KYNEMA DO BRAZYL

Dall'estetica  della  fame  all'estetica  della
violenza: quarant’anni di cinema in Brasile 

(prima parte)

 

 

di Gian Luigi De Rosa

   

Anche se virtualmente ha avuto inizio il mese scorso con l’articolo Cidade de Deus: Uma arma na mão e uma idéia na cabeça, Kynema do Brazyl riceve il battesimo ufficiale in questo numero di Musibrasil.net. L’articolo di oggi ci serve ad introdurre un po’ meglio alcune questioni che riguardano il cinema brasiliano. Il punto di partenza di questa analisi è l’estetica cinematografica di Glauber Rocha, fondamentale spartiacque in un panorama cinematografico terzomondista come quello brasiliano, l’arrivo è il cinema brasiliano contemporaneo, la Nova Safra, una generazione di cineasti che dalla prima metà degli anni Novanta ha ridato vita alla produzione cinematografica in Brasile. Anche il titolo di questa rubrica vuole omaggiare il regista baiano, scomparso nel 1981, riprendendo la sua scrittura rivoluzionaria sia per i concetti sia per il linguaggio (gldr).

 

    Parlare degli ultimi quarant’anni di cinema in Brasile ci rimanda, come effetto immediato, all’opera filmica di Glauber Rocha. Nel titolo vengono compresi i limiti cronologici e tematici di questi quarant’anni, in cui la figura di Glauber (uno dei pochi cineasti brasiliani adoperatosi a mettere per iscritto la sua concezione cinematografica e non solo a realizzarla sul grande schermo) è il punto di partenza e di arrivo.

Nel 1965, Glauber presentava a Genova (V Rassegna del Cinema Latinoamericano, 21-30 gennaio) l'Eztétyca da Fome, la sua proposta per un cinema brasiliano e latinoamericano, ma soprattutto terzomondista. Tutta la sua discussione era  imperniata sul tentativo di dimostrare che negli anni Sessanta l'enorme lavoro compiuto cinematograficamente dal Cinema Novo serviva per liberare l'arte filmica brasiliana dal giogo neo-colonizzatore delle produzioni e distribuzioni hollywoodiane.

La "Fame" prima e la "Violenza" poi sono i due momenti fondamentali, secondo Glauber, per una presa di coscienza di una situazione generale di sottosviluppo in Brasile ed in America latina, non solo in chiave estetica e cinematografica, ma anche e soprattutto in chiave sociale:

«A fome latina, por isto, não é somente um sintoma alarmante: é o nervo de sua própria sociedade. Aí reside a trágica originalidade do Cinema Novo diante do cinema mundial: nossa originalidade é nossa fome e nossa maior miséria é que esta fome, sendo sentida, não é compreendida».[1]

 

La fame brasiliana è stata messa in scena dai cinemanovisti, da Vidas Secas a Os Fuzis, da Deus e o Diabo na Terra do Sol a Antônio das Mortes, da A Falecida a Terra em Transe, mostrando un Brasile fatto di antieroi che nascono, vivono e muoiono da miserabili. Un universo di personaggi e storie che, alla maggior parte dei brasiliani, non è mai risultato gradito, semplicemente perché sullo schermo si mostrava una società - la propria - triste, miserabile e soprattutto senza scampo. Negli anni Sessanta, le critiche al Cinema Novo venivano dalla destra, assuefatta al modello statunitense di film con gente ricca, belle case, automobili di lusso, e da una sinistra ortodossa, ancora legata all'utopia rivoluzionaria anche dopo il golpe dei militari nell'aprile del '64, che non comprese mai a fondo l'importanza del messaggio di rottura dei cinemanovisti prima e dei tropicalisti poi.

Dalla Fame alla Violenza il passo è breve:

Nós compreendemos esta fome que o europeu e o brasileiro na maioria não entende. Para o europeu é um estranho surrealismo tropical. Para o brasileiro é uma vergonha nacional. Ele não come mas tem vergonha de dizer isto; e, sobretudo, não sabe de onde vem esta fome. Sabemos nós – que fizemos estes filmes feios e tristes, estes filmes gritados e desesperados onde nem sempre a razão falou mais alto – que a fome não será curada pelos planejamentos de gabinete e que os remendos do tecnicolor não escondem mas agravam seus tumores. Assim, somente uma cultura da fome, minando suas próprias estruturas, pode superar-se qualitativamente: e a mais nobre manifestação cultural da fome é a violência.[2]

La violenza come più alta manifestazione culturale della fame, violenza non fine a se stessa, violenza come momento di affermazione della propria esistenza. Il colonizzato, nelle parole di Glauber, può utilizzare solo la violenza affinché il colonizzatore si possa accorgere della sua esistenza e della sua condizione di vita: «foi preciso o primeiro policial morto para que o francês percebesse um argelino»[3].

La violenza nel Cinema Novo è una violenza priva di odio, brutale come solo l'amore puro sa essere, diretta alla pancia, non cerebrale né contemplativa, ma profondamente viscerale. Pura nella sua essenza estetica. Ed è questo binomio fame/violenza la più grande eredità che il Cinema Novo ha lasciato al filone cinematografico brasiliano contemporaneo. Dagli inizi di Glauber, Nelson Pereira dos Santos, Walter Lima jr., Leon Hirszman, Ruy Guerra, Cacá Diegues e gli altri, sono cambiate molte cose: si è passati attraverso l'utopia rivoluzionaria degli intellettuali e degli studenti a cavallo degli anni Sessanta, c'è stato il golpe del '64, il giro di vite dei militari con L'AI5 nel '68, la riapertura nella seconda metà dei Settanta fino al lento ritorno alla Democrazia negli anni Ottanta, per giungere poi al momento più tragico per la cinematografia brasiliana e per tutto il Brasile, l'elezione di Collor de Mello nel 1990.

Per comprendere la produzione cinematografica attuale in Brasile e la sua rinascita dalla seconda metà degli anni Novanta, è necessario, però, dare uno sguardo a ciò che è successo dai primi due film di Nelson Pereira dos Santos, Rio 40 graus e Rio Zona Norte, rispettivamente del 1954 e del 1957, alle produzioni più recenti, e vedere quale eredità il Cinema Novo e il pensiero glauberiano hanno lasciato ai nuovi registi.

 

Uma idéia na cabeça e uma câmara na mão

Con l'inizio degli anni Sessanta s'interrompe il ciclo delle Chanchadas, film musicali che avevano reso famosi Mesquitinha, Oscarito e Grande Otelo, e fallisce miseramente il modello industriale della Vera Cruz di São Paulo. La Chanchada, il genere che ha segnato indelebilmente i due decenni precedenti ha temine nel 1959 col film O Homem do Sputnik che ne suggella la sua definitiva conclusione.

L’innovazione che il Cinema Novo portò in Brasile, importante tanto quanto l’assimilazione oswaldianamente antropofágica del discorso estetico del Neorealismo italiano e della Nouvelle Vague, fu la necessità di produrre film a basso costo, senza aver bisogno di tutta l'attrezzatura della grande industria cinematografica. Il tutto senza compromettere minimamente il risultato artistico e poetico.  Rio 40 graus di Nelson Pereira dos Santos è il film che segna l'apprendimento della lezione neorealista, ritraendo in modo crudo, reale e veritiero la miseria della società brasiliana.

Il Cinema Novo nasce contro le commedie musicali, la Chanchada, e contro il modello d’importazione nordamericana. I costi dei film sono bassissimi, il motto del gruppo è “un’idea in testa e una cinepresa in mano”.

Nelson porterà avanti il legame artistico col Neorealismo italiano anche in Rio Zona Norte, così come farà Roberto Santos in O grande momento (1958); ma ciò che segna il cinema di Glauber, attraverso l’allegoria e la discontinuità, è una messa in scena piena di rituali osservati dalla cinepresa in stile documentaristico. Attraverso differenti percorsi il Cinema Novo lavora sulle tensioni fra ordine narrativo e plasticità delle immagini, avendo come meta la messa in discussione di tutto ciò che era il cinema brasiliano fino ad allora. Tra i tanti film che segnarono il successo del Cinema Novo è d’obbligo ricordare O Pagador de Promessas di Anselmo Duarte (vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes nel 1962).

Le tematiche dominanti nella maggior parte dei film del Cinema Novo riguardano la realtà di un Brasile in cui sono acuti i problemi sociali, i conflitti rurali in zone “esplosive” (Nordest). Queste tematiche a volte erano importate direttamente dalla letteratura, è il caso di Vidas Secas, 1963, di Nelson Pereira dos Santos, tratto dall’omonimo romanzo di Graciliano Ramos. Il millenarismo religioso si affaccia, invece, preponderante nell’opera Deus e o Diabo na Terra do Sol (1964) di Glauber Rocha, mentre i problemi sociali di una realtà urbana, intima e solitaria sono presenti nella São Paulo di Noite Vazia (1964).

Alla fine degli anni Sessanta, da una serie di fenomeni artistici che avevano invaso la scena culturale brasiliana, sorge, grazie a Caetano Veloso e Gilberto Gil, il Tropicalismo, un movimento artistico e culturale che influenzerà le varie manifestazioni del paese. Terra em Transe (1967) di Glauber Rocha è l’elemento scatenante che innesca nella mente di Caetano la scintilla di una contestazione bilaterale, contro la dittatura militare e contro la sinistra ortodossa.

Il Cinema Novo e il Tropicalismo avranno molti punti di contatto, Macunaíma di Joaquim Pedro de Andrade (tratto dall’omonimo romanzo di Mário de Andrade) è la più alta espressione di questo connubio. Simultaneamente al Tropicalismo, alcuni registi brasiliani lavorano ad un progetto che prende vita dal Cinema Novo, ma che gli si rivolterà contro: il Cinema Marginal (Udigrudi a Rio e Boca do Lixo a São Paulo). L’ambiente in cui si sviluppano i film marginais è quello urbano, scompare il Nordest di Rocha e Pereira dos Santos, scompare la visione allegorica e quando c’è ha una forte valenza ironica, basti come esempio il cangaceiro di João Silverio Trevisan, in Orgia (1970), che è incinto e porta come emblema il simbolo della Volkswagen. La voglia di rottura si accompagna con la consapevolezza di impotenza da parte degli intellettuali e dei registi del cinema marginale, espressione di quella cultura underground che nel mondo e in Brasile abbracciò vari settori dell'arte. Tra i film che appartengono a questo movimento: O bandido da luz vermelha (1968) di Rogério Sgarzerla,  Jardim de Guerra (1968) di Neville d’Almeida e O anjo nasceu (1969) e Matou a família e foi ao cinema (1970) di Júlio Bressane.

 



[1] Glauber Rocha, A Revolução do Cinema Novo, Rio de Janeiro, Alhambra/Embrafilme, 1981, p. 30.

[2] Ibid., p. 31.

[3] Ibid., p. 33.