Effetto Guimarães Rosa

di Fabrizia Clerici

 

Questa è la storia. Andava un bambino, con gli zii, a passare dei giorni nel luogo in cui si costruiva la grande città. Era un viaggio inventato nel felice; per lui, si svolgeva in circostanze di sogno. Uscivano ancora col buio, l'aria fina di odori sconosciuti.

Così comincia il primo racconto de "Le sponde dell'allegria" (Primeiras Estórias) di Joäo Guimarães Rosa.

Leggere Guimarães Rosa è per me come prepararmi per un lungo viaggio e poi andare, senza destinazione precisa. Andare. Comincio a organizzare la partenza. Solo uno zaino leggero: un talismano per quando mi perderò, qualche medicina, un quadernino e una matita, le scarpe più vecchie e comode, dei regali per i compagni di strada, qualche sacchetto per raccogliere la sabbia e la terra, e tanto spazio vuoto. Prendo in mano il libro, e l'avventura comincia.

Questo libro me lo sto rivivendo per la quarta volta in 9 anni. E' talmente intenso, quasi stordente, che lo maneggio con molta cautela. I panorami di questo viaggiare sono così tanta cosa che strada facendo devo fermarmi per poterli assorbire. Quando credo di aver assimilato tutto, mi accorgo che questi posti io lo ho già visti, queste persone già conosciute. E allora comincia un altro viaggio.

Quindi, sapendo già qual è l'effetto-Guimarães Rosa su di me, mi sono soffermata soprattutto su un solo racconto "Nessuno, nessuna". L'ho cominciato di pomeriggio, ma non lo riconoscevo, o meglio non mi riconoscevo, non riuscivo a ritrovarlo, a ritrovarmici dentro. L'ho ripreso in mano di notte, e tutto è andato che meglio non si può immaginare. Anche "Grande Sertão" mi ha accompagnato nel tempo, per qualche anno, ma solo ogni tanto di notte, perché era così tanto che se no diventava troppo. Penso  che Guimarães Rosa scriva sul tempo, sullo spazio e sull'essenza della vita, e con questo voglio dire che ci scrive proprio sopra, come se invece del foglio usasse il tempo e lo intravedo mentre ci passa sopra la sua penna, poi incrocia lo spazio e magari comincia una frase nuova, così incontra l'essenza delle persone, degli eventi e delle cose e ogni goccia d'inchiostro copre e svela contemporaneamente. Questa lingua tutta sua che ha inventato, questo ritmo di frasi brevi o lunghissime, a volte quasi senza senso in apparenza, ma con mille rimandi: immagini, sensazioni, ricordi, che arrivano sia in me che sto leggendo, sia a me che vivo, sia all'interno del racconto stesso. Le pagine scorrono, e non so più se è la mia vita che va avanti o il racconto. Lo leggo di notte, perché è lì quando tutto e le persone si confondono e si fondono insieme più facilmente, e magari stai sognando che a uno è successo qualcosa, un qualcosa che nella tua vita è successo identico a te, e allora viaggi a due dimensioni: perché ti ricordi come tu hai reagito nella tua esperienza, ti ricordi quali erano le tue sensazioni, e contemporaneamente puoi osservare e sentire quello che il tipo del sogno prova rispetto allo stesso evento che hai vissuto, e che inevitabilmente stai rivivendo come qualcosa insieme di vecchio e nuovo. Ti ricordi esattamente, ma non sai cosa, proprio come di nei sogni e nell'intensità dell'amore, quando riesci a vedere contemporaneamente dal di fuori e dal di dentro, quando senti di avere capito tutto, e non hai parole per dirlo.

Questo è l'effetto-Guimaräes Rosa su di me. Sei tu e non sei più solo quel tu. Sono io adesso, ma in un adesso che è insieme come ero e come potrò essere. Il tempo si mescola. Gli eventi si sovrappongono. Si cala nel mistero della profondità, che sia morte o vita, dolore o gioia poco cambia in intensità.

Si trascorre.

In questo racconto c'è la casa della fattoria, c'è un bambino, c'è un uomo, c'è una Ragazza. Che poi diventano Bambino, Ragazza e Ragazzo, Uomo, e donna, la Vecchina. I personaggi via via si incrociano, si sovrappongono, forse diventano uno solo, piangono, cercano, amano, ricordano, si separano e si ricongiungono, insomma vivono. Puoi pensare che il bambino sia il Bambino, e la storia prosegue. Se pensi che i bambini invece siano due diversi, prosegue lo stesso. Puoi credere che le poche frasi scritte in corsivo nel testo siano pensieri dello scrittore, oppure del Ragazzo, o ancora i ricordi della vecchia - anche se prima compaiono i ricordi e poi lei nel racconto. Comunque vuoi, il racconto fila lo stesso. Puoi leggerlo come vuoi, puoi addirittura decidere di leggere solo le frasi in corsivo: l'essenza del racconto non cambia mai. La sensazione ultima di realtà, anche senza un preciso e razionale riferimento a dei fatti, rimane sempre.

Mentre sto viaggiando, non so più dire se è un viaggio di andata o di ritorno, ma in questo preciso momento, dopo qualche pagina, capisco che è esattamente la stessa cosa, perché l'unica cosa veramente importante è se stai davvero viaggiando, esistendo, e nulla più.

E così finisce l'ultimo racconto del libro:

"Siamo arrivati, finalmente" disse lo Zio.

"Ah, no. Ancora no..." rispose il Bambino.

Sorrideva chiuso: sorrisi ed enigmi, i suoi. E veniva la vita.

O O O

João Guimarães Rosa - Le sponde dell'allegria - SEI  Società Editrice Internazionale - collana Varia - La quinta stagione - 1988 - £. 23mila