R e c e n s i o n i   C D

Vinicius Cantuaria

2LPs em 1 CD

 

Gabriel O Pensador

SEJA VOCE MESMO NÄO SEJA SEMPRE O MESMO

 

ChicoBuarque Edu Lobo

CAMBAIO

 

 

Nazaré Pereira

BRASIL' FORRO'

 

Arnaldo Antunes

PARADEIRO

 

Vinicius Cantuaria 

2 LPs em 1 CD

BMG Brasil 2001

7432180310-2

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La ristampa di due lavori degli anni ‘80 di Vinicius Cantuaria nella collana “2 LPs em um CD” della BMG può essere un’occasione per valutare l’evoluzione di un’artista assurto ormai ai fasti di ambasciatore della MPB tra l’intellighentsia della musica d’avanguardia newyorkese. E’ stato Arto Lindsay a lanciarlo come un star nel panorama internazionale e da allora ha collaborato con gente come Ryuichi Sakamoto e Uri Caine, firmando lavori eleganti spesso tacciati di eccessivo intellettualismo. Ebbene, non si tratta di una personalità priva di passato: in Brasile si era fatto già notare per l’apprezzamento di veri big come Caetano e Chico che ne hanno interpretato varie composizioni. Per questo motivo mi sono accostato alla ristampa con un certo interesse, fiducioso di trovare almeno i semi del lavoro successivo in questi vecchi album. L’ascolto si è però purtroppo rivelato in gran parte deludente: se è ben riconoscibile l’”understatement” alla Joao Gilberto che caratterizza tuttora le quiete canzoni di Vinicius e un certo garbo compositivo in pezzi come “Gavea”, “Falso inglés” e “Cançao de Eveline”, è d’altronde francamente difficile tollerare la sciattezza degli arrangiamenti dedicati a un mercato nazionale e inesorabilmente datatissimi. In confronto i CD degli anni ’70 di Caetano e Gal Costa, per fare un esempio, suonano freschi come se fossero stati arrangiati ieri. Qui invece si respira un’aria dimessa e di tastiere e batterie elettroniche da pianobar di periferia che finiscono col compromettere irrimediabilmente l’interesse della scrittura musicale e del canto confidenziale di Cantuaria già in nuce. Unica eccezione la splendida “Chegou no vento” (non a caso con la partecipazione di Caetano) che è una piccola perla in un panorama complessivamente mediocre. Un po’ poco per consigliarne l’acquisto. 

(Giangiacomo Gandolfi)

 

Chico Buarque / Edu Lobo

CAMBAIO

BMG BRASIL 2001

74321873722

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E’ un omaggio all’inconsistenza e alla delicatezza del sogno l’ultimo disco di Chico Buarque e Edu Lobo, omonima colonna sonora  di Cambaio,  la piece teatrale presentata nell’aprile scorso che poco aveva convinto per gli eccessivi ammiccamenti alla commedia musicale americana. A differenza del musical,  tutto giocato sul ritmo delle percussioni e degli effetti elettronici creati da João Falcão sotto la direzione musicale di Lenine, nel disco si torna a respirare l’atmosfera sofisticata delle precedenti prove della coppia artistica, grazie anche agli arrangiamenti classicheggianti di Chico Moraes (che aveva già collaborato con gli autori nell’83 all’epoca di O grande circo mistico) e Edu Lobo, e alla partecipazione Zizi Possi, Gal Costa e Lenine. Tocca proprio a quest’ultimo aprire con il brano che dà il titolo all’album, elegantemente arrangiato e che per la sua carica esecutiva ricca di swing si differenzia dalla soavità che pervade il resto del disco. Segue Uma cancão inedita, il primo dei due brani cantati da Chico, una canzone d’amore costruita su un ritmo di valzer; mentre l’altro, Ode aos ratos, è un samba con influenze ritmiche nordestine. I momenti migliori coincidono con i brani cantati da Edu Lobo, A moça do sonho, e sopra tutto Noite de verão, quest’ultimo dalla melodia estremamente elegante: due composizioni di grande livello. Lobo è anche autore di due suggestivi brani strumentali: Quase memoria, ispirato dal romanzo omonimo di Carlos Heitor Cony, e il complesso A fabbrica, che  ricorda per atmosfere e costrutto alcune composizioni “classiche” di Heitor Villa Lobos. Di buon livello esecutivo ma meno significativi i brani interpretati da Zizi Possi e Gal Costa: il primo, Labia, dai toni smaccatamente hollywoodiani; il secondo, Veneta,  non inserito nel musical, ma scritto successivamente. Si conclude con Cantiga de acordar, brano che sembra essere stato scritto per far scorrere i titoli di coda, eseguito dagli autori insieme a Zizi Possi. Un disco imperdibile per gli estimatori di Buarque e Lobo e in generale dell’eleganza musicale in salsa brasileira, anche se meno significativo rispetto agli analoghi episodi di Opera do malandro e Grande circo mistico.

(Fabio Germinario)

Arnaldo Antunes 

PARADEIRO

BMG Brasil 2001

74321874262

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Personaggio complesso, poliedrico e in continua evoluzione, Antunes firma con questo lavoro una nuova fase importante della sua carriera di compositore e cantante sperimental-popolare e allo stesso tempo di raffinata voce poetica del Brasile contemporaneo. Il rocker dei primi tempi (quelli dei Titas e dei primi lavori solistici per intendersi) – un rocker metropolitano intellettuale e sofisticato alla David Byrne – è ancora ben presente in questo “Paradeiro”, ma come sottolinea la critica lusofona si raddoppiano i suoi sforzi di compiacere un pubblico sempre più vasto e pop, senza perdere con questo la propria identità artistica. Funzionale a questo approccio appare l’intensificata collaborazione con le “penne” più apprezzate del panorama brasileiro: Marisa Monte, che nella canzone che da’ il titolo all’album sfodera ancora una volta con felicissima ispirazione la sua immensa classe e sensualità vocale, e Carlinhos Brown, che collabora brillantemente in quasi tutti i brani. La dimensione della “poesia percussiva”, dichiarata cifra stilistica dell’artista paulista, appare particolarmente congeniale al suo nuovo compagno di avventura bahiano, che appare in grande forma e come galvanizzato dopo le recenti critiche e i malumori dei giornalisti musicali brasiliani. In “Santa” (“Sampa, Santos, Santa, Samba” canta Antunes con la consueta voce profonda e raschiante) si suggella la feconda collaborazione, alla ricerca di un sincretismo melodico e soprattutto ritmico tra San Paolo e le radici nere di Bahia. Piccole perle esemplificative del lavoro di ricerca tra parola e suono, della ricchezza di allitterazione e di intensità poetica, sono anche “Debaixo d’agua”, con il suo sound quasi liquido e evocativo, “Do vento” (“tudovemdoventodovemdoventovemtudo”), cantilena suggestiva e straniante, e la ballad dolceamara “Se tudo pode acontecer”. Ma il senso del nuovo lavoro lo riassume metaforicamente “Exagerado”, un classico di Cazuza rielaborato, ingentilito e reso acustico. Dal rock alla bossa nova senza revival nostalgici, guardando oltre, molto oltre.  

(Giangiacomo Gandolfi

Gabriel o Pensador 

SEJA VOCE MESMO NÄO SEJA SEMPRE O MESMO

CHAOS 2001

2-502505

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E’ buffo. Mentre Arnaldo Antunes cerca di traghettarsi verso la comunicativa più leggera e melodica del pop, Gabriel o Pensador percorre il cammino inverso. Dai culi in copertina di “Nadegas a declarar” (pessimo gioco goliardico di parole peraltro) al Gabriel bambino di “Seja vocé mesmo” che nasconde un animo “duro” da rocker tirato e impenitente. Ma è un’operazione di retroguardia, e a nulla vale chiamare alla produzione il solito Liminha (sempre più in crisi a quanto pare da quando saltella tra la Abreu, i Cidade Negra e Lulu Santos) e Chico Neves, o ospiti di lusso come Lenine. La ricetta è chiara, e altrettanto chiaramente ruffiana: aumentiamo le pagine di denuncia sociale (per lo più qualunquista e superficiale), costruiamo un sound che si rifa alla lezione del rap-rock nacional più cattivo e intransigente (dai Pavilhao 9 a O’Rappa più qualche spruzzatina di Naçao Zumbi), shakeriamo il tutto con un po’ di ironia ridanciana (alla Gabriel appunto) ed eccoti la nuova mutazione genetica del Jovanotti Brasiliano, meno buonista e più elettrico, tagliente, “scandaloso”. Be’, non funziona. Retroguardia dicevamo, che per giunta puzza di ipocrisia commerciale. E il “Seja vocé mesmo nao seja sempre o mesmo” suona più come una giustificazione a posteriori del trasformismo in malafede che come il manifesto di un sacrosanto impegno a sperimentare e cambiare in corsa. Certo, qualche episodio positivo si trova pure: “Hà” aldilà di una certa banalità è una parabola sarcastica che funziona e fa sorridere, “E’ pra rir ou pra chorar” indigna al punto giusto e “Brasa” chiama efficacemente in causa il già citato ottimo Lenine. Resta il fatto che si rimpiange il Gabriel o Pensador più leggero ma musicalmente più interessante e meglio arrangiato di “Quebra-Cabeça” (pur con tutti i suoi limiti e le onnipresenti cadute di stile). Alla prossima puntata, in cui lo troveremo magari in versione latina e salseira alla caccia di un pubblico sempre più vasto e acritico in nome del furbesco “nao seja sempre o mesmo”.

(Giangiacomo Gandolfi)

Nazaré Pereira

BRASIL, FORRO'

PLAYASOUND 2001

 PS 65251

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Gioia di vivere e solarità dei ritmi nordestini  condensati nell’ultimo disco di Nazaré Pereira, che sa cogliere il crescente interesse nei confronti del forró, danza popolare tra le più conosciute del Brasile. La cantante, nativa del Parà ma da tempo residente a Parigi, ha dedicato la sua ultima prova discografica ai generi musicali più in voga nel nord e nel nordest del paese, dal xote al baião, dal maracatù al carimbó, che vengono generalmente eseguiti durante feste all’insegna di allegria e sensualità. Il forró è indubbiamente il ballo più popolare, e ultimamente ha superato le frontiere della sua regione di appartenenza, apprezzato in tutto il Brasile - e non solo - da un pubblico di tutte le età e le classi sociali.  Il risultato di questa  ricerca è un disco estremamente piacevole, ricco di citazioni di autori come Luis Gonzaga, caposcuola indiscusso del genere, Humberto Teixeira, Ivan Cardoso e altri meno noti. La strumentazione utilizzata è quella tradizionale, con la fisarmonica di Zé do Norte in primo piano, la chitarra a 12 corde suonata da Manasses e una serie di percussioni tra cui spiccano zabumba e pandeiro. Tra i brani più interessanti si segnalano “Rodopiou”, un carimbó di Ivan Cardoso, dedicato a Pinduca, Verequete e Cupijó, tre compositori di questa danza amazzonica. Altrettanto godibile “O uirapuru”, di Waldemar Henrique, dedicata a un uccello raro dell’Amazzonia, il cui canto secondo la leggenda popolare porterebbe fortuna in amore. Accenti più tipicamente nordestini si ritrovano in “Que nem jiló”, di Luiz Gonzaga e Humberto Teixeira; nella “classica” “Baião in Paris”, dello stesso Teixeira; e in “Forroxote em Cariri”, una mescolanza tra i ritmi di forró e xote, brano di cui è autrice la Pereira. Il disco termina con “J’ai deux amours”, canzone resa nota da Josephine Baker, che interpretata da Nazaré in chiave nordestina assume un’atmosfera gioiosa, come del resto quella che si respira per tutta la durata del disco.

(Fabio Germinario)