nello scorso maggio e che impegna le parti a trasformare l'atto in un accordo istituzionale di cooperazione.

Il documento sottoscritto il 14 luglio mira a rafforzare i governi locali brasiliani sulla scorta di quello che è stato definito "modello centro Italia".
Vari i capitoli trattati: si parla di riforma della pubblica amministrazione e decentramento, di impulso alle politiche sociali e all'interscambio economico e culturale, e soprattutto di assistenza tecnica alle imprese. A quest'ultimo riguardo sarà importante il ruolo dell'Agenzia nazionale d'appoggio alle piccole e medie imprese (Sebrae), la istituzione pubblica brasiliana a partecipazione privata che sarà partner operativo dei progetti previsti.

Le tre Regioni italiane avrebbero voluto trasformare il progetto-quadro in accordo istituzionale già in questa fase, ma sarebbe stato impossibile per la scarsa disponibilità del governo italiano (che mantiene pur sempre il monopolio della politica estera nazionale). Tutto rimandato quindi al prossimo ottobre, quando sarà molto probabile anche l'adesione dell'Emilia Romagna. Si auspica comunque che il successo dell'iniziativa possa attrarre altre Regioni se non lo stesso stato italiano.

Durante la sessione del seminario dedicata al Brasile hanno preso la parola il ministro della Cultura Gilberto Gil, i governatori delle tre Regioni italiane coinvolte in questo processo di cooperazione, nonché esponenti del volontariato internazionale e dell'associazionismo. Assenti all'ultimo momento il sindaco di Perugia Renato Locchi e il sottosegretario alla presidenza del Brasile Luiz Dulci, quest'ultimo richiamato da Lula a Londra per la conferenza del "Centro-sinistra mondiale". Folto comunque il seguito del ministro Gil e in particolare applaudita la presenza del sindaco petista Fernando Marroni, di origini italiane, alla guida della "prefeitura" di Pelotas, importante cittadina dello stato di Rio grande do Sul, con oltre 300mila abitanti.


La globalizzazione che fa bene al Brasile

Gli interventi sono stati mirati in primo luogo a chiarire alla platea, composta per lo più da rappresentanti delle autonomie locali, quale sia il concetto di globalizzazione che si vuol favorire per attribuire al Brasile il posto che gli spetta nello scenario mondiale; via libera dunque alla "globalizzazione dal basso" e lotta contro quella "per arcipelaghi" e "delle barriere".

Chiara la disamina fatta al riguardo dal presidente della Regione Marche, Vito D'Ambrosio: «Stiamo assistendo all'aumento della povertà mondiale, delle differenze, conseguenza della globalizzazione oggi esistente, quella esclusivamente commerciale, quella che a noi non interessa. Ne vogliamo invece una diversa, con il Brasile che occupi il proprio posto tra i grandi. Un ruolo che gli spetta comunque, al di là di nazionalismi e patriottismi a cui noi italiani siamo purtroppo vaccinati». 

Dal canto suo il ministro Gil ha ripreso il tema facendo riferimento al modello "glocal", che sa coniugare la valorizzazione delle tipicità locali con il contesto globalizzato: «Dobbiamo affrontare la globalizzazione, ma per uscirne dobbiamo umanizzarla soprattutto attraverso le piccole comunità, le autonomie locali. E qui torna il tema della responsabilità: la via d'uscita è responsabilizzare le piccole comunità».


Governo Berlusconi, ostacolo alla cooperazione

Gli interventi non hanno risparmiato accenti polemici contro il governo Berlusconi, reo di non aver mostrato alcun interesse per questa iniziativa di cooperazione. E se le critiche di D'Ambrosio sono state più moderate («Conserviamo la speranza di portare con noi anche il governo italiano, pur non nascondendo i problemi che ci sono stati»), più caustico è stato l'intervento della governatrice umbra, Maria Rita Lorenzetti: «Non è stato semplice farci concedere dal governo italiano l'assenso per seguire questo percorso: abbiamo avuto un via libera solo ufficioso e così non siamo potuti andare oltre una mera dichiarazione d'intenti. Confidiamo in un assenso definitivo che ci consentirà di stipulare un accordo vero e proprio». 

Più ironico il presidente della Regione toscana, Claudio Martini, soprannominato dai suoi avversari politici "governatore no global", che, motivando come la cooperazione serva, tra l'altro, anche per far fare al nostro Paese una bella figura all'estero («e di questi tempi se ne sente il bisogno» riscuote ilarità e applausi dalla platea. Il più imbarazzato dinanzi all'assenza del Governo italiano è stato proprio il ministro Gil, che ha preferito affrontare il tema partendo da lontano: «Riconosciamo che è soprattutto l'opposizione di sinistra che in Italia cerca questo dialogo col governo del nostro paese: abbiamo notato che nella sinistra europea vi è stato un certo stravolgimento politico che ha ricollocato il governo italiano a destra...».


Il Brasile come nuova priorità

Il seminario ha chiarito, se ve ne fosse stato bisogno, che è il Brasile la nuova priorità delle regioni "uliviste" del centro-Italia in tema di cooperazione internazionale. Dalle parole dei relatori è parso evidente che l'eventuale e non auspicabile fallimento del governo Lula avrebbe ripercussioni fortissime anche dall'altro lato della sponda atlantica. E a questo proposito è apparso significativo un passaggio di Martini: «In passato la mia regione faceva riferimento, in tema di cooperazione, ai Balcani e al Nordafrica; adesso al Brasile, dove la vittoria di Lula ha dato un impulso anche alla stessa sinistra italiana». E ha aggiunto: «La nostra priorità è il Brasile perché è lì che si gioca la partita».

Sulla stessa lunghezza d'onda Giampiero Rasimelli di Euralat, rete che fa parte del Forum sociale mondiale. «Auspichiamo una cooperazione decentrata innovativa col Brasile», ha sostenuto. E la governatrice umbra Lorenzetti gli ha fatto eco dichiarando che si batterà anche per obiettivi di più ampio respiro, con l'intento di sostenere la politica del Brasile: l'abbattimento delle barriere protezionistiche, la costituzione di un fondo per la lotta alla fame da costituirsi con la tassazione del commercio sulle armi, il completamento del programma "Fame-Zero".


I vantaggi della cooperazione

I relatori hanno inteso spiegare quali siano gli scopi della cooperazione, se non altro per controbattere le accuse di rappresentare solo una forma di "turismo sociale". Significativa al riguardo la testimonianza di Henryanne De Chaponai, dell'ong (organizzazione non governativa) francese Cedal, attiva nelle favelas brasiliane, così come quella di Itamar Silva, operatore del gruppo Eco della favela Santa Marta, gemellata con Todi. Va inoltre sottolineato che la Regione Umbria porta avanti con questa favela un progetto per sottrarre i giovani al narcotraffico.

Ma le parole più chiare sulle finalità della cooperazione col Brasile le pronuncia ancora una volta Martini, affermando che tramite essa è possibile sostenere la politica di Lula all'insegna di «solidarietà e uguaglianza». E aggiungendo che la cooperazione è l'unico modo per dare concretezza allo slogan del Forum sociale mondiale, "Un altro mondo è possibile". 

«Questi progetti non solo aiutano gli altri, ma riescono anche a cambiare noi stessi abituandoci a una visione meno provinciale della realtà, come quando ci arrabbiamo per la nomina del vice-presidente di una municipalizzata», ha sottolineato. «Spesso ci criticano perché andiamo troppo lontano, ma non dimentichiamo che il nostro sforzo non fa che rafforzare la democrazia».