L'ITALIA IN BRASILE

E' di 25 milioni la comunità italiana

Una nuova rubrica dedicata ai connazionali che hanno lasciato
il loro paese per dare un futuro migliore alle proprie famiglie

 

di Ana Paula Torres

(em portugues)

Questa rubrica che prende avvio insieme al nuovo anno ha come obiettivo quello di dare conto ai nostri lettori della migrazione oceanica nei confronti del Brasile realizzata dai nostri connazionali nel corso dei decenni. Tale obiettivo sarà perseguito all'insegna della fedele ricostruzione storica. Questo spazio intende però essere anche un appassionato omaggio a tutti coloro che hanno sofferto perché costretti a emigrare, ma senza perdere la speranza di assicurare una prospettiva di vita migliore alla propria famiglia. Attraverso racconti e testimonianze che raccoglieremo strada facendo, mostreremo quanto grande e speciale sia stata la "vittoria" di queste persone che ancora oggi continua a cogliere frutti e a essere motivo di orgoglio in Brasile. In questa rubrica vi parleremo di associazioni italiane, di insegnamento della lingua italiana, di pubblicazioni in italiano, di feste religiose, di gruppi folcloristici, di intere città italiane trapiantate o sorte in Brasile, ma vi racconteremo anche tante storie di vita vissuta dall'imponente presenza italiana in queste terre tropicali. Confidiamo nel vostro interesse, ma anche in contributi e testimonianze che potrete inviarci al seguente indirizzo: italia-in-brasile@musibrasil.net oppure alla nostra lista di discussione, a cui partecipano numerosi italo-brasiliani: musibrasil-subscribe@yahoogroups.com

 

   Alla fine della Seconda guerra mondiale l´Italia si presentava distrutta ed economicamente in crisi. Il paese non aveva più possibilità di assorbire la popolazione in età lavorativa e la disoccupazione era pertanto altissima. Si venne così a creare una carenza strutturale che causò la necessità di drenare l´eccedente umano spingendolo fuori dalla penisola. La politica ufficiale si prese l´incarico di facilitare l´emigrazione e di indicarla ai cittadini come un evento naturale ignorando remore etiche, sociali e politiche e favorendo una propensione psicologica ad abbandonare il paese. È necessario sottolineare che il trauma bellico e la paura di un nuovo conflitto contribuirono a spingere gli italiani a decidere di lasciare la loro terra di origine. L´emigrazione italiana verso il Brasile avrebbe avuto il sostegno finanziario degli Stati Uniti, che insieme alla allora Unione Sovietica cercavano di aumentare la loro influenza in Europa. Uno dei progetti statunitensi era proprio quello di far risalire l´economia delle nazioni distrutte dalla guerra e di promuovere l´esodo dell´eccedente della popolazione verso altri paesi. Sarebbero così continuati alcuni percorsi storici iniziati nel periodo della Grande Emigrazione (ultimi decenni dell´Ottocento e primi del Novecento) e che avevano come meta alcuni paesi, come quelli europei, gli Stati Uniti, l´Argentina ed il Brasile. Alcuni altri iniziarono in quel periodo a diventare meta delle destinazioni che sarebbero diventate tra le più note, come Australia, Canada e Venezuela. Dal secondo dopoguerra al 1976, si è registrato l´esodo di 7milioni e 500mila italiani contro 4milioni 319.560 rimpatri dei quali 3milioni e 500mila dalla sola Europa. Il Brasile ha ricevuto il 13 per cento del totale di emigrati dall'Italia di questo periodo, equivalente a 124mila unità. Nel 1950 è stato firmato il primo trattato migratorio tra Italia e Brasile, approvato dal parlamento italiano soltanto alla fine del 1951. Prevedeva due tipi di emigrazione: quella individuale, sulla la base di richieste di ricongiungimenti familiari oppure di offerte di lavoro in Brasile; e quella di gruppi e cooperative, soprattutto di destinazione agricola, per i quali il governo brasiliano finanziava il viaggio ed il soggiorno fino all'assunzione degli immigrati. 

A partire dal 1952 trasporto e assistenza dei lavoratori fu affidata al Cime (Comitato intergovernativo per le migrazioni europee), fondato a Bruxelles nel 1951 e sostenuto dagli Stati Uniti. Ancora nel 1950 fu creata la Compagnia brasiliana di colonizzazione e immigrazione italiana tramite i capitali sbloccati appartenenti al governo italiano, che acquistò terreni nello stato di San Paolo  iniziando un´esperienza di colonizzazione agricola. La colonia di Pedrinhas Paulista, pur tra difficoltà, riuscì a ottenere successo, ma altri analoghi tentativi non ebbero la stessa fortuna. Anche il vecchio modello di immigrazione presso le fazendas di caffè sarebbe fallito, mentre nel tessuto urbano l´entrata nel mercato lavorativo si rivelò più semplice, principalmente per tecnici e operai specializzati.

Se si tenta un paragone con il periodo della Grande Emigrazione, si può osservare che il flusso migratorio del secondo dopoguerra sarebbe stato più ridotto, pur non meno importante. Si evidenzia come gli immigrati degli Anni ´50 non siano riusciti a stabilire un buon rapporto con i concittadini appartenenti al flusso immigratorio precedente. I motivi di tale mancata integrazione sembrano essere di ordine socio-culturale e politico. I cittadini appena arrivati a destinazione furono considerati come causa della diminuzione del prestigio della madrepatria. Tra l´altro, i nuovi immigrati italiani possedevano un´etica lavorativa diversa da quella dei vecchi coloni veneti. I primi lottavano per i loro diritti ed erano visti negativamente dai secondi che erano residenti in Brasile già da alcuni decenni. Durante la Grande Emigrazione, gli italiani si stabilirono soprattutto negli stati meridionali del Brasile. Nel secondo dopoguerra, oltre al tentativo di una nuova colonizzazione agricola che peraltro riscosse poco successo, la maggior parte dei nuovi arrivati si sistemò invece nelle città del Sudest brasiliano, particolarmente a San Paolo e a Rio de Janeiro. I principali settori di destinazione dei lavoratori immigrati furono edilizia, industria meccanica, alimentare, mobiliera, manifatturiera, di trasporto e ristorazione, quest'ultima con spiccato indirizzo per la cucina regionale italiana. La grande differenza con il passato è che in quest'ultimo periodo si segnalò la presenza di piccoli e medi imprenditori giunti in Brasile con qualche capitale da investire. Essi si unirono e andarono a rinforzare quelle aziende italiane che dalla metà degli Anni ´40 si erano stabilite a San Paolo e Rio de Janeiro.

Successivamente l´Italia ha modificato completamente il suo ruolo nel campo delle migrazioni internazionali. Ha abbandonato quello di paese di emigrazione per diventare paese di immigrazione e ricevere oltre agli immigrati dell´Europa dell´Est e dell´Africa, molti cittadini di origine italiana a suo tempo emigrati in particolare in America latina, compresi molti italo-brasiliani. Per questi e altri motivi è impossibile pensare al Brasile ignorandone la presenza italiana. I nostri antenati italiani hanno contribuito a sviluppare questo paese e ai giorni nostri osserviamo come italiani e oriundi (che insieme contano in Brasile una popolazione rispettabile composta da circa 25 milioni di persone) ormai sparsi su tutto il territorio brasiliano continuano a contribuire alla crescita della nazione e sono inseriti nei più svariati settori lavorativi. Ma in ognuno di essi è rimasto il desiderio di mantenere legami affettivi e culturali con la terra d´origine. Particolarmente nell´ultimo decennio, il Brasile ha assistito a un´esplosione di italianità da parte dei cittadini italo-brasiliani che hanno il cuore diviso tra il Brasile e l´Italia.

 

 

 

 

 

 

 

(em portugues)

A ITÁLIA NO BRASIL

25 milhões de italianos e oriundos

nova coluna dedicada aos compatriotas que deixaram o
seu país para dar um futuro melhor às próprias famílias



por Ana Paula Torres

 

Esta coluna que se inicia junto com o novo ano, tem como objetivo falar aos nossos leitores da migração transoceânica para o Brasil, realizada pelos nossos compatriotas no decorrer de décadas. Tal objetivo será alcançado através da fiel reconstrução histórica. Porém, este espaço também será uma apaixonada homenagem a todos aqueles que sofreram por terem sido obrigados a emigrar, mas sem perder a esperança de garantir uma melhor perspectiva de vida à própria família. Através de histórias e testemunhos que recolheremos ao longo do caminho, iremos mostrar como foi grande e especial a "vitória" dessas pessoas, que ainda hoje continua colhendo frutos e sendo motivo de orgulho no Brasil. Nesta coluna, falaremos de associações italianas, de ensino da língua italiana, de publicações em italiano, de festas religiosas, de grupos folclóricos, de inteiras cidades italianas transplantadas ou surgidas no Brasil, mas também contaremos muitas histórias de vida vivida da imponente presença italiana nessas terras tropicais. Confiamos no interesse de vocês, mas também em contribuições e testemunhos que podem nos enviar ao seguinte endereço: italia-in-brasile@musibrasil.net  ou então, à nossa lista de discussão, da qual participam numerosos ítalo-brasileiros: musibrasil-subscribe@yahoogroups.com



   
No final da Segunda guerra mundial a Itália se apresentava destruída e economicamente em crise. O país não tinha mais a possibilidade de absorver a população em idade produtiva e, portanto, o desemprego era altíssimo. Criou-se assim, uma carência estrutural que causou a necessidade de drenar o excedente humano, enviando-o para fora da península. A política oficial ficou encarregada de facilitar a emigração e de indicá-la aos cidadãos como um evento natural, ignorando éticas incertas, sociais e políticas e favorecendo uma propensão psicológica para abandonar o país. É necessário sublinhar que o trauma bélico e o medo de um novo conflito contribuíram para que os italianos decidissem deixar a terra de origem. A emigração italiana para o Brasil teria recebido o apoio financeiro dos Estados Unidos, que juntamente da então União Soviética, procuravam aumentar as suas influências na Europa. Um dos projetos norte-americanos era exatamente aquele de reerguer a economia das nações destruídas pela guerra e de promover o êxodo do excedente da população em direção a outros países. Assim, seriam retomados alguns percursos históricos, iniciados no período da Grande Emigração (últimas décadas do século XIX e primeiras do XX) e que tinham como meta alguns países, como aqueles europeus, os Estados Unidos, a Argentina e o Brasil. Alguns outros iniciaram como meta de destino neste período, e se colocariam entre as mais importantes, como Austrália, Canadá e Venezuela. Do segundo pós-guerra até 1976, registrou-se o êxodo de 7 milhões e 500 mil italianos contra 4 milhões e 319.560 repatriações, das quais 3 milhões e 500 mil somente da Europa. O Brasil recebeu 13 por cento do total de emigrados da Itália deste período, equivalente a 124 mil unidades. Em 1950, foi assinado o primeiro tratado migratório entre Itália e Brasil, aprovado pelo parlamento italiano somente no final de 1951. Previa dois tipos de emigração: aquela individual, sobre a base de pedidos de reconstituição familiar, ou então, de ofertas de trabalho no Brasil; e aquela de grupos e cooperativas, sobretudo de caráter agrícola, para as quais o governo brasileiro financiava a viagem e a estadia até o emprego dos imigrados. A partir de 1952, o transporte e a assistência aos trabalhadores foram confiados ao Cime (Comitê intergovernamental para as migrações européias), fundado em Bruxelas, em 1951 e sustentado pelos Estados Unidos. Ainda em 1950, foi criada a Companhia brasileira de colonização e imigração italiana através dos capitais desbloqueados pertencentes ao governo italiano, que adquiriu terrenos no Estado de São Paulo, iniciando uma experiência de colonização agrícola. A colônia de Pedrinhas Paulista, mesmo com dificuldade, conseguiu obter sucesso, mas outras tentativas análogas não tiveram a mesma sorte. O velho modelo de imigração nas fazendas de café também faliria, enquanto que na malha urbana, a entrada no mercado de trabalho se revelou mais simples, principalmente para técnicos e operários especializados. Ao pretender fazer uma comparação com o período da Grande Emigração, pode-se observar que o fluxo migratório do segundo pós-guerra teria sido mais reduzido, porém, não menos importante. Evidencia-se como os imigrados dos anos 50 não tenham conseguido estabelecer um bom relacionamento com os compatriotas pertencentes ao fluxo imigratório anterior. Os motivos de tal falta de integração parecem ser de ordem sócio-cultural e política. Os cidadãos recém-chegados ao destino foram considerados como causa da diminuição de prestígio da mãe pátria. Além disso, os novos imigrados italianos possuíam uma ética de trabalho diferente daquela dos velhos colonos vênetos. Os primeiros lutavam pelos próprios direitos e eram vistos negativamente pelos segundos, que eram residentes no Brasil já há algumas décadas. Durante a Grande Emigração, os italianos se estabeleceram, sobretudo nos estados meridionais do Brasil. No segundo pós-guerra, além da tentativa de uma nova colonização agrícola que, contudo, obteve pouco sucesso, a maior parte dos novos imigrados se instalou nas cidades do Sudeste brasileiro, especialmente em São Paulo e no Rio de Janeiro. Os principais setores de destino dos trabalhadores imigrados foram: construção civil, indústria mecânica, alimentar, de móveis, manufatureira, de transporte e restaurantes, este último com destaque para a cozinha regional italiana. A grande diferença em relação ao passado é que neste último período, registrou-se a presença de pequenos e médios empresários, chegados ao Brasil com algum capital para investir. Esses se uniram e foram reforçar aquelas empresas italianas que desde a metade dos anos 40 tinham se estabelecido em São Paulo e Rio de Janeiro. Sucessivamente, a Itália modificou completamente o seu papel no campo das migrações internacionais. Abandonou aquele de país de emigração para se tornar país de imigração e receber além dos imigrados do Leste Europeu e da África, muitos cidadãos de origem italiana, em seu tempo emigrados principalmente na América Latina, incluindo muitos ítalo-brasileiros. Por estes e outros motivos é impossível pensar em Brasil  ignorando a presença italiana. Os nossos antepassados italianos contribuíram para desenvolver este país e nos nossos dias, observamos como italianos e oriundos (que juntos somam no Brasil, uma população respeitável, composta por cerca de 25 milhões de pessoas) atualmente espalhados por todo o território brasileiro, continuam contribuindo para o crescimento da nação e estão inseridos nos mais variados setores de trabalho. Mas em cada um deles permaneceu o desejo de manter laços afetivos e culturais com a terra de origem. Principalmente na última década, o Brasil assistiu a uma explosão de italianidade por parte dos cidadãos ítalo-brasileiros que possuem o coração dividido entre o Brasil e a Itália.