Parole e immagini per riflettere

Le fotografie di Guido Turus in un volume ricco di
contenuti per riflettere su intercultura e volontariato

 

 

di Fabio Germinario

 

    La fotografia è spesso utilizzata come strumento di indagine e di denuncia in campo antropologico. Più raramente una ricerca fotografica viene accostata a testi di differenti autori con l'obiettivo di commentarne il contenuto, ma anche di estendere l'attenzione a temi trasversali a quelli suggeriti dalle immagini, fino a interrogarsi sull'uso e la funzione dell'immagine stessa. E' ciò che si propone una nuova collana dell'editrice "Esedra" di Padova, il cui primo volume, dal titolo "Ad occhi aperti - un viaggio tra intercultura e volontariato" è diviso in due parti: una sezione di testi seguita da un'altra, fotografica, con immagini scattate in Brasile, Mozambico, Albania e Italia dal fotografo Guido Turus. Il Brasile dunque come spunto, quasi incidentale, per parlare di intercultura, volontariato, formazione, infanzia, e del rapporto tra questi temi e la fotografia. "Il verbo fotografare - osserva Rinalda Montani, uno degli autori - ha un'etimologia greca e significa scrivere, disegnare con la luce. L'autore di fotografie disegna con la luce spaccati di quotidianità, di tessuti urbani, di ambienti, di volti che, come in un cantiere, riferiscono i vissuti esperienziali di persone e culture diverse che li abitano. E se il fotografo scrive, a noi spetta leggere". L'autrice fonda le proprie riflessioni sul "bambino come fruitore e protagonista della fotografia", tema di questa sezione, citando considerazioni sulla lettura delle immagini del fotografo e etnologo Roberto Roda e altre sulla comprensione del linguaggio visivo dell'educatore Mario Lodi.

La sezione testuale è ricca di spunti, citazioni, rimandi ai rapporti che l'immagine intreccia con la socialità, come nel capitolo dedicato a "Fotografia e intercultura", di Francesca Gobbo. Ma si sofferma a lungo anche sulla funzione del volontariato (come nel capitolo "La nostra vocazione è la novità", di Emanuele Alecci) e sulle sue relazioni con il campo educativo ("Volontariato come formazione", di Fabrizia Antinori e "Infanzia, educazione volontariato, di Ermenegildo Guidolin). La parte centrale della sezione, dedicata espressamente al Brasile, contiene un'interessante esposizione sul prezioso lavoro svolto dalle Ong (Organizzazioni non governative) e dal tessuto associativo nello stato di Bahia, a cura di Gianni Boscolo che è segretario esecutivo del progetto Agata Smeralda a Salvador, una Ong che si occupa di adozioni a distanza. E sempre di Brasile si parla anche nell'appassionato intervento di Raffaella Maioni, intitolato "Un pasto al giorno", nel quale si ricorda con lucidità che il Brasile conta circa 170 milioni di abitanti, dei quali 32 milioni sono miserabili, 54 poveri e 15 milioni sono i contadini senza terra; e che negli anni compresi tra 1992 e il 1998 si è verificato un forte aumento della concentrazione di ricchezza e di terreni, il 44 per cento di questi ultimi è tuttora nelle mani dell'uno per cento dei proprietari.

Nei libri fotografici i testi vengono di solito alternati o mischiati con le immagini, ma in questo caso la scelta è stata di riservare a queste ultime la seconda parte del volume, quasi a volerle caricare di significati e nozioni acquisiti dopo aver letto la parte testuale. Una scelta intelligente, che permette di osservare le foto proposte in condizione di maggiore consapevolezza e che produce nell'osservatore un fenomeno non si sa se indotto dalla volontà degli autori, ma certamente singolare: quello di sfogliare le immagini con la sensazione di essere osservati più che di osservare le figure, quasi tutte di bambini ripresi in primo piano nella quotidianità del loro ambiente. Immagini serene di una povertà non ostentata e neppure drammatizzata, e che per questo motivo lascia spazio alla riflessione. «Con queste fotografie Guido Turus ha dato prova di ben sapere cosa voleva cercare - annota la fotografa Rinalda Montani -; cercava le persone, ma cercare le persone significa anche mettersi in gioco verso la ricerca dell'altro perché, come scriveva Lev Tolstoj, "più vado a fondo in me, più mi apparento con gli altri». Una citazione che coglie, a nostro avviso, lo spirito di questo volume che riesce a interessare, a informare, ma anche a emozionare il lettore.