IL TACCUINO DI MAX

Gil, ministro del «Brasil profundo»

La nomina dell'artista a ministro della Cultura è una
svolta politica di riscoperta delle identità locali

 

di Max De Tomassi

Da questo numero Max De Tomassi inizia a collaborare con musibrasil.net. L'ideatore e conduttore di numerose trasmissioni radiotelevisive di successo sul Brasile, tra cui l'attuale "Brasil" in onda su Radiouno Rai tutti i venerdì dopo la mezzanotte, terrà una rubrica di personali notazioni sui più disparati aspetti di musica e cultura brasiliana.

 

    Il Brasile chiede passaggio. La nuova era politico-sociale di questo grande paese è finalmente iniziata. Nella passata gestione F.H. Cardoso, molti cambiamenti economici e politici hanno aiutato il Brasile a crescere per tenersi fuori dai gravi problemi che affliggono quasi tutti i restanti stati sudamericani. Ma adesso è il momento di una trasformazione sociale che livelli la grande ricchezza, mal distribuita e metta di fatto nelle mani delle classi più povere gli strumenti e i diritti di una democrazia autentica. Tra i ministri chiamati dal recentemente eletto Presidente Lula c’è un nome che ha sorpreso i burocrati più tradizionalisti: Gilberto Gil, un “cantautore” moderno, tra le più alte cariche dello Stato. Ma è nelle corde del Brasile l’elezione di un notissimo personaggio del mondo della musica e della cultura, uno tra i brasiliani più conosciuti al mondo. Tutto questo non dovrebbe stupirci più di tanto, abituati noi, profondi appassionati della sorprendente vitalità di questo popolo, a seguire i testi di Veloso e di Chico Buarque come veri discorsi politici alla nazione, a partecipare idealmente alle esequie di grandi nomi del mondo della musica del passato come a quelle di eroi nazionali. L’alto livello qualitativo della cultura musicale di questo paese, ha fatto si che il linguaggio delle canzoni, oltre che più compreso ed immediato, diventasse l’espressione del popolo e con esso camminasse da anni verso un forte cambiamento sociale, che ora sta definitivamente avvenendo. Non  solo per questo la nomina di Gil era scritta nel destino. Mai momento e candidatura furono più giusti: Gil è il simbolo del riscatto razziale: un nero di discendenza africana, nipote di schiavi. I suoi genitori laureati, quindi di cultura superiore, ma protagonisti di una dura lotta per poter esercitare la loro professione, quella di medico del padre Zeca, quella di insegnante di Dona Claudinha. Attraverso la musica ha conosciuto il mondo e il mondo ha apprezzato la storia delle sue origini e la sua Bahia, porta d’entrata della cultura africana in Brasile, un Paese diventato il simbolo della convivenza pacifica tra razze.

Gil che ha vissuto in Europa negli anni della dittatura militare, che parla perfettamente l’inglese, che conosce le usanze, il carattere e i gusti del popolo europeo così come di altre parti del mondo. Che viaggia da più di 35 anni, realizzando concerti  in tutti gli angoli del pianeta e segue con attenzione e partecipazione le nuove tendenze del mondo dell’arte, del cinema, della cultura in generale. Come dicono i brasiliani: «…agrada gregos e baianos…», andrà bene a tutti, perché da tutti è amato. «Senza di lui - dice Veloso - io non sarei diventato Caetano Veloso e il tropicalismo - uno dei più importanti movimenti culturali del Brasile degli anni 70 - non sarebbe esistito».

Molti anni fa, in epoca non sospetta, si rivolse agli I Ching chiedendo: chi sono io, realmente? La risposta dell’oracolo fu: il ricettivo che ha come immagine la terra e come attributo la devozione. Quali caratteristiche più idonee per un politico? La musica, la sua popolarità, il suo essere così sensibile, lo hanno portato ad interessarsi di questo già da alcuni anni. Nel 1987 è Presidente della Fondazione Gregorio de Matos, nella segreteria della Cultura dello stato di Bahia e promotore di importanti iniziative. Un anno dopo viene eletto deputato per il PMDB alla Camera dei Deputati di Salvador, lavorerà come presidente nella Commissione di difesa ambientale. Nel 1990 riceve dalle mani di Jack Lang, allora ministro della Cultura in Francia, l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere. Nello stesso anno rappresenta ufficialmente la Camera Municipale di Salvador nel Congresso Mondiale dei Governi Locali per un Futuro Sostenibile, promosso dall’UNEP (ONU), a New York. Nei suoi testi, poi, troviamo infiniti spunti per evidenziare la sua preoccupazione nel campo ecologico, scientifico, sociale.

L’obbiettivo principale del Presidente Lula, sconfiggere la fame che affligge l’enorme numero di poveri diseredati del Brasile, già fu trattato da Gil in "A Novidade", raccontando dell’improvviso arrivo di una sirena, su una spiaggia brasiliana: «...la novità era il massimo del paradosso, disteso sulla sabbia. C’era che desiderava i suoi baci di Dea, altri che desideravano la sua coda per cena…». Un cambiamento politico generale da anni atteso e annunciato nell’ “Eterno Deus Mu dança” gioco di parole per descrivere un Dio-cambiamento tanto auspicato: «Si sente che i ragazzi sono scontenti e che la “cosa” non può più rimanere così come sta. Si capisce la decisione della gente che vuole manifestare, ciò che la massa sente e vuole gridare: la gente vuole cambiamenti…». E a chi, in polemica con la sua elezione, scrive sul New York Times che nominare un cantante ministro della Cultura è come far arrivare Bob Marley al ministero della Cultura Giamaicana o Bruce Springsteen al comando della Fondazione Nazionale delle Arti degli Stati Uniti, Gil potrebbe rispondere, ironicamente, con un suo testo intitolato: Un samba provocazione: «…Bob Marley è morto, perché oltre ad essere negro era anche ebreo. Michael Jackson ancora resiste, perché oltre ad essere bianco è pure triste…».

Ma a questo Gil ha seriamente replicato: «Penso che dobbiamo liberarci dall’idea che la responsabilità del ministero della Cultura sia quella di produrre cultura. Il ruolo del ministero è quello di creare le condizioni affinché la cultura possa esser fatta, migliorata, funzionando come un ponte tra chi ne fa e chi la consuma». In un Brasile così vasto e in gran parte sconosciuto, al di là degli stereotipi ormai logori, sarà di importanza vitale mostrare al mondo e  agli stessi brasiliani, proprie caratteristiche ancora poco conosciute. Il gruppo di lavoro di Gilberto Gil sta portando avanti una chiara politica di riscoperta dell’identità locale, investendo nella cultura popolare, riesaminando leggi di incentivo, reintegrando espressioni dimenticate nella scoperta di un “Brasil profundo” tanto citato da Lula nella campagna elettorale.

Avrà molto lavoro il nostro Gil, ma siamo sicuri che sa già quale direzione prendere. Calcio e musica sono i più amati prodotti brasiliani d’esportazione ed anche quelli che con una seria gestione potranno dare i migliori risultati. Il Brasile si fa conoscere all’estero attraverso questi due biglietti da visita che richiamano milioni di turisti ogni anno. Un flusso del quale un Paese sotto lo sguardo di tutto il mondo, in obbligata ripresa, non può fare a meno. Come recita un suo testo: Ogni cosa avrà il suo tempo. Senza dimenticarsi che la fretta è nemica della perfezione e che per un artista così sensibile alle esigenze della sua gente non tutte le mosse del mondo della politica saranno comprensibili. Per non perdere il cammino sarà importante un suo verso: Minha ideologia è o nascer de cada dia. E minha religiao è a luz na escuridao (La mia ideologia è nel nascere di ogni giorno. La mia religione è la luce nell’oscurità).