ANTICIPAZIONI

Roma de todos os sambas

L'Auditorium apre alla musica etnica e si prepara a ospitare
una rassegna brasiliana in collaborazione con il carnevale baiano

 

di Vesa Matteo Piludu

 

 

    Roma cidade negra. Il carnevale di Bahia trasferito all'Auditorium Parco della musica della capitale. Un samba-reggae che pervade l'archittettura d'avanguardia di Renzo Piano. Afro e axé nel nuovo santa sanctorum della musica italiana. E ancora: workshop di musica e artigianato, mostre fotografiche e di strumenti musicali, capoeira, acarajé e cucina baiana. Queste suggestive ipotesi si trasformeranno in realtà a inizio 2004, appena terminato il prossimo carnevale baiano. Già ne parlano Carlos Fuertes e Gaia Morrione di "Musica per Roma", profilando l'ipotesi di organizzare più festival all'anno, dedicati ciascuno a uno stato o a una particolare regione musicale e culturale. Intanto si possono godere il successo di "Sangeet Mela", rassegna di musica indiana tradizionale ed elettronica svoltasi dal 16 al 18 maggio scorsi. Per la prima volta si è visto un Auditorium veramente "aperto" a una prospettiva multiculturale, proprio come lo aveva pensato Piano. Grande affluenza di pubblico, anche grazie alla gratuità di alcuni spettacoli e dei workshop di sitar, tabla, artigianato tessile. Partecipazione della comunità indiana di Roma, che ha goduto di agevolazioni sui biglietti. 

Spazio alla multimedialità con immagini e suoni selezionati dal Vj DDG. Una mostra fotografica dedicata alla musica indostana, cucina indiana e un'esposizone di strumenti che ha fatto familiarizzare il pubblico romano con tanpura e sarangi. Un libretto che non si limita a spiegare distrattamente il programma, ma nel quale l'esperta Francesca Cassio ci spiega come il raga derivi dal sanscrito "ranj" (tingere) e significhi poeticamente «ciò che colora la mente di emozione». 

Infine i concerti, tutti di ottimo livello. Grandi i nomi della musica classica indiana: Ustad Rahim Fahimmuddin Dagar, che ha sviluppato una vocalità basta sulla segreta pratica del naad yoga, e Ustad Asad Ali Khan, straordinario esponente di dhrupad e rudra vina, strumento legato al tantrismo dall'origine attribuita al dio Shiva, divenuto raro per la complessità esecutiva. Shubna Mudgal, interprete straordinaria sia di canto classico Khyal che di contaminazioni con jazz e pop, nonché di famose melodie per il cinema indiano. 

Ma vi è stato posto anche per lo spettacolo più popolare di danze, funambolismo e farchirismo dei Dhoad Gyspi del Rajastan, che hanno fatto ballare i piccolissimi bambini accorsi nel pomeriggio di domenica. Di estremo interesse le stelle dell'Asian Underground anglo-indiano, che ormai non è più tanto underground e ha già conquistato il pubblico europeo e il nome di Asian Bhangra Bass. Si è presentato l'ormai acclamato dj-producer Talvin Singh, che però ha voluto proporre un set rigorosamente acustico. 

Alla Palma si è svolto il Bhangra Party decisamente più elettronico, con DJ Badmarsh, Dhol Foundation e Jonny Kalsi. Sorprendente poi l'incontro fra i vibrafono di Orphy Robinson e Cleveland Watkiss, voce jazz soul che sa integrare influenze ska e reggae con influenze afro e asiatiche. Hanno chiuso il festival gli State of Bengal, progetto che unisce il genio percussiovo del batterista Marque Gilmore alle invenzioni del basso di Sam Zaman. Il gruppo vanta collaborazioni col maestro di sitar Ananda Shankar e il successo di IC408, singolo che racconta sogni e paure sul volo Calcutta-Londra su cui si avventurano i giovani asiatici in cerca di fortuna nel Regno unito. 

Che volere di più? Che il festival non sia un caso isolato ma l'inizio di una serie di eventi che possano finalmente sprovincializzare Roma. Nonostante i festival estivi, la città è ancora al ground zero in materia di multicultura e cultura musicale altra o d'avanguardia rispetto Parigi e Londra. E che gli eventi possano provocare un avvicinamento sociale ancora da costruire fra romani e le ormai 125 etnie e nazionalità che popolano la città. Che anche la numerosa comunità baiana e brasiliana abbia un suo festival, un suo carnevale per far ballare e brillare di beleza negra la Roma più antica.