Recensioni CD

CLARISSA GROVA FELIPE RADICETTI

 

 

Super Lisa

 

ROSALIA DE SOUZA

Garota Moderna

 

AA.VV.

 

 

 

 

 

 

Beatles'n'choro

 

WILSON SIMONINHA

 

Sambaland Club

PAULO MOURA QUARTETO

Paulo Moura Quarteto

PILANTOCRACIA

Pilantocracia

 

 

 


Clarisse Grova / Felipe Radicetti - "Super Lisa"

distribuzione indipendente - 2002 - 47’55”' 
http://www.superlisaonline.com
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Clarisse Grova, con il solo nome proprio, aveva firmato uno dei dischi più belli della MPB degli anni ’90, “Novos Traços”, uscito nel 1997 per la defunta etichetta di Aldir Blanc, la Alma, e da Lui interamente scritto e pensato assieme a Cristovão Bastos. E’ quindi con immenso piacere e curiosità che abbiamo ascoltato questa sua nuova fatica, conclusa assieme a Felipe Radicetti, musicista di formazione classica che finora ha prevalentemente lavorato nel mondo della pubblicità. Per chi conoscesse il disco del ’97, diciamo subito che questo nuovo è stilisticamente molto diverso, assai più votato all’elettronica e attento alle sonorità che si sono in questi anni affacciate nel villaggio globale. Il disco si apre con Rude Pedra, un pop-rock incalzante che ricorda, anche nella interpretazione grintosa di Clarisse, lo stile della compianta Cassia Eller, o anche di Ana Carolina. Subito dopo abbiamo uno dei picchi qualitativi del disco, “O tal trem”, una specie di suadente drum’n’bossa post-tropicalista, che potrebbe ricordare certe cose di Arto Lindsay, ma con maggiore freschezza e allegria, in cui il testo, come tutto il disco, del resto, indica un ponte fra tradizione MPB e modernità (“..quem sabe dizer onde anda a saudade que o velho Vinicius deixou, quem sabe onde mora a felicidade que o Tom nosso mestre tocou..”). Subito dopo c’è “Marrento”, un brano di stile indefinibile, che comincia con una frase di piano memore di “Bananeira” di João Donato, e però muta subito in un linguaggio decisamente rock, con taglienti brevi riff ritmici di chitarra elettrica a fornire l’accumulo emotivo del pezzo. Un paio di brani dopo, incontriamo un altro dei vertici del progetto, “Senhora”, un tango del terzo millennio, drammatico, in cui la bellissima voce di Clarisse, fiammeggiante eppure ricca di sfumature di volta in volta cupe o leggere sostiene perfettamente le variazioni di atmosfera nonché le complesse digressioni melodiche, con cui Felipe Radicetti sembra ricordarci, con discrezione, la sua formazione di sperimentatore colto. Segnaliamo anche il pezzo seguente “Coração”, una bossa nova che sembra arrangiata da Brian Eno. A proposito di drammaticità, di rilievo anche “Um outro fado” (#10), in cui le atmosfere tipiche del genere si rifrangono contro il trattamento elettronico, con tastiere e sampling, di Felipe. Verso la fine del disco, troviamo poi “Import(ânsia)” (#12), un elettro-funk ricco di inserti jazz che è l’unico brano interamente composto da Clarisse, e poi la chiusura del disco, “Ternura antiga” (#13), vecchio brano di Dolores Duran riassemblato e trattato per l’occasione in chiave elettronica da Felipe Radicetti. Felipe e Clarisse indicano in questo progetto una via alla musica popolare brasiliana che metabolizza armoniosamente e elegantemente il linguaggio e l’approccio elettronico. Forse la saudade di Vinicius e la felicidade di Tom, oggi, abitano qui. 

(Mauro Montalbani)

 

 

Rosalia De Souza - "Garota Moderna"
Schema - 2002 - 61'35" 
SCCD 333
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Questo è il disco d’esordio per Rosalia De Souza, brasiliana da tempo in Italia, e la direzione artistica del progetto è interamente a cura di Nicola Conte, noto dj e musicista barese che ha contribuito non poco in questi anni a definire il paradigma estetico di quel ramo del jazz da ballo che più intrattiene rapporti con l’elettronica rivestita di Brasile. Il disco di Rosalia porta quindi le stimmate di queste premesse: interamente suonato da musicisti italiani, perlopiù molto bravi e perfettamente in sintonia con il progetto, è un prodotto molto curato e ripieno di gusto e amore per un certo tipo di musica brasiliana, che negli anni è stata celebrata da compilation come Brazilica, Break’n’ Bossa, Dancefloor Jazz, etc. La scelta stilistica di alternare cover di brani di repertorio e composizioni originali risulta essere azzeccata: il disco si apre con una versione ritmicamente molto tesa di “Maria Moita” di Carlos Lyra, per poi continuare con “Bossa 31”, che sembra presa di peso da “Jet Sounds”, l’unico disco, sinora, di Nicola Conte, che è anche autore del brano assieme a Pietro Lussu, che nel disco di Rosalia suona piano e organo. Le atmosfere sono molto debitrici anche di quell’ondata di musica da film anni ’60 a cura di personaggi come Morricone, Umiliani, Piccioni, etc., con quei coretti femminili che fanno subito pensare a certi film con Tognazzi o Gassman, di soffuso erotismo estetizzante o, alternativamente, di critica sociale in chiave di rapporti interpersonali, come nel capolavoro del genere “Metti una sera a cena”, cui non si può non pensare ascoltando ad esempio “Tempo Futuro” (#4), composta da Conte e da Rosalia. Tra le cover, segnaliamo perché raramente usata “Fica mal com Deus” (#7), di Geraldo Vandré, che riceve un deciso lifting ritmico, così come “Canto de Ossanha” (#6), in cui suona l’organo Sam Paglia. In sostanza, un disco di classe che non si limita ad essere esercizio di stile, ma piuttosto professione di amore. 

(Mauro Montalbani)

 

 

 

 

 

 

AA.VV.  - "Beatles'n'choro"
Deckdisc - 2002
11006-2
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Di ibridi musicali ne avevo visti e sentiti di tutti i colori (Bach con Pixinguinha, Coltrane brasilianizzato, Choro-reggae), ma questo è davvero inedito e sorprendente, a prima vista addirittura improbabile: interpretare le celebri song dei quattro di Liverpool secondo gli stilemi dello choro è un'operazione rischiosissima quanto stuzzicante, anche in un momento in cui il genere conosce una evidente rinascita e un rinnovato interesse di pubblico e critica. Onore dunque al grande veterano Henrique Cazes (produttore e virtuoso di cavaquinho) perché nelle sue mani il progetto diviene istantaneamente un capolavoro di eleganza e di buon gusto. D'altronde basta dare un'occhiata alla line-up dei partecipanti per cancellare ogni dubbio che si tratti di musica di altissima qualità: Carlos Malta, Paulo Sergio Santos, Rildo Hora, Alceu Reis, il quartetto Mahogani... Tutti nomi di classe superiore nel panorama della produzione strumentale brasiliana. E infatti sin dal primo ascolto l'album dispiega immediatamente il suo miracoloso equilibrio tra melodia, arrangiamento e perfezione di esecuzione. Vanno segnalate molte perle assolute, tra cui una raffinata "Something" con il bandolim di Hamilton de Hollanda in bella evidenza, una strepitosa "Blackbird" in cui Cazes duetta da brividi con Marcello Gonçalves (violao a sette corde) e il vorticoso clarinetto di Santos nella ironica "When I'm Sixty-four". Imperdibile omaggio al compianto George Harrison, svetta inoltre "When my guitar gently weeps", che le quattro chitarre del Mahogany trasformano in una struggente elegia per ventiquattro corde, con un suono di pulizia e purezza commoventi. Se un rimpianto c'è, è che il disco dura troppo poco e che in Italia difficilmente arriverà, a meno di non procurarselo faticosamente da un importatore di fiducia. Ma ne vale la pena, vi garantisco...

(Giangiacomo Gandolfi)

 

 

Wilson Simoninha - "SambalandClub"
Trama - 2002 -  
T004/584 - 2
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Continua l'avventura della Trama e continua in particolare l'avventura di Simoninha (alias Wilson Simonal Jr, membro degli ormai storici Artistas Reunidos), uno dei motori propulsivi dell'etichetta. Motore che, va detto chiaramente, sembra essere entrato decisamente in panne dopo l'esordio fulminante del primo lavoro solista. Che la notorieta' e il successo intossichino e davvero soffochino la creativita'? Fatto sta che questo "SambalandClub" convince poco e avvince ancor meno. Per carita', la voce elegante da crooner nostalgico e' sempre quella e la strategia di recupero di anni '60 e '70 rimane ben salda e concepita professionalmente, ma il progetto complessivo non decolla, funziona solo a tratti. Si ha l'impressione, per dirla tutta, di un CD un po' raffazzonato e privo di omogeneita', ricco di momenti godibili ma anche di riempitivi ingiustificabili. La composizione della tracklist di un album e' operazione delicata, paragonabile a un montaggio cinematografico: Simoninha sembra ignorarlo e alterna episodi gratificanti come il delicato Pot-Pourri "Ela e' carioca/ Samba do carioca" e il trascinante "Tributo a Martin Luther King" a brani insipidi come "Rei de Maio", "Essencia", "Barbarella 2001". Ombre e luci insomma: proliferano come al solito le "vinhetas" citazionistiche (ma perdono inesorabilmente mordente) e acquistano spazio interessanti tinte "gospel" ("Quem sou"); non manca il pop leggero e ben costruito ("Saudade Machuca" e "Mais um Vira-Lata") ma deborda e sbilancia il menu la lunghissima e francamente inutile intervista a Miele (tra l'altro esimio Carneade) in coda al CD. Era lecito aspettarsi di piu' da Wilson Simoninha, soprattutto in un momento in cui anche Jair Oliveira e la sorellina perdono visibilmente colpi. Era lecito aspettarsi di piu' in un momento in cui il "modello Trama" ha raggiunto la consacrazione definitiva di pubblico e critica e dovrebbe solo dimostrare continuità di rendimento e capacita' di conservare e espandere l'alto standard qualitativo. Per il momento si susseguono i (mezzi) passi falsi. Speriamo in meglio per il futuro.

(Giangiacomo Gandolfi)

 

Paulo Moura Quarteto - "Paulo Moura Quarteto"
What Music - 2002
WMCD-0032

Os Pilantocratas - "Pilantocracia"
What Music - 2002
WMCD-0041

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Che meravigliose sorprese sgorgano dal pozzo senza fondo del Brasile "vintage" anni '60! Le ristampe si susseguono ultimamente a ritmo vertiginoso, in particolare quelle dedicate al Jazz carioca, in un periodo che a buon diritto si puo' definire un'epoca d'oro del genere. L'etichetta tedesca What Music, in particolare, si sta distinguendo per il recupero di alcune perle nascoste della produzione di Paulo Moura, con sempre maggiore evidenza un gigante assoluto della musica improvvisata nel continente sudamericano. Gli originali, preziosi LP targati "Equipe", risalgono alla storica fase della collaborazione con un Wagner Tiso giovanissimo in versione pianista jazz e ritraggono un artista in crescita vertiginosa, un session-man lussuoso, solista incandescente e regista eclettico. Il Quarteto offre un saggio efficacissimo di jazz mainstream condito di reminescenze sambistiche, con la sezione ritmica di base composta dal roccioso Luiz Carlos al contrabbasso e dal brillante Paschoal Meirelles alla batteria, all'inizio di una carriera longeva e prestigiosa. Moura vola altissimo, tra un omaggio a Benny Carter e un trattamento cool di Johnny Alf, tra un Noel Rosa "West Coast" e un Bird in salsa carioca. Piu' idiosincratico e avventuroso il progetto dei Pilantocratas (stesso quartetto piu' una manciata di fiati eccellenti, tra cui Darcy Da Cruz e Oberdan Magalhaes) che si rivela immediatamente una leccornia strepitosa, un manicaretto di prima classe anticipazione dell'estetica antropofaga del tropicalismo. I "pirati" musicali presentano una scorribanda entusiasmante tra mille generi diversi, puntando su arrangiamenti deliziosi e su uno smagliante lavoro di gruppo che rifugge da eccessivi individualismi: si va da una "Cumparsita" suonata a la Quincy Jones a una fanfara ispano-messicana contagiosa e solare, da un soul-jazz con tanto di Hammond a un "Rosa" caymmiano dall'irresistibile swing sambistico (sic!). Splendida copertina pop-art, splendida musicalita', splendida testimonianza di indimenticabili e creativi anos dourados. Nel complesso, e senza esitazione: cinque stelle.

(Giangiacomo Gandolfi)