Orfani di mestre, uniti dalla capoeira

Due gruppi di Bolzano fraternizzano
e si recano insieme allo stage di Perugia

 

di Barata (Matteo Brida)

 

BOLZANO, NOVEMBRE 2002 

Per noi la Capoeira è stata una bufera in un bicchier d'acqua. Energie e iniziative di questo tipo non accadono spesso in questo grosso paese che è Bolzano. A trasmetterci questa passione è stato Cica, proponendoci questa "cosa" che fanno in Brasile. Nemmeno lui all'inizio ci ha spiegato che cosa fosse questa Capoeira, e più il tempo passa, più mi rendo conto del perché non ha perso tanto tempo a spiegarcela: è un'attività troppo complessa e avvolgente per poterla riassumere in poche parole. Ci ha detto: "cominciate a gingare", e poi il resto è venuto da sé. Molti hanno cominciato, smesso, ripreso, ma si capiva che la cosa non si sarebbe esaurita lì per lì. Per quale motivo? Ma perché finito l'allenamento ci scappa la bevuta, magari anche la pizza... e poi si canta, si gioca qua e là. "Che fai domani?", e il gruppo quasi diventa una compagnia. Ma mica finisce tutto qui: pensate che nello stesso momento la medesima cosa accadeva in un altro centro vicino a Bolzano: a 8 km di distanza, per l'esattezza. Sembra incredibile a dirsi, ma in una zona come Bolzano che sembra essere quanto di più lontano vi sia dal Brasile, si sono formati due gruppi di capoeira.

Come si sono conosciuti questi due gruppi? Alcuni di noi, presi dalla "febbre" della Capoeira o non potendo frequentare il corso regolarmente per motivi di lavoro, ma pur volendo imparare di più, si sono organizzati per frequentare altri corsi. E così è spuntato Son, istruttore dell'altro gruppo "Sul da Bahia". Molto bello è stato l'approccio che i vari elementi che ora formano il gruppo hanno avuto con questa disciplina. Da noi sono molto diffuse le arti marziali tipo il Karate o la Kick Boxing - gente che combatteva nelle prime rode e cose del genere. C'era da far capire che la capoeira è gioco e non combattimento, così come da spiegare a uno che ha fatto otto anni di Karate (ciao, Apache!) che deve schivare il colpo e non parartelo. Insomma: c'è voluta molta pazienza da parte di Cica per scaldarci e farci partecipare veramente a una roda.

La Capoeira ci ha molto coinvolto, e ora è un fenomeno che si sta diffondendo "a macchia d'olio" proprio per le caratteristiche che la differenziano da altre arti marziali. L'energia, la musica, il calore, il fatto di giocare e non competere: unire e non dividere... Città fredda, gente fredda, dicono di noi. Il nostro gruppo insieme al "Sul da Bahia" dimostra che non è così. Almeno non sempre. Gli scazzi ci sono stati, non possiamo negarli: "noi meglio di loro", "chi sono questi?"; "nostro gruppo, vostro gruppo", cose di questo tipo. Ebbene sì: sono entusiasta di comunicarvi che queste cose sono uscite fuori! Perché ve lo dico? Perché le abbiamo superate. Giocando Capoeira. Dimostrazioni, allenamenti, rode - e perché no -, serate qua e là fino ad arrivare al viaggio tutti insieme a Perugia.

Noi ai seminari eravamo già stati. Ricordo un giorno dell'anno scorso che Cica disse: "Quando tornerete da Roma non giocherete più la Capoeira di adesso". "Si, si...", pensammo. Aveva ragione. Movimenti nuovi. Giochi più tranquilli. Malandragem... Abbiamo mangiato, bevuto, respirato Capoeira per tre giorni. Una sbronza di Capoeira. E i postumi non ci sono ancora passati. Abbiamo visto che il nostro divertimento, la nostra energia, non era niente. E questa esperienza ci ha stimolato, secondo voi? Folgorato, dico io. Lo definisco il termine più adatto.

Con il "Grupo Soluna" avevamo già partecipato anche a Batizados (e anche ai festoni) e ci sentivamo in obbligo. Anzi: in dovere di far vedere che più si è, meglio è. Dividere un'esperienza così con altri ha reso l'esperienza stessa unica. A quando il prossimo raduno?  Prima del viaggio a Perugia, il nostro istruttore ha deciso di prendere un'altra via. Se n'è andato in un'altra città. Capire quello che si prova in questa situazione non è possibile se non ti ci trovi. Il sentirci "abbandonati" è stata, a mio avviso, una specie di "prova", dal momento che se in un gruppo si allontana un punto cardine si riesce a capire chi ha la Capoeira dentro, chi non molla e continua perché gli piace, perché se la sente dentro.

Molti di noi hanno cominciato ad andare "di là", nella palestra dell'altro gruppo. Ma abbiamo cercato anche di fare qualcosa di nostro. O meglio: abbiamo continuato a fare quello che abbiamo iniziato. Lo dimostra il fatto che tutt'ora abbiamo una palestra a cui appoggiarci, e regolarmente ci alleniamo, grazie all'aiuto che ci viene offerto da un istruttore del "Grupo Soluna" di Roma attraverso la posta elettronica. Ovviamente i progressi sono più lenti, non diventeremo dei "draghi", e comunque abbiamo tutto l'appoggio dei capoeiras "Sul da Bahia". Ma la cosa più importante, per noi, è e rimane quella di giocare Capoeira.