N.N. - DISPERSI E RITROVATI DELLA MUSICA BRASILIANA 

 

Ivinho e la "Nuit Brésilienne"

 

 

di Nené Ribeiro

 

Luglio 1978. Per la prima volta l’importante Festival Internazionale di Jazz di Montreaux dedicava uno spazio alla musica brasiliana. Andrea Midani, l’influente direttore della Warner, aveva programmato tre attrazioni: Gilberto Gil, musicista baiano e grande stella della serata; il complesso A Cor do Som, con il bravo Armandinho; e un illustre sconosciuto, scelto un mese prima in un concorso interno alla stessa major, riservato a soli strumentisti: Ivinho. E Ivinho fu il primo a salire sul palcoscenico, dando il via a un appuntamento obbligatorio per i principali artisti brasiliani, che in questi ventitre anni illuminarono la “Nuit Brésilienne” di Montreaux. Midani scommetteva sul talento del giovane chitarrista mancino - allora ventisettenne - ignoto perfino ad alcuni giornalisti brasiliani. Chi era Ivinho?

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Ivinho, al secolo Ivson Wanderley, si fece le ossa nei gruppi rock e post-tropicalisti della città di Recife, in particolare, l’Ave Sangria, che nel 1974 incise un interessante long playing. Dopo aver venduto 30 mila copie, l’album si imbatté nell’ottusità della censura del regime militare e fu tolto dal mercato. L’Ave Sangria traballò e parte degli elementi ritornò un anno dopo a Rio de Janeiro per partecipare al Festival Abertura della TV Globo, nella banda di  Alceu Valença. Del gruppo prendeva parte il paraibano Zé Ramalho. La canzone di Valença, “Vou danado pra Catende”, un’istigante repente elettrizzato, vinse il premio ricerca. Ivinho, chitarra solista del gruppo, continuò ancora per due anni con Valença, tra liti e discussioni. Il suo carattere irruento si fece subito notare. Durante una sessione di registrazione, scontento della perfomance di un collega, lanciò un violento calcio sulla cassa della sua chitarra di dodici corde, in cui si aprì un vistoso buco. Cresciuto nell’ascolto dei Rolling Stones, presto si stancò dalle forti influenze nordestine di Valença e durante una tournèe indossò provocatoriamente una maglietta con la scritta: abbasso il folklore! Valença, soprannominato da Zé Ramalho, “la Madre Superiora”, per il modo autoritario con cui faceva valere le sue opinioni, decretò subito la fine del loro connubio. In seguito, Ivinho prese parte alla banda del cantautore del Cearà, Ednardo, con il quale litigò, spaccandogli sulla testa un boccale di birra.

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In perfetto stile fricchettone - capelli lunghi, cappello alla Jimy Hendrix, jeans, sguardo serio -, Ivinho salì sul palcoscenico di Montreaux. Portava con sé la stessa chitarra di dodici corde bucata, vittima della sua furia in studio, denominata, affettuosamente, furiola; tutto ciò contribuiva ad aumentare la curiosità attorno a quell’anonimo personaggio. Senza guardare la platea, iniziò una serie d’improvvisazioni, come se un cieco repentista dei mercati aperti del nordest brasiliano incontrasse Ravi Shankar e dialogasse con John MacLaughin. Niente però eccedeva: la pulizia degli assolo suonava spontanea e non si perdeva in ovvie fusioni. Fu molto applaudito.

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L'esibizione al Festival fruttò cento dollari, un disco con il materiale registrato dal vivo e molto whiskey. Dopo Montreaux, il chitarrista si insediò a Rio. Fino a quel momento aveva sempre respinto l’uso delle droghe: il contatto con la babilonica notte carioca spezzò il suo fragile equilibrio emotivo. L’incisione di un secondo album non arrivò a buon fine. Il conseguente ritorno a Recife fu vissuto come una caduta. L’arrivo di una nuova fidanzata, che gli produsse un album – Caçador de Frutas – registrato accanto a suo fratello, Sinay Pessoa, non riscattò l’artista. Caçador de Frutas fu ignorato e presto fecero ritorno le sbronze e i ricoveri. La sua Fender Stratocaster bianca fu rubata e, poco a poco, svanì ogni ricordo della sua fugace carriera.

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L'ultima apparizione di Ivinho ebbe luogo in occasione di una festa per l’uscita in CD del LP dell’Ave Sangria, nell’ottobre del 1999. La sua esibizione, si racconta, fu breve ed emozionata. Il suo talento genuino resisteva ancora: gli assoli erano essenziali e accorti. Forse nella camera buia del Texas Hotel, un’albergo a ore nel centro di Recife dove passa le sue giornate, arriva qualche barlume della rilucente notte brasiliana di Montreaux e illumina la sua delicata persona.