L'anarchia di Rocha, padre del "Cinema Novo"

di Fiorano Rancati

Il 21 agosto 1981 in un ospedale di Rio de Janeiro moriva Glauber Rocha. Era stato male e ricoverato per gravi problemi polmonari una diecina di giorni prima a Lisbona e di lì trasferito in Brasile. La morte del regista chiudeva drammaticamente un anno di polemiche attorno al suo ultimo film "A idade da terra". Presentata al Festival di Venezia del 1980,  la pellicola aveva subìto stroncature e contestazioni, a cui Rocha aveva molto mal reagito, con veementi accuse a Louis Malle, vincitore con "Atlantis City" . La scomparsa chiudeva le polemiche e iniziavano le retrospettive e i riesami critici dell'opera di un autore che aveva contribuito a segnare un'epoca del cinema brasiliano e si era imposto meritatamente in ambito internazionale. 

Glauber Rocha era nato nei pressi di Bahia nel 1939 da padre cattolico e da madre presbiteriana. Di conseguenza dopo aver frequentato la scuola elementare cattolica si iscrisse al liceo presbiteriano. L'intensa educazione religiosa lo rese alquanto iconoclasta: cominciò ad occuparsi di cinema giovanissimo partecipando a 13 anni ad un programma radiofonico, "Cinema en close-up". Nel 1957 entrò in Università e cominciò a collaborare ad un giornale di sinistra. Iniziò anche "Patio", il suo primo film che terminò due anni dopo. Fu però "Barravento" a segnare la nascita del Cinema Novo brasiliano. Il film partecipò Al Festival di Karlovy Vary dove vinse il premio per l'opera prima: Era il primo apparire in un contesto internazionale di uno di quegli autori che negli anni a seguire avrebbe dato vita a un movimento tra i più incisivi in America Latina. Il Cinema Novo era frutto anche di un'effervescenza culturale dovuta anche all'apertura e alla fiducia che la vittoria di Joao Goulart (1961) aveva dato al Brasile che intendeva emanciparsi dai legami neocolonialisti.

Protagonisti di "Barravento" erano i pescatori prigionieri dei loro riti mistici, prima tappa di un itinerario attraverso la cultura mitica della sua terra. Rocha pubblicò nel 1962 "Revisão critica do Cinema Brasilero", tentativo rigoroso di reperire la continuità tra la tradizione e i nuovi linguaggi e contenuti: cominciò anche a girare "Deus e o Diabo na Terra do Sol" (distribuito anni più tardi in Italia con il titolo "Il Dio nero e il Diavolo biondo") che entrò in concorso a Cannes nel 1964 per proseguire nei Festivals di tutto il mondo. Il film affrontava i miti della cultura popolare del Nordeste, attraverso la figura leggendaria del Cangaçeiro, spezzando i canoni del realismo tradizionale e utilizzando con completa padronanza le lezioni dei grandi maestri (Eisenstein, Kurosawa) per rendere, compartecipandovi, l'immaginario collettivo del suo popolo.

 Nel 1965, dopo aver dato alle stampe "Un estetica della fame", uno dei manifesti più noti del Cinema Novo, realizza "Terra em transe", tentativo pratico di realizzare quel cinema che dovrebbe "far prendere coscienza al pubblico della propria miseria". In effetti è più un'opera  "tropicalista" il cui elemento di maggiore interesse è la musica di Caetano Veloso e Gilberto Gil. Cambiata la situazione politica in Brasile, "Terra em transe" fu oggetto di censura. Difficoltà Glauber Rocha riscontrò anche per "O Dragão da Maldade Contra o Santo Guerreiro" (In Italia conosciuto in un'edizione tagliata e rimontata con il titolo "Antonio das Mortes"), che riuscì comunque a terminare. Il film fu presentato a Cannes dove Rocha vinse il premio per la migliore regia. La pellicola continuava con maggior carica fantastica, e forse minor rigore, tematiche e contenuti di "Deus e..." e comunque consolidava la fama di un autore inquieto e coerente con le proprie scelte, più emotive che meditate.

Il regista era ormai di fatto esule, mentre in Brasile aumentava la repressione del governo militare. Gli anni 70 furono di vagabondaggio e di lavori disorganici, che meriterebbero un riesame critico accurato per comprendere appieno il percorso dell'autore e l'evolversi (o involversi) delle sue attenzioni e dei suoi linguaggi. In effetti già nei primi anni '70 Glauber Rocha cominciò a lavorare a "A idade da terra" quasi come a una summa in forma di immagini dell'insieme del suo pensiero esistenziale."Il film è un poema epico-didattico sulle contraddizioni socio-mistiche del mondo contemporaneo" fu la scarsa presentazione dl catalogo della Mostra di Venezia. Probabilmente il regista brasiliano pagò insieme l'irruenza narrativa non mediata della pellicola e il pregiudizio di chi lo accusava di essere tornato in patria troppo presto al richiamo di una dittatura militare che voleva mostrarsi aperta (altri, in verità, non molto tempo dopo lo seguirono). A vent'anni di distanza dalla morte, forse varrebbe la pena di rivedere con attenzione le opere di un regista che non si può non considerare grande quantomeno per novità di linguaggio e potenza dell'immagine. Peccato che in Italia le sue pellicole siano da anni introvabili.