"Il mio sogno? Un disco con Guinga"

Barbara Casini racconta il suo Brasile

 

 

 

di Fabio Germinario

 

     Ai nostri lettori non sono certo necessarie grandi spiegazioni per capire chi sia Barbara Casini, nome caro a molti appassionati di jazz e di musica brasiliana. Verrebbe invece da chiedersi come sia possibile che un talento come il suo, sorretto da un'esperienza ultraventennale e da una sensibilità non comune, sia ancora praticamente sconosciuto, in Italia, al grande pubblico. Si potrebbe obiettare che i generi musicali nei quali si cimenta Casini sono troppo di "nicchia", inadeguati a un livello medio eternamente appiattito sullo standard sanremese. Però non si riesce a capire perché nomi di musicisti come Paolo Conte, Giovanna Marini e altri artisti italiani che in Italia non hanno grandi riscontri commerciali siano estremamente popolari in paesi come la vicina Francia, dove la musica non è evidentemente soltanto un modo per fare quattrini, ma un investimento che in genere ripaga, presto o tardi, degli sforzi effettuati. In fondo anche l'esperienza di Barbara Casini la dice lunga sul provincialismo italiano: pochi dischi realizzati (di cui uno per un'etichetta francese, guarda caso) a fronte di un repertorio sterminato; incertezza su chi pubblicherà il suo prossimo lavoro. Altri avrebbero già lasciato questo paese, dove molti direttori artistici e discografici occupano posti che non meritano. Lei invece continua con passione e umiltà a svolgere il suo lavoro. E va a cantare dove la chiamano. 

Il suo nome viene spesso associato alla musica brasiliana, che tuttavia riguarda solo una parte del suo vasto repertorio. Molti, però, ascoltandola per la prima volta, sono convinti che lei sia veramente brasiliana, a causa della sua grande sensibilità interpretativa e della sua perfetta pronuncia portoghese. Può raccontarci quando è scattato in lei questo amore, il giorno che ha scoperto di avere un' "alma brasileira"?

Sembra una risposta banale, ma l'amore per la musica brasiliana è scattato in seguito all'ascolto
dei dischi di Joao Gilberto, quella famosa folgorazione che a volte ti prende quando ascolti qualcosa per la prima volta, e soprattutto se questo accade da molto giovane (io ero una ragazzina all'epoca) con quella fame di musica, quella disponibilità alla scoperta e all'innamoramento. Poi proprio per questo innamoramento ho cominciato a cantare con un mio portoghese inventato le canzoni più famose, ho scovato i primi spartiti dove comparivano anche i testi e mi sono trovata incredibilmente a mio agio con la lingua portoghese, che forse si addice naturalmente al mio timbro di voce. E poi andando avanti la vita mi ha messo in comunicazione col Brasile in vari modi, poi ho incontrato quello che è stato il mio compagno per tanti anni, un chitarrista fantastico col quale ho lavorato per quasi 14 anni e col quale ho approfondito "sul campo", in numerosissimi viaggi, la conoscenza della musica e della cultura (e anche della bellezza della natura) del "continente Brasile". La mia anima brasiliana si è forgiata così, con la spinta dell'emozione e con la ricerca curiosa e appassionata durata tanti anni e mai finita.

C'è un momento preciso, una canzone, un episodio particolare che ricorda?

Forse il pezzo che mi ha - nella mia mente - "consacrato" alla musica brasiliana è "Corcovado" di Jobim. Appunto la prima canzone che sono riuscita a cantare con gli accordi veri e le parole vere. Faceva parte di quel mitico disco di Joao Gilberto con Stan Getz, criticato spesso dai jazzisti, ma che io ho ascoltato miliardi di volte imparando a memoria tutti i soli di Getz e cercando di imitare la voce di Joao, un riferimento interpretativo che porto con me tutt'ora come fomdamentale (parlo di Joao non di Getz!)

E questo suo amore è nato dopo un viaggio in Brasile?

Il primo viaggio in Brasile è stato proprio per andare finalmente a vedere e toccare il mio mito, respirare finalmente quell'aria, quasi un viaggio di iniziazione.

Quando ha iniziato a cantare? E' stato casuale oppure ci è arrivata attraverso lo studio di qualche strumento?

Ho iniziato a cantare in modo spontaneo, come si canta da ragazzi, però ho studiato qualche anno il pianoforte, ho imparato da sola a suonare  la chitarra e inoltre da bambina avrei voluto tantissimo studiare la batteria. Sicuramente avevo un temperamento musicale, amavo stare nella musica, facevo i cori con gli amici... le solite cose. Credo di avere la fortuna di avere abbastanza orecchio e un bel timbro naturale. Di fatto che quello che poteva restare un interesse secondario è alla fine diventato una delle cose più importanti della mia vita

Qual è il musicista brasiliano che preferisce in assoluto? E perché?

E' un po' difficile dirlo... In linea generale e guardando anche alla sua storia globale come compositore, poeta e anche uomo di cultura in generale, penso sia Chico Buarque de Hollanda. La sua personalità ha uno spessore assolutamente unico, la sua musica è meravigliosa e vera, scrive canzoni bellissime e testi splendidi, lo sento sincero e fedele a se stesso, inoltre si è sempre posto al servizio della cultura, evitando atteggiamenti opportunistici o snobbistici o da star. E poi la sua produzione è sconfinata, dal '66 a oggi non ha smesso di scrivere, con una percentuale di cose belle direi quasi incredibile (voglio dire, in così tanto tempo ci sta che un artista faccia qualcosa di mediocre, secondo me lui è riuscito a mantenere un livello altissimo sempre)

E qual è la voce femminile brasiliana a cui si ispira?

La più grande di tutti era e resta Elis Regina. E' stata lei il mio modello, assolutamente inarrivabile

Ci può parlare del suo primo gruppo "Outro Lado", con il chitarrista Beppe Fornaroli e il percussionista Naco?

Io e Beppe abbiamo cominciato a suonare insieme e a vivere insieme nell'81, dunque l"innamoramento" è stato il fattore che ha fatto nascere la nostra formazione musicale nella quale Naco è entrato naturalmente sempre sull'onda dell'entusiasmo e della profonda amicizia. Siamo per così dire cresciuti insieme, sperimentato, scoperto, amato insieme. Quel disco è un po' il riassunto di questa nostra storia. Poi la vita ci ha separato, anche tragicamente, e quell'esperienza resta una cosa unica, che non ho voglia di ripetere nello stesso modo con nessuno, perché secondo me tutti e tre eravamo insostituibili per quella cosa lì, poi ognuno ha fatto e farà cose bellissime per conto suo e con altri, ma quella cosa lì è irripetibile.

Che repertorio eseguivate a quei tempi?

Non erano pezzi originali, ma brani scelti col criterio del "meno è conosciuto meglio è", cioè col desiderio di andare a scavare nei meandri, fra gli autori più sconosciuti, fra i ritmi inconsueti, soprattutto nell'ambito della musica nordestina, e con arrangiamenti nostri che prendevano forma via via "sul campo" durante le serate (all'epoca suonavamo 6 sere su 7 nello stesso locale a Milano, cosa che oggi mi ucciderebbe, ma che allora ci ha permesso di dare forma a un repertorio personalissimo ed efficace). Musica di alta qualità e non concessioni alle cose più scontate, ma che di fatto poi aveva un largo successo di pubblico. 

Outro Lado è nato nei primi anni '80, ma soltanto nel '90 avete registrato il primo disco. Come mai?

Un po' di pigrizia, un po' la mancanza dei contatti giusti e l'incapacità a fare i manager di noi stessi. E forse anche immaturità: Chissà, se avessimo registrato prima non sarebbe stato un bel disco, o avrebbe contenuto delle ingenuità, o sarebbero emersi limiti tecnici. In conclusione penso che sia stato giusto così, è il risultato di tanti anni di lavoro e di rapporto umano di tre persone ugualmente appassionate e coinvolte.

E poi vi siete sciolti...   

Io e Beppe ci siamo separati come coppia e questo ha ovviamente creato delle difficoltà nella possibilità di suonare regolarmente (e serenamente insieme) Ma soprattutto Naco è morto e questo ha posto fine a tutto. Forse avremmo potuto fare ancora cose insieme, forse anzi in modo più creativo e meno simbiotico, ma lui non c'è più e perciò è inadeguato dire che il trio si è sciolto... Beppe ora abita a Sao Paulo e continua a suonare in prestigiosi locali con bravissimi musicisti, io ho fatto un cammino un po' diverso, sono rimasta meno "pura", canto jazz, canto cose italiane, faccio un miscuglio che mi piace moltissimo e che spero di portare ancora più avanti.

Poi, nel '92 ha formato il "Barbara Casini Quartet". Come è nata l'idea di questo gruppo?

Il Barbara Casini Quartet era formato da me, Stefano Bollani, Rafaello Pareti al contrabbasso e Francesco Petreni alla batteria. L'idea è venuta spontaneamente come succedono queste cose fra musicisti che si stimano e si sentono affini. Questo gruppo esiste tutt'ora con Sandro Gibellini alla chitarra al posto di Stefano, che ha spiccato il volo e non può dare una disponibilità regolare, sebbene fortunatamente io e lui continuiamo a collaborare in vari progetti, Enrico Rava è stato più volte ospite di questa formazione, e con lui ho inciso il cd "Vento", che in effetti vede Giovanni Tommaso al contrabbasso e Roberto Gatto alla batteria.

Anche lei come altri musicisti italiani ha inciso, e mi riferisco a "Vento" il disco che ha inciso insieme a Rava, per la prestigiosa etichetta francese Label Bleu. Si tratta di una scelta dovuta a motivi precisi o ritiene che le case discografiche italiane siano poco interessate al tipo di musica che propone?

Non è stata una scelta, è capitato che Enrico mi abbia messo in contatto con la Label Bleu e il produttore si è dimostrato interessato. In Italia forse è più difficile, forse no, io ho inciso tutti gli altri miei cd con la Philology di Paolo Piangiarelli che mi ha dato sempre un grande spazio, ma purtroppo la sua è una piccola etichetta con scarsi mezzi a disposizione, per cui non posso realizzare progetti più impegnativi dal punto di vista economico. Comunque sì, in effetti penso che all'estero ci sia più interesse e disponibilità per progetti basati sulla qualità e non sulla semplice vendibilità

Oltre a essere una grande interprete, lei è anche un'apprezzata compositrice. Quali i modelli, se ve ne sono, a cui si ispira?

Credo di risentire, ovviamente, dell'influenza dei compositori brasiliani,  ed è un fatto inconsapevole, ma del resto ho ascoltato così tanto questa musica che mi ritrovo automaticamente un certo modo di usare gli accordi, un 
certo andamento melodico... Per il resto non avendo studiato nè armonia né tanto meno composizione il mio modo di scrivere è fondamentalmente istintivo.

Il suo disco con Enrico Rava, "Vento", ha riscosso ampi consensi da parte della critica musicale. Ci può parlare di come è nato questo lavoro?

Come accenavo prima, Enrico fece ascoltare al produttore francese Michel Orier il master dei mio cd (non ancora uscito, e pubblicato in seguito appunto dalla Philology) "Todo o Amor". Lui rimase colpito dal mio modo di cantare e siccome non aveva interesse per un prodotto tipicamente brasiliano propose di fare un altro disco, non chiaramente identificabile come genere, che fosse semplicemente un disco di canzoni originali, con l'accompagnamento di un'orchestra da camera e con quel fantastico "cast" di musicisti di cui si parlava prima. Gli arrangiamenti per l'orchestra furono affidati a Paolo Silvestri, che io non conoscevo ma che aveva già collaborato più volte con Enrico, e che ha fatto un lavoro fantastico e col quale spero di continuare a collaborare per sempre...abbiamo già alcuni progetti nel cassetto, al solito ambiziosi e costosi, speriamo di trovare il modo di realizzarli prima o poi... 

Lei hai collaborato e sta tuttora lavorando con alcuni tra i migliori jazzisti italiani. Con quale di loro si è sentita maggiormente in sintonia?

Se si esclude Stefano Bollani che conosco da una vita e col quale c'è una sintonia perfetta e poi siamo amici... Certamente con Enrico Rava mi sono sempre sentita assolutamente a mio agio, per la naturale affinità musicale, per il suo modo "non da star" di rapportarsi con gli altri musicisti, ovviamente per il suo meraviglioso modo di suonare e infine, ma non meno importante, per il suo modo di essere. Poi mi è capitato grazie a Paolo Piangiarelli di fare un cd con Phil Woods, che non avevo mai incontrato personalmente. Penso che basti ascoltare quel disco per rendersi conto del clima che grazie a lui si è crato durante la registrazione. Un disco fatto in 4 ore, direttamente su Dat. Ha suonato in modo splendido con una disponibilità e un calore eccezionali che hanno messo me e Stefano Bollani completamente a nostro agio e nella disposizione d'animo migliore. Grazie!

Torniamo per un momento alla musica brasiliana. Con quale musicista le piacerebbe collaborare in uno dei suoi prossimi lavori? 

Se si escludono i sogni impossibili, parlo di Chico Buarque, vorrei fare un disco con Guinga, un musicista che da poco ha cominciato a essere apprezzato anche in Italia.

Perché proprio Guinga?

Perché è un compositore strabiliante che parte dalla tradizione per andare su un altro pianeta, creando una musica universale, bellissima e intrigante, qualcosa di diverso che va oltre le classificazioni. Lo stesso Chico Buarque lo ha definito il personaggio più interessante nella musica brasiliana degli ultimi 20 anni!  Inoltre collabora spesso con cantanti, e penso che i suoi pezzi si adattino benissimo alla mia voce.

Ci vuol parlare del suo futuro? A cosa sta lavorando in questo periodo?

A parte questa cosa di Guinga, che spero si possa definire in modo da iniziare a lavorare sul repertorio, ho in cantiere un nuovo disco di brani miei originali, per il quale ho previsto la seguente la formazione: il mio quartetto storico, più Gabriele Mirabassi al clarinetto e un quartetto d'archi (ho contattato il Turtle Island String Quartet, californiani, che sono entusiasti della mia musica) con gli arrangiamenti di Paolo Silvestri. Purtroppo fino ad oggi non ho trovato un'etichetta interessata a produrre questo lavoro, ma sono sicura che prima o poi riuscirò a realizzarlo... 

Ritiene che in Italia l'interesse suscitato dalla musica brasiliana sia in aumento?

Non saprei, direi che è un interesse oscillante. Forse oggi c'è un interesse più profondo, meno legato agli stereotipi, arrivano più dischi di autori importanti anche meno famosi, quindi forse c'è un interesse più "colto" e meno di consumo, e senza dubbio una maggiore diffusione.