Oxóssi, cacciatore solitario e sognatore

    Si racconta  che un giorno nella città di Ifé, al tempo del raccolto, si celebrasse una grande festa in onore del primo igname, alla quale partecipavano il re, la sua famiglia e tutti i sudditi. Tutti fuorché le Iya-mi Oxorongá, tre “streghe” molto potenti che non erano state invitate. Sentendosi molto offese per questo sgarbo, le Oxorongá mandarono un uccello gigantesco a rovinare la festa. Secondo alcuni fu addirittura una di loro a trasformarsi nel volatile, ma non è questo l’importante: fatto sta che l’uccello, dopo avere volteggiato minacciosamente per un po’ terrorizzando tutti col suo aspetto orribile, andò a posarsi sul tetto del palazzo reale. Allora il re, per liberare la città da quella presenza inquietante mandò a chiamare Oxotogún, “il cacciatore dalle venti frecce”, il quale le scagliò tutte senza riuscire ad uccidere l’uccello: o perché lo mancava, o perché le frecce rimbalzavano sul suo corpo. Neppure Oxotogí (“il cacciatore dalle quaranta frecce”) e Oxotadotá (“il cacciatore dalle cinquanta frecce”), che provarono dopo di lui, ebbero miglior fortuna. A questo punto, come ultima speranza, venne mandato a chiamare Oxotokanxoxô, “il cacciatore da una freccia sola”. La madre di quest’ultimo, in apprensione per il figlio come ogni madre che si rispetti, andò a consultare un babalão (cioè un indovino), il quale le disse che Oxotokanxoxô era a un passo dalla morte ma che se avesse fatto un’offerta alle Oxorongá, la morte si sarebbe trasformata in ricchezza. La donna corse immediatamente a sacrificare una gallina e mentre apriva il petto dell’animale, ripetè per tre volte la seguente frase: “Che il petto dell’uccello riceva questa offerta”. Le streghe evidentemente accettarono il dono perché in quello stesso momento Oxotokanxoxô scagliò la sua unica freccia che andò a conficcarsi proprio nel petto dell’uccello gigantesco. Accortosi di ciò, il popolo in festa cominciò a danzare gridando “Oxowussi! Oxowussi!” (che significa: Oxó è diventato famoso!), esclamazione che da allora divenne il suo nome, contratto poi col tempo in Oxóssi. Non solo il popolo fu ad essere felice, però, ma anche il re che donò ad Oxóssi metà delle sue ricchezze e secondo alcuni anche la città di Ketu. Per altri invece questa città gli fu donata da Oxum (orixá di cui parleremo presto e alla quale abbiamo già accennato a proposito di Ogum), della quale si era innamorato perdutamente una volta che la vide bagnarsi nelle acque di un fiume.

Anche sul modo in cui Oxóssi divenne un orixá, le opinioni sono diverse. Per i più le cose andarono così: un giorno uscì a cacciare nonostante sua moglie cercasse in tutti i modi di distoglierlo da questo proposito, dato che quello era un giorno tabù per la caccia. Nel mezzo della foresta si imbatté in un grande serpente, la cui pelle risplendeva di ogni colore, come un arcobaleno… ma non si trattava di un serpente qualsiasi, bensì di Oxumaré, l’orixá che vive per sei mesi sulla terra sotto forma di serpente e per gli altri sei in cielo come arcobaleno. Oxóssi invece non lo riconobbe e nonostante l’orixá-serpente lo avesse avvertito: “Attento, non sono un animale che tu possa uccidere!”, lo uccise facendolo a pezzi e se lo portò a casa, dove lo cucinò (da solo perché sua moglie scappò terrorizzata non appena lo vide tornare con una preda cacciata in un giorno proibito) e infine se lo mangiò. Risultato: quando la donna il giorno dopo tornò a casa vide Oxóssi disteso sul pavimento, morto, e la traccia lasciata dal serpente ritornato strisciando nella foresta. Le grida di disperazione della moglie di Oxóssi furono però udite da Orunmilá, “colui che conosce il destino”, il quale, commosso, lo fece rinascere come orixá.

Secondo altri, però, la faccenda andò in maniera diversa: un giorno Olodumaré, il creatore dell’universo, ordinò a Orunmilá di portargli una codorna (uccello brasiliano grosso modo corrispondente alla quaglia, ndr), uccello molto difficile da cacciare. Il padre di Exú (ricordate?) dopo aver vagato per la terra per molto tempo senza successo, incontrò Oxóssi e affidò la missione a lui, che promise di cacciare l’uccello quella notte stessa. Quando però la mattina dopo Orunmilá tornò da Oxóssi, lo trovò infuriato perché qualcuno gli aveva rubato la codorna che aveva cacciato. Tutto comunque si risolse per il meglio perché Oxóssi naturalmente riuscì a prenderne un’altra e salì in cielo per portarla a Olodumaré. Quando Oxóssi consegnò la preda al Signore del Mondo, questi, compiaciuto, allungò la mano verso di lui e gli trasmise l’axé (l’energia, il potere). A quel punto Oxóssi, divenuto un orixá, scagliò una freccia a caso, dichiarando che avrebbe colpito chi gli aveva rubato la prima codorna. Quando tornò sulla terra, giunto a casa trovò sua madre morta con una freccia conficcata nel petto… 

Come si sarà capito, Oxóssi è l’orixá della caccia, ma dato che da questa si procurava il cibo che garantiva la sopravvivenza di tutta la comunità, la caccia simboleggia tutto ciò che riguarda l’alimentazione; perciò questo orixá ha un ruolo tanto importante anche nei riti legati al raccolto e alla fertilità della terra. Difende i cacciatori, ma solo se lo scopo della caccia è l’alimentazione; non tollera che qualcuno uccida un animale se non per nutrirsi. I cacciatori, allontanandosi dal villaggio in cerca di preda erano anche coloro che scoprivano i luoghi più adatti ai nuovi insediamenti: quindi Oxóssi rappresenta anche la spinta verso il cambiamento, la ricerca del nuovo. Lui e i suoi figli sono tipi indipendenti, pieni di iniziativa, molto spesso solitari, sognatori, ma anche estroversi, avendo bisogno di un gruppo su cui potere esercitare le loro qualità di leader, in ogni caso sempre sinceri e diretti.





Caratteristiche

- Saluto: Okê Aró
- Dominio: Foresta, notte (il tempo più propizio alla caccia), luna
- Axé: Caccia, alimentazione, rinnovamento
- Sincretizzazione: S. Giorgio
- Giorno della settimana: Giovedì
- Colore: Azzurro, verde
- Strumento: Arco e freccia, erukerê (oggetto rituale fatto con una coda di bue, dotato di poteri magici)
- Animale sacrificato: Maiale, gallo
- Cibo (offerta): Mais cotto con miele
- Minerale: Smeraldo