Il prefetto di Campo Grande in visita a Torino

André Puccinelli: «Lo sviluppo di Torino ci ha insegnato molto,
non solo in area politica e sociale, ma anche in quella urbanistica»

 

 

di Marina Beccuti

 

    Dal giugno scorso, Torino è un po' più brasiliana, dopo aver siglato un gemellaggio strategico con Campo Grande, capitale dello stato del Mato Grosso do Sul. I contatti tra le due realtà urbane sono stati avviati e portati avanti oltre che dai rispettivi politici e imprenditori anche da don Aldo Rabino, sacerdote salesiano da anni impegnato in Brasile in missioni di solidarietà. Nell’estate 2002 Campo Grande ospitò una delegazione torinese per sancire la firma definitiva, mentre pochi giorni fa, a fine gennaio, il capoluogo sabaudo ha ricevuto la visita dei rappresentanti brasiliani, con a capo Andrè Puccinelli, prefetto della capitale del Mato Grosso do Sul, persona aperta e di chiare origini italiane, come ci racconterà più avanti. Lo abbiamo avvicinato, tra una conferenza e l’altra, perché ci parlasse dei suoi primi contatti con la realtà torinese e della situazione attuale in Brasile.  

 

Quali sono state le prime impressioni che ha avuto in questo suo contatto con Torino?

«Questo viaggio di noi brasiliani a Torino, città solidale sia in tema di globalizzazione che di localizzazione, è un evento importante che ci ha dato l’opportunità di far conoscere le nostre esperienze e di confrontarle con quelle di altri paesi. Lo sviluppo di Torino ci ha insegnato molte cose, non solo in area politica e sociale, ma anche in quella urbanistica. Abbiamo imparato molto».

Sono già in atto alcune cooperazioni tra la vostra realtà e quella torinese?

«Noi stiamo lavorando da Campo Grande soprattutto nell’area delle concerie, abbiamo circa ventisette milioni di capi di bestiame, in tutto il Mato Grosso do Sul. Attenzione però a non confondere il Mato Grosso do Sul con quello del Nord: la nostra regione è più bella, abbiamo due milioni e centomila abitanti, di cui settecentomila sono localizzati nella capitale di cui sono sindaco. Ben quindicimila capi del nostro bestiame vengono macellati ogni giorno, oltre alla produzione di pellame. Non abbiamo ancora l’ovino e il caprino in quantità consistenti».

Quali sono le principali attività di scambio tra Torino e Campo Grande?

«Stiamo acquisendo il vostro know how per la conceria delle pelli e del futuro allevamento di ovini e caprini. Noi forniamo la manodopera e il prodotto-base che sono le pelli di bestiame. Un altro settore molto importante è la destinazione dei rifiuti: stiamo studiando la possibilità di realizzare un inceneritore per maggiore rispetto dell’ambiente. E proprio in questi due settori stiamo lavorando molto durante il periodo della mia permanenza a Torino. Quanto al progetto di smaltimento rifiuti stiamo arrivando ad una joint venture».

Cosa pensa in merito all'elezione del nuovo presidente del Brasile?

«Per prima cosa devo precisare che io sono un avversario di Lula. E' certamente una figura emblematica: è colto, ma non come Cardoso, però la sua figura contiene un aspetto importante come la sua provenienza dalla classe operaia e per questo la sua esperienza potrà essere utile per chi ha sofferto in seguito alle vicissitudini della vita, perché quel 62 per cento di brasiliani che l’hanno votato possano vedere concretizzata la loro speranza».

Cosa si sentirebbe di consigliare a Lula?

«I problemi si superano tramite lavoro, competenza e dedizione. E mi sembra che Lula di voglia di lavorare ne abbia molta. Speriamo che l’equipe che ha creato sia all'altezza della situazione e possa trasformare la speranza in fatti concreti. Personalmente ero tra coloro che consideravano quello di Cardoso un buon governo. Lula potrebbe approfittare delle iniziative positive abbozzate dall’ex presidente per metterle in pratica. Mi auguro che che riesca a incidere sull’esclusione sociale, che in Brasile è molto grave».

Difficile concludere senza chiederle della sua origine italiana. Ce ne vuole parlare?

«Molto volentieri: cinquantaquattro anni fa Andrea Puccinelli che vi parla è nato a Viareggio. Il mio primo anno di vita l’ho compiuto in Brasile, a Curitiba, capitale del Paranà. Negli anni successivi mi sono trasferito a Campo Grande, dove tuttora risiedo. Sono viareggino di nascita, ma ora a tutti gli effetti campograndese e vivo in quello che a mio parere sono lo stato e la capitale più belli del Brasile».

Non vi erano dubbi che il nostro interlocutore fosse di origine toscana, e non solo per via del cognome: nonostante tutta una vita in Brasile gli è rimasto un vago accento viareggino che emerge quando pronuncia la parola duecento, che suona con un bel dantesco “dugento”, inflessione indelebile nel Dna di tutti i veri toscani.