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            L’irokó
            è l’albero più maestoso tra quanti se ne trovano nella terra di
            origine degli yorubá (che coincide grossomodo con l’attuale Benin):
            nel più vecchio di questi alberi abitava Irokó, per questo motivo
            chiamato spesso “l’orixá-albero”. Onorare questa divinità
            significa tenere in considerazione la tradizione, gli avi, il
            proprio sangue, insomma; mancargli di rispetto invece significa
            incorrere in guai molto seri! Un pai de santo racconta che
            nel momento esatto in cui tagliò l’albero consacrato a Irokó che
            si trovava nel cortile del suo terriero, perché le sue radici
            minacciavano una delle case, sua madre morì improvvisamente.
            Secondo altri, se si taglia un ramo a un albero sacro, questo
            comincia a sanguinare e l’autore del sacrilegio viene fulminato
            all’istante. In effetti si raccontano numerose leggende sul
            carattere vendicativo di Irokó, come la seguente.  In
            un villaggio in cui da tempo non nasceva neppure un bambino, le
            donne decisero di rivolgersi a Irokó: si unirono in cerchio attorno
            all’albero sacro voltando le spalle al tronco (dato che chiunque
            osasse guardare in faccia l’orixá impazziva e moriva) e
            implorarono la divinità di concedere loro un figlio, promettendogli
            in cambio, se fossero state esaudite, chi una capra, chi del mais,
            chi della frutta e così via. Una di loro, Olurombi, essendo moglie
            dell’intagliatore e non avendo quindi niente di tutto ciò da
            offrire, promise a Irokó il primo figlio che le fosse nato. Dopo
            nove mesi il villaggio si riempì di bambini e così le madri felici
            andarono tutte a deporre tra le radici dell’albero sacro le
            offerte promesse… tutte meno Olurumbi. Infatti lei e suo marito
            amavano troppo il bambino e non se la sentivano proprio di donarlo
            all’orixá. Per questo motivo la ragazza evitava prudentemente di
            passare vicino al grande albero. Un giorno però, distratta,
            tornando dal mercato passò proprio di lì, e subito lo spirito di
            Irokó le si parò davanti dicendole: “Tu mi promettesti il
            bambino, ma non hai rispettato la promessa!” e trasformandola in
            un uccello. Non
            vedendola tornare, il marito si preoccupò molto e cominciò a
            cercarla dappertutto e a chiedere se qualcuno l’avesse vista, ma
            sempre senza risultato. Venne tuttavia a sapere che tutti quelli che
            passavano vicino all’albero di Irokó udivano un uccello che
            cantava elencando tutte le offerte che erano state fatte dalle
            madri, e aggiungendo che solo colei che aveva promesso il bambino
            aveva mancato… L’uomo capì subito che l’uccello non poteva
            essere che sua moglie e perciò si mise a pensare come potesse fare
            per salvarla senza però sacrificare il bambino, che amava troppo. A
            forza di pensare, ebbe finalmente un’idea: andò nella foresta,
            scelse il legno più bello che riuscì a trovare e vi intagliò una
            copia perfetta del figlio; lo vestì con gli abiti più belli e lo
            portò a Irokó, il quale accolse con gioia il bambino che sorrideva
            sempre allegramente e soprattutto non si spaventava come tutti gli
            altri quando i loro occhi si incrociavano. Prese in braccio il
            bambino e, cullandolo, si mise a cantare e a ballare felice.
            Dopodiché, ritenendo finalmente rispettata la promessa, liberò
            dall’incantesimo Olurombi che finalmente poté rientrare a casa,
            tornata nuovamente donna.  Come
            si può facilmente dedurre da questo e altri miti che lo riguardano,
            Irokó è strettamente associato alla fertilità; del suo
            identificarsi con l’ancestralità si è già detto, ma questo orixá
            rappresenta anche il legame tra Orun e Aiyé, il cielo e la terra:
            si racconta anche che quando cielo e terra litigando dettero origine
            a una terribile siccità, l’unico albero che fu risparmiato fu
            proprio Irokó che con la sua maestosità era l’unico elemento che
            univa i due mondi. Nonostante tutto quello che si è detto, il culto
            di Irokó non è molto diffuso in Brasile e i suoi figli (persone
            dotate di profonda intelligenza e senso di giustizia, che si
            appassionano facilmente, amici fedeli e generosi, ma nemici
            terribili) sono molto rari. Anche se nei terreiros si può
            spesso notare un albero con avvolto intorno al tronco, o tra i rami,
            un nastro bianco e con varie offerte deposte tra le radici, che
            rappresenta Irokó. 
 
 Caratteristiche Saluto:
            Irokó issô!Dominio: grandi alberi, foreste
 Axé: Ancestralità, clima
 Giorno della settimana: martedì
 Colore: bianco
 Simbolo: gameleira (ficus religiosa)
 
 
     
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