Fulgori e decadenza dell’"Era Cardoso"

La presidenza è stata solo una parentesi nella sua brillante carriera che oggi continua con un altro prestigioso incarico

 

di Raoni Guerra

    

    Questi ultimi nove anni sono stati come le montagne russe. Dall’euforia del “miracolo economico”, tra il ‘93 e ’97, al continuum di crisi che ne è seguito. “Il primo mandato di Cardoso è stato ottimo, abbiamo visto la fine dell’inflazione e l’aumento del potere d’acquisto, ma il secondo è stato terribile”. Chiedete a un qualsiasi brasiliano che non abbia particolari orientamenti politici (in Brasile sono la maggioranza) cosa pensa degli otto anni di governo FHC (Fernando Henrique Cardoso) e vi risponderà probabilmente così. In ambito economico poche volte “la voce del popolo è la voce di dio” (come si usa dire anche in Brasile). Negli ultimi quattro anni (e sicuramente anche nei prossimi), i brasiliani hanno pagato con altissimi interessi gli eccessi e gli errori commessi in campo economico durante il primo mandato di FHC. Il problema non è stato il "Piano Real", che ha frenato l’iperinflazione, ma le politiche economiche di supporto alla nuova moneta. Il bilancio generale è stato positivo. Ha segnato l’inizio di una nuova era più trasparente, democratica e governabile. Secondo gli analisti, è stata proprio la stabilità il maggior beneficio portato dal governo Cardoso. Stabilità economica (fino a ’98) e principalmente politica. Fino all’inizio del suo governo, la dittatura, l’impeachment e i movimenti bruschi dell’economia davano l’idea che il Brasile fosse una repubblica delle banane. Che i politici potessero fare ciò che volevano. Oggi il Brasile è visto dalla comunità internazionale come un paese più serio rispetto a quello che era dieci anni fa.

Anche la mentalità è cambiata, parecchio. Prima degli Anni ‘90 molti credevano che la corruzione fosse inevitabile, e fortunato era chi poteva godersela per diventare ricco. Un comportamento, quest'ultimo che era diventato una sorta di modello sociale. Oggi, con la libertà dei media (un lusso recente), multipartitismo e scontro di forze politiche, emergono più che mai scandali di corruzione (anche se l’impunibilità è ancora una realtà), ed il convincimento principale da parte dei cittadini è che l’uso indebito di denaro pubblico sia sbagliato e deve essere combattuto. E’ tuttavia paradossale che il governo FHC abbia funzionato nelle aree in cui è stato più criticato. Tra il ’93 e il ’95 i brasiliani che vivevano in estrema povertà sono scesi dal 20 al 15 per cento della popolazione, anche se poi non ci sono stati progressi. I ricchi  sono a loro volta diventati più ricchi e la classe media (come sempre) si è sacrificata. La mortalità infantile è calata grazie a programmi statali di salute. Sono aumentati anche il numero di abitazioni permanenti e infrastrutture sanitarie. Oggi il 97 per cento dei bambini tra  7 e 14 anni frequentano la scuola (una percentuale più alta degli Usa), grazie ad investimenti e programmi come la "Borsa Scuola". La riforma agraria è avanzata parecchio. Sono state insediate più di 600mila famiglie, un numero tre volte maggiore rispetto a quello degli ultimi 30 anni.

E’ l’area economica, però,  il calcagno d’aquila di FHC. In otto anni il suo governo è riuscito a raddoppiare il debito pubblico, e i soldi delle privatizzazioni (che sono state una vera svendita) sono serviti soltanto per pagare gli interessi. Nella sua storia recente il Brasile non è mai stato così indebitato e dipendente dal capitale estero. I dubbi che sorgono rispetto alla capacità del governo Lula di risolvere certi problemi, molte volte non vengono dalle perplessità circa la sua inesperienza, ma dalla gravità dello scenario complessivo.


Il “Piano Real”

Nato nel 1993, durante il governo d’Itamar Franco (il vice di Fernando Collor di Mello uscito nel ’92 da un impeachment) il “Piano Real” è stato architettato dall’attuale ministro dell’economia, il senatore (eletto con l’appoggio di Lula) Fernando Henrique Cardoso. Era il settimo progetto a partire dall’86 per combattere l’iperinflazione. Il piano è stato eseguito in tre parti: la creazione di un indice Urv (Unità reale di valore) che era aggiornato in sintonia con l’inflazione, di una moneta di transizione (il cruzeiro real), e finalmente l’implementazione del Real. Protetto da un capitale in dollari che ammontava all'8% del Pil (Prodotto interno lordo) e da una politica di cambio fisso, il real ha iniziato bene nonostante gli abusi di alcune industrie e commercianti. Prima del piano l’inflazione era al 10,445 per cento l’anno, ma a fine ‘95 era già sotto il 20 per cento.

All’inizio del ’94 la vittoria di Lula alle elezioni era data per certa. I candidati di destra e centrodestra non rappresentavano una minaccia. Nel ragionamento collettivo l’“errore storico” della scelta di Collor era un debito da pagare al Pt (Partito dei lavoratori, lo stesso di Lula). Ma ecco sorgere come dal nulla FHC, il cavaliere col cavallo bianco e dalla brillante armatura che ha sconfitto il drago dell’inflazione. Lula e gli altri canditati (tranne Quercia) hanno attaccato il neonato real. “Questi scemi che si lasciano imbrogliare”, così l'ex candidato Brisola ha definito coloro che credevano nel real. Una mossa che lo ha ridotto ai minimi termini alle urne. Cardoso era il candidato perfetto. Aveva stabilizzato l’economia. Tutti, dal più povero potevano osservare chiaramente il risultato della sua spinta quando andavano al supermercato o a fare benzina. FHC è anche uomo di cultura, che conosce tutto il mondo, un sociologo di nome internazionale che aveva insegnato nelle migliori università del vecchio e del nuovo mondo. Chi sarebbe stato più indicato di un sociologo, per risolvere i problemi sociali ? FHC è stato eletto il 3 ottobre al primo turno, prendendo più voti di tutti gli altri candidati insieme.


Dall’euforia alla crisi

Nei primi anni del real vi è stata un’esplosione dei consumi. I poveri, che sono i più colpiti dall’inflazione, potevano per la prima volta possedere un elettrodomestico e mangiare più proteine (1 chilo di pollo = 1 real). La classe media, xenofila per definizione, poteva consumare prodotti importati e fare le vacanze all’estero. Erano tutti in estasi. Con l’aumento dei consumi, il governo è stato obbligato ad aumentare le importazioni per evitare che tornasse l’inflazione. Ciro Gomes, ministro dell’Economia dell’epoca, ha spalancato le porte del mercato alle merci straniere. L’apertura graduale e strutturata dei mercati porta molti benefici, genera sviluppo e modernizzazione. Cina, Corea e Messico hanno considerevolmente aumentato il redito pro-capite negli ultimi dieci anni grazie a politiche di questo genere. Però si tratta di un meccanismo molto delicato e nel caso brasiliano è stato utilizzato in modo arbitrario e negligente.

“Questa storia di fare l’industria tessile in Brasile non è più possibile. Vada piuttosto alla Cina”. Per lo spavento generale Gustavo Franco (che occupava il ministero dell’Economia) ha risposto così alle richieste dell’industria, piuttosto soffocata dalla rapida apertura commerciale e dalla valutazione della moneta (che rendeva i suoi prodotti molto cari ai mercati esteri). Solo nel ’95 si è segnato un calo del 10 per cento nella produzione industriale. Come conseguenza è aumentata la disoccupazione, che da un 4,6 per cento iniziale nel ’95 è arrivata a sfiorare il 7 per cento all’inizio del ’96. Senza la possibilità di reagire e diventare competitive, molte industrie fallirono lasciando spazi ai capitali stranieri entrati in abbondanza. Un riflesso di questa congiuntura fu l’aumento delle rimesse di profitto all’estero, saltate da 2,7 a  7,1 miliardi di dollari tra il ’94 e il ’98.

L’apertura del mercato finanziario ha generato inizialmente l’illusione di sostenibilità del modello. Gustavo Franco dichiarava che il deficit nei conti correnti era un fatto positivo perché stava a significare che il Brasile importava capitali. Però “ciò che viene facile va via facile”, e nel susseguirsi di crisi dal ‘95 in avanti l’economia ha galleggiato nelle acque incerte della finanza internazionale. Il governo ha avuto più di un’opportunità di accorgersi della debolezza delle proprie politiche economiche. Nelle crisi del Messico nel ’95 e Asia nel ’97 vi erano sempre state grandi fughe di capitali. Nel ’98 però, con la moratoria del debito del governo russo, i paesi emergenti hanno perso la fiducia degli investitori/speculatori. Investire in questi paesi voleva dire rischiare, e per questo hanno iniziato a richiedere alti tassi d’interesse e a investire sempre più spesso con termini di scadenza più accorciati.

Molti analisti affermano oggi che l’insistere sul mantenimento di una grande riserva in dollari, su cambio (quasi) fisso e alti tassi d’interesse è stato la causa scatenante sia della crisi argentina quanto dei problemi brasiliani odierni. La mancanza della vecchia iperinflazione ha generato anche un contro effetto nei conti pubblici. La svalutazione attraverso l’emissione di moneta è stato uno dei meccanismi più utilizzati dal governo fino il ’94 per socializzare il debito pubblico. Questo accadeva perché il debito (che era sempre in valuta nazionale), era diminuito dalla svalutazione monetaria e dall’aumento delle imposte (che accompagnava ovviamente l’inflazione). Impossibilitato a fare questo “gioco”, l’unico modo per il governo di mantenere il livello delle spese era attraverso la contrazione del debito, che è saltato da 180 a 275 miliardi di dollari dal ’94 alla fine del ’98.


 

Debito Pubblico Netto


L’elezione della rielezione

Nel ’98, con una mossa di acrobazia politica, FHC dopo aver fermato Brasilia per due mesi, riesce ad approvare una legge ad hoc per rendere possibile la sua rielezione. “Cardoso pensa che in Brasile vi sia ancora la monarchia, vuole un incarico vitalizio”, dicevano i critici. Squadra che vince non si cambia, e quindi FHC ha venduto nella sua campagna lo stesso prodotto del ’94, la stabilità. Questa volta però la situazione era ben diversa. La crisi della Russia (e la conseguente fuga di capitale) generava grandi pressioni sulla moneta. La fine del cambio fisso sembrava essere l’unica soluzione. Ciò sarebbe però apparso come segno di debolezza che avrebbe potuto essere esplorato dagli altri candidati. A questo punto il governo FHC ha commesso uno dei suoi grandi errori: ha accettato, in un “pacchetto anti-crisi” pilotato dall’Fmi (Fondo monetario internazionale), un prestito di  30 miliardi di dollari per tappare i buchi e fare bella figura alle elezioni. Ecco come fu giudicata questa mossa dal New York Times nell’ottobre del ’98: “Purtroppo le politiche che formeranno il cuore del pacchetto – sopportando il sopravvalutato real attraverso prestiti del Fmi [...] – potrebbero condannare il Brasile a seguire l’Asia e la Russa in una grave depressione”. “E’ incomprensibile che siano le vittime a eleggere il proprio boia”, così Lula ammise anticipatamente la sua terza sconfitta. Dopo una campagna disarticolata del Pt e l’uso della “macchina statale” a proprio beneficio, Fernando Henrique Cardoso fu rieletto con il 53,06 per cento dei voti.


La fine della festa

Poco dopo l’insediamento, nel gennaio del ’99, FHC ha finalmente abbandonato il cambio (quasi) fisso. Diciamo "quasi" perché il Brasile -al contrario dell’Argentina dove esisteva la parità “dollaro = peso”-, manteneva il tasso del cambio attraverso la manipolazione della riserva in dollari, quindi in ogni caso vi sono state prima variazioni del 20 per cento. Alcuni analisti affermano che ciò ha salvato il Brasile da una crisi come quella Argentina, che ha liberalizzato il cambio soltanto nel 2001, quando ormai la situazione era insostenibile. La differenza tra i due paesi è anche strutturale. Il Brasile ha un’economia più forte e autosufficiente dell’Argentina. Il governo FHC non ha difeso una politica economica miope per cattiveria o per “regalare il Brasile agli Usa” come afferma qualcuno. Negli Anni ’90 abbiamo osservato la traiettoria d’ascesa e decadenza del modello così detto “neoliberale”, che ha portato cambiamenti profondi principalmente al mercato finanziario. Tra la rivoluzione tecnologica, l'Internet, le borse di valori che arrivavano ad altezze mai sognate, i discorsi conservatori di “crescita salutare” sembravano oltrepassati e reazionari. Pedro Malan e Gustavo Franco, protagonisti della squadra economica dell’era FHC, credevano sinceramente nel modello. “Confesso che pensavo fosse una politica possibile, però l’errore divenne chiaro” riconosce l’ex ministro delle Finanze, Marcilio Marques Moreira.
Gli Usa hanno certamente buona parte della colpa per le crisi internazionali dal ’95 in poi. Sono stati loro i principali divulgatori e finanziatori del “neoliberalismo” finanziario, attraverso Fmi e Banca Mondiale. Lo stesso Fondo ha poi riconosciuto il proprio errore. Nel secondo capitolo del suo ultimo “World Economic Outlook”, il Fmi ammette che il deficit nei conti correnti e nel cambio fisso (alcuni tra i principali dogmi della loro teoria) sono dannosi per l'economia.

Oggi ormai nessuno riesce a difendere FHC, tranne lui stesso. Nell’ultima riunione con i suoi ministri Cardoso ha fatto un breve ed umile discorso di 75 minuti in cui ha brevemente analizzato i suoi otto anni di governo nei quali, a suo dire, il Brasile è avanzato più che negli ultimi 30 anni. Il presidente della repubblica si presenta sempre come un’entità superiore, un carico che va oltre la persona in carne e ossa che è dietro a lui. Fernando Henrique Cardoso è un gentleman, un uomo di cultura, pieno di se stesso, e in qualche modo imbattibile. Quale buon schermista che è, anche sotto attacco ha sempre una risposta pronta e il sorriso sulle labbra (non vi fa ricordare qualcuno?). E’ stata un’era d’eufemismi. Per FHC non esisteva la fame, ma la denutrizione. E nemmeno la povertà, che è diventata nei suoi eccellentissimi discorsi “mancanza di risorse economiche”. “I Tucani (gli uomini politici del Psdb, partito dell’ex candidato Serra che faceva parte dell’alleanza di FHC, ndr) conoscono i poveri soltanto attraverso i libri. Sono miserabili da scaffale.” La critica del giornalista ed umorista Simão riassume bene la questione. La presidenza sembra sia stata per Cardoso soltanto un passo della sua brillante carriera, che senza fermarsi neanche un giorno continua oggi con un altro prestigioso incarico di consigliere Onu.

Riferimenti


http://www.imf.org/external/pubs/ft/weo/2002/02/index.htm
http://www.ibge.gov.br
http://
www.nytimes.com
http://
revistaepoca.globo.com/Epoca/0,6993,EPT359877-1662,00.html
http://
www.latin-focus.com/countries/brazil/braindus.htm
http://
www.bcb.gov.br/sddsi/sddsi.htm
http://
www.mtholyoke.edu/acad/intrel/brazimf.htm

"Brazil’s Election: can Lula finish de job" - The Economist, 5-11 Ottobre 2002