IL TACCUINO DI MAX

Un tuffo nel magico Interior

«Trascurare l'interno del Brasile è come fermare lo sguardo
sugli  occhi della  più bella  donna, senza  osservarla  dentro»

 

di Max De Tomassi

 


   
Amici di Musibrasil, mentre vi scrivo sto già pensando al prossimo viaggio. La destinazione è sempre la stessa: il Brasile. Un viaggio di lavoro, questa volta compiendo il percorso inverso a quello solito solcato da tanti anni: portare la musica italiana in Brasile. E' un paese che non mi tolgo dalla mente, le emozioni, pensando al passato, sono sempre vive e pulsanti; le esplorazioni, gli incontri, le nuove conoscenze musicali, il riposo...Viaggiando per lavoro si vede sempre poco, soprattutto se non si è impegnati a filmare documentari o reportage. Ciò che comunque resta nel cuore, come la visione di uno splendido paesaggio o l'avventurosa traversata di un fiume, sono i volti delle persone incontrate, la gente con la quale si è avuto a che fare, la disponibilità e la dolcezza dei tanti Fatima, João, Janaina o Chico. L'umanità di questa gente appartiene a tutto il mondo, basta soltanto voler scambiare con loro esperienze, parole e impressioni. Se il Brasile ha i suoi confini, la sua enorme distanza geografica dalla nostra realtà, la gente di questo paese mantiene intatta la sua bellezza, il suo incanto, ad ogni latitudine; a volte bastonati dalla lontananza, scotti dalla saudade, ma sorridenti, positivi, orgogliosamente brasileiros. Il Brasile delle foreste rigogliose e delle ricche sorgenti vive dentro di loro, così come l'immensa fauna e il tesoro nascosto nelle viscere della terra. Non esiste lo stereotipo dello spirito brasiliano, sarebbe sciocco voler generalizzare sul carattere di 170 milioni di esseri umani. 

Nella maggior parte dei casi la loro bellezza estetica, in altri semplicemente il loro sorriso o il velluto della loro pelle; tutto questo rende facile l'approccio, la comunicazione, in barba alla incomprensione linguistica. Si ha subito l'impressione di aver incontrato gente simpatica e gioviale. Le ricchezze più nascoste si scopriranno con il tempo e con una maggiore confidenza. Il vero tesoro è spesso dentro di loro e non hanno quasi mai paura di mostrarcelo. 

Se il viaggio non è però metafisico, conoscere il Brasile è un gran bel scarpinare. Da Nord a Sud e da Est ad Ovest ci sono posti ancora incontaminati, regioni inesplorate o almeno non toccate dal turismo. Anche le grandi città come Rio, Salvador e São Paulo hanno il loro fascino, se non fosse per questo le spiagge delle prime due e l'intensa attività commerciale della terza forse non basterebbero ad attrarre tanti visitatori. Lo stesso interesse viene suscitato da tutta la fascia costiera, da Belem a Porto Alegre; qui si incontra un Brasile con le sue diversità climatiche, sociali e culturali ma allo stesso tempo molto occidentale. Viaggiando con una troupe tv, un paio di anni fa, mi sono spinto verso l'interno alla scoperta di un paese diverso, molto più indio, molto meno da cartolina, molto grezzo ma anche molto pulito.
Siamo entrati da Bahia, la Roma negra, come dice Caetano Veloso, capitale mondiale del sincretismo, dove da secoli anche la gente di origine europea prega in africano. Si girava un documentario per la trasmissione "Alle Falde del Kilimangiaro", eravamo un gruppetto affiatato: Gianluca Di Furia amico e collega in "Brasil", Antonio Covato e Simone Belisario maghi dell'immagine, Massimo Cotto di Radio 1 Rai. La destinazione era il Parco Nazionale della Chapada Diamantina al quale si accede attraverso la città di Lençois a 450 chilometri da Salvador. Una vastissima area incontaminata al centro della quale si trova un maestoso altopiano caratterizzato da alte montagne come il Pico Barbado di oltre 2mila metri, numerosi canyon e grandi pianure, fiumi come il Paraguaçu e la sua affascinante cascata Da Fumaça, alta 400 metri. 

Nel 1800 si scoprì che l'intera zona era ricca di diamanti, da qui l'attributo Diamantina. Lençois è la base per l'esplorazione di questo territorio formato da colline e montagne, caverne e cascate d'acqua, fiori esotici e vecchie città rimaste ferme nel tempo dell'estrazione dei diamanti. La gente del posto è riservata ma cordiale, facemmo amicizia con ristoratori e contadini, camminammo per giorni risalendo torrenti e ricercando grotte dalle acque azzurre e limpide in cui i raggi di sole che filtrano dalla superficie, creano giochi di luce mai visti. Ogni cambiamento di paesaggio, per noi, era oggetto di stupore e meraviglia. Un pomeriggio la nostra giovane guida volle per forza portarci, al termine di una lunga giornata, all'interno di una foresta, percorrendo per alcuni chilometri un lungo sentiero. Desistettero tutti, soltanto io e l'operatore accettammo. 

Passo dopo passo ci chiedevamo, soprattutto Antonio lo faceva, dove Alexandre ci avrebbe portato, perché tanta insistenza. Lui diceva che ci saremmo divertiti, lasciandomi intendere che più che noi si sarebbe divertito lui. Chissà cosa aveva in mente il ragazzo, e perché non era anche lui, come noi, stanco di tanto camminare. Uscimmo dalla foresta trovandoci di fronte ad un grosso fiume che scendeva a volte impetuoso, a volte più calmo, a valle. Le sue acque erano scure, non melmose, ricche però di potassio e quindi simili ad un fiume di Coca Cola. Mi accorsi che Alexandre si era già tuffato in una piscina naturale. Che coraggio, pensai, non si vede il fondo, chissà quali animali potrebbero nascondersi lì sotto...

Antonio non era in vena di battute; piazzò la sua telecamera ed attese qualcosa. Il tempo di vedere il ragazzo venir fuori dalle acque e ci accorgemmo di un enorme larga e dolce discesa del fiume proprio sulla piscina a noi di fronte, alle spalle di Alexandre, come se una grande e liscia strada di marmo bianco, si tuffasse e sparisse dentro le scure acque del fiume. Facemmo in tempo a girare la lunga salita a quattro zampe del ragazzo sul margine laterale del letto del fiume. Di lui si notava soltanto il sorriso, anche se era quasi sempre di spalle. Arrivò all'inizio di questo lungo e regolare pendio, una sorta di scivolo naturale con una pendenza notevole, e si trascinò al centro dello stesso con prudenza. In pochi secondi era pronto a lanciarsi, seduto su questo monolito di marmo, reso ancor più sdrucciolevole da milioni di alghe nate dal dolce carezzar delle acque. Trattenevo a stento lo stupore, non avrei osato fermarlo, capivo che per lui era il premio per un lungo giorno trascorso a portare in giro noi gringos.
Iniziò la sua discesa prendendo in breve una certa velocità; in 30 interminabili secondi arrivò alla fine del lungo scivolo naturale, tuffandosi a gran velocità all'interno della calma piscina di acqua nera. Riemerse con una risata liberatoria chiedendomi subito di provare a buttarmi da quel gioco creato dalla natura. Ci pensai su ma poi mi tuffai; arrampicandomi anch'io carponi, lateralmente, cercando di non scivolare sulle alghe, mi chiedevo se era veramente il caso, per me, osare tanto. Con la responsabilità di gente che lavorava, padre di tre bimbi, titolare di un fastidioso e urbano mal di schiena: era necessario? 

Per un volta decisi che non tutto ciò che la vita ci mette di fronte deve essere affrontato meditando. Feci quello che avreste fatto anche voi, ciò che rifarei mille volte sentendomi di nuovo bambino, mi tuffai. Seduto sul cuscinetto creato da alghe ed acqua del fiume, senza nessun attrito, piombai come palla di fucile in questo laghetto di Coca Cola. Soltanto la pazienza di Antonio riuscì a convincermi che la notte stava per arrivare e che era il momento di tornare al villaggio. Il ragazzo così come all'andata, non disse una parola. Sembrava felice per i tuffi ma triste al pensiero della nostra partenza. Avrebbe voluto continuare a lavorare con noi, osservare dall'obbiettivo della telecamera le bellezze di casa sua mai osservate, finora, da quel punto di vista; forse cominciava a capire anche lui l'importanza delle ricchezze della sua terra, il magico fascino dell'interno del Brasile. 

Questo paese visto da dentro raddoppia la sua bellezza. Dal sud al nord, senza avvistare l'oceano ma navigando fiumi che sembrano mari, conoscendo popolazioni timide e gentili, dolci e profonde. Dalle pampas di Rio Grande do Sul alle Cascate di Foz di Iguaçu, dal Pantanal del Matogrosso do Sul, grande riserva di fauna nel cuore del continente sudamericano, all'incanto verde della foresta amazzonica e, fuori dall'acqua, in eterna siccità, il sertão del nordest. Tanti ci hanno parlato del Brasile, forse troppo di Rio, Salvador e delle città della costa. Trascurare l'interno è come voler fermare il nostro sguardo sugli occhi della più bella donna, senza voler osservare ancor più in profondità.