Lula obbligato a puntare al centro

Ancora debole il governo dopo la "campagna acquisti"
Un sondaggio indica urgenti le riforme lavoro e agraria

 

di Andrea Zeccato

 

     Il primo febbraio scorso si è insediato a Brasilia il nuovo Congresso Nacional. Si è proceduto innanzitutto all'elezione dei presidenti di Câmara e Senado e, in base agli accordi presi tra i maggiori partiti, sono stati rispettivamente eletti João Paulo Cunha (Pt), rappresentante dello Stato di San Paolo, e José Sarney (PMDB), ex-presidente della Repubblica e attuale senatore dello Stato di Amapá. Piuttosto ampie le maggioranze ottenute da entrambi, dato che il primo è stato votato da 76 senatori su 81, mentre il secondo è stato scelto da 434 deputati su 493 presenti; d'altra parte sia il PMDB al Senado che il PT alla Câmara sono i partiti con il maggior numero di eletti e ci si aspettava che riuscissero a trovare l'accordo sui nomi da votare. A fronte di una serie di iniziative dell'esecutivo che hanno suscitato molto interesse anche fuori dal Brasile (si pensi per esempio al rinvio dell'acquisto di dodici caccia militari, destinando invece i fondi alla lotta contro la fame o al provvedimento che prevede l'intervento dei genieri dell'esercito nella manutenzione delle strade, per non parlare del recente varo del programma "Fome Zero"), è stato necessario invece un notevole impegno da parte dei dirigenti del PT (e in particolare del ministro della "Casa Civil" José Dirceu) per cercare di allargare la base governativa alla Câmara, mentre all'interno dello stesso PT il neo-presidente Genoino e il ministro Palocci hanno dovuto iniziare ad affrontare le critiche dell'ala più radicale del partito, che non condivide alcune scelte di politica economica. 

Limitando l'osservazione al profilo politico-parlamentare, va ricordato che il governo di Lula, nonostante il notevole successo personale del neo-presidente, non è uscito dalle urne con una maggioranza confortante, specie in relazione al raggiungimento dei "quorum" necessari per il varo delle riforme costituzionali. Per questo motivo appare obbligato a perseguire una politica di alleanze, in particolare con i partiti centristi PMDB e PSDB oppure tentare di dividere il PMDB (che, tra i partiti della coalizione di Serra, è, per la sua storia, il più esposto al rischio di scissioni), al fine di favorire la confluenza di deputati nei partiti di governo.

Subito dopo il primo turno elettorale (quando, cioè, era già nota la composizione del Congresso), nel sito Globo-online sono apparsi – a distanza di pochi giorni - due interessanti articoli che hanno posto l'accento sui limiti del sistema elettorale della Câmara. Il primo articolo (dal significativo titolo "Sistema eleitoral em debate") evidenzia i difetti del sistema proporzionale a lista aperta, oggi vigente, dato che i seggi sono distribuiti non solo ai singoli partiti ma anche ai partiti che si collegano tra loro in un collegio, ciò comporta che in virtù dei voti ottenuti da un partito sia anche un altro a trarne beneficio. Il secondo articolo precisava che su 513 deputati solo 33 sono stati eletti con i propri voti, mentre tutti gli altri hanno tratto vantaggio dai collegamenti o dal recupero dei resti per ottenere il seggio. Appare chiaro quindi che i deputati eletti quasi solo in forza della matematica elettorale spesso non sono neppure ben conosciuti dagli elettori e finiscono con il diventare una "massa di manovra" per il governo, come afferma il professor Brasílio Sallum Júnior, sociologo della USP (Universidade de São Paulo), interpellato appunto da Globo-online: "Fica mais fácil para o Executivo fazer acordos manobrando essa "geléia", que não é nem conhecida pelo eleitorado. Por isso que no Brasil não há problemas de governabilidade, mas de representatividade." ("E' più facile per l'esecutivo manovrare questa specie di "gelatina", spesso non conosciuta dall'elettorato. Perciò in Brasile non c'è problema di governabilità, ma di rappresentanza").

Inoltre, a rendere più fluida ancora la situazione, concorre un altro fatto: per essere rappresentati negli uffici di presidenza di Câmara e Senado e nelle commissioni parlamentari, e soprattutto per ottenere spazi di propaganda gratuita in televisione, in Brasile fa testo la consistenza dei gruppi parlamentari dei partiti (o delle coalizioni) così come si presentano al momento dell'insediamento del nuovo Congresso. E' quindi prassi ricorrente, nelle settimane immediatamente precedenti l'inizio della legislatura (e fino alla vigilia della prima seduta della nuova assemblea), che si svolga una specie di "campagna acquisti" di deputati. Ovviamente ciò è avvenuto anche questa volta, anche se va segnalato che alcuni parlamentari – anche di maggioranza - si sono espressi contro questo comportamento, sostenendo la necessità che si faccia riferimento (come sarebbe ovvio) ai risultati elettorali per stabilire la consistenza dei partiti nel Congresso.

Quest'anno la "campagna acquisti" ha avuto per protagonisti principali i partiti centristi alleati del PT, i quali non solo hanno cercato di ottenere maggiore peso parlamentare, ma anche di portare altri consensi alla coalizione di Lula. I protagonisti sono stati quindi principalmente PTB e PL, in veste di "cacciatori", e il già citato PMDB, centrista anch'esso ma sostenitore dello sconfitto Serra alle elezioni, in veste di "preda". Per confrontare la situazione odierna e quella uscita dalle urne nell'ottobre scorso occorre a questo punto ricordare i risultati del 2002: i quattro partiti che hanno appoggiato Lula fin dall'inizio (il PT, il PL del vice-presidente Alencar, il PCdoB e il PMN) hanno ottenuto solo 130 seggi; a questi si sono però aggiunti quelli dei rappresentanti dei 5 partiti che si affiancarono a Lula nel ballottaggio, ovvero il PPS di Ciro Gomes, il PSB di Antonhy Garotinho, il PDT di Lionel Brizola, il PTB e il PV, per un totale di 89 seggi. Quindi la base governativa poteva contare su 219 seggi, ancora lontano però dai 257 della maggioranza semplice. A sua volta l'opposizione contava su 134 deputati definibili di destra conservatrice (PFL, PPB e PSL) e 9 di destra estrema; i restanti seggi furono così suddivisi: 6 a partiti minori di centro moderato, 71 al PSDB di Serra e 74 al PMDB. Data per scontata l'opposizione del PSDB, era proprio il PMDB a diventare l'ago della bilancia con i suoi 74 eletti, dato che fin dalla campagna elettorale non tutti i dirigenti del partito avevano espresso preferenza per Serra e, anzi, molti avevano chiaramente optato per Lula nel ballottaggio.

Al termine di complesse trattative, iniziate fin dai primi di gennaio (e riguardanti anche i presidenti e gli uffici di presidenza delle assemblee) il mosaico è stato composto, non senza strascichi che – in alcuni casi – potrebbero essere anche processuali (alcuni leader dei partiti che hanno subito defezioni minacciano infatti di ricorrere alla giustizia contro la suddivisione dei tempi di propaganda gratuita in televisione scaturita a seguito della "campagna acquisti"). Alla Câmara la situazione è adesso la seguente (ma altri piccoli spostamenti sono ancora possibili dato che non tutti i deputati sono ancora entrati in carica, sia perché va completata la verifica dei titoli elettorali, sia perché vi sono supplenze da attribuire): i quattro partiti della coalizione iniziale di Lula hanno adesso 139 seggi (PT: 91, PL: 34, PCdoB: 12, PMN: 2), gli altri alleati 114 (PTB: 41, PSB: 28, PPS: 21, PDT: 18, PV: 6) e ciò fa sì che la base governativa arrivi a 253 deputati; di conseguenza, le opposizioni sono state ridimensionate (il PFL passa da 84 a 76 seggi, il PMDB da 74 a 70 e il PSDB da 71 a 63). Nonostante l'incremento, però, il governo non ha ancora i 257 seggi sufficienti per la maggioranza relativa. 

E' appena il caso di ricordare che la maggioranza di Cardoso arrivò a 380 voti, ma che – nonostante ciò – non riuscì a far passare tutte le leggi che desiderava vedere approvate. E' quindi facile pronosticare che, per realizzare le riforme indispensabili, Luiz Inácio Lula da Silva, e soprattutto il suo più stretto collaboratore nei rapporti con il Congresso, ovvero il "negoziatore" José Dirceu, dovranno operare sul fronte parlamentare ricorrendo ancora alle doti di "equilibrismo" grazie alle quali è stato possibile formare la coalizione che ha vinto le elezioni. I prossimi mesi ci diranno se sarà possibile (e a quale prezzo) ottenere da parte del governo l'appoggio del PMDB (ed eventualmente di altri partiti) per attuare il programma elettorale e soddisfare le aspettative dei brasiliani che, secondo i dati del primo sondaggio realizzato dopo l'elezione di Lula (cfr. il sito dell'Estado del 29 gennaio 2003), indicano la riforma del lavoro come prioritaria - si esprime infatti così il 44% degli intervistati -, seguita a distanza dalla riforma agraria e da quella previdenziale, scelte dall'11 per cento degli intervistati.