Adriano, un sogno chiamato Italia

di Marina Beccuti

 

 

Leite Ribeiro Adriano, più conosciuto semplicemente come Adriano, è giunto in Italia in punta di piedi, ma con la consapevolezza di aver già raggiunto un traguardo prestigioso. Anzi due: indossare la maglia dell’Inter, e giocare a fianco di quel fenomeno sfortunato di Ronaldo. Avevamo fatto conoscenza con questo giovane gigante attraverso un servizio sul Brasile proposto nel giugno scorso da una tv italiana. Il calcio come speranza per uscire da una favela, per spiccare il volo verso una sistemazione più decorosa, per dare una casa sicura ai genitori e ai fratelli. Pur rimanendo fedeli alle proprie origini, che un brasiliano non perde mai. L’Inter è  una società modello nella ricerca di giovani talenti, così ha aperto parecchie scuole di calcio nel mondo, in particolare in Brasile, dove centinaia di bambini vengono messi alla prova, alla ricerca di un talento da far emergere. Adriano, nonostante i suoi soli diciannove anni, è già considerato un futuro fuoriclasse, che necessita della massima tranquillità per maturare in pace. Non è ancora titolare, ma in quegli spezzoni di partite finora giocate ha già incantato la platea, come quel meraviglioso gol segnato su punizione nell’amichevole estiva al Santiago Bernabeu, contro le stelle del Real Madrid. In ogni partita che ha giocato ha messo in mostra numeri da esteta del calcio, che ci permette di dire: questo sarà un campione. E ora lo abbiamo avvicinato per conoscerlo meglio, grazie all’interesse dell’ufficio stampa dell’Inter.

Ci  racconti come sono stati i tuoi primi passi da calciatore in Brasile?

E’ stato un inizio molto duro, pieno di difficoltà  e umiliazioni, ma le cose poco a poco  iniziarono ad andare bene e io a migliorare. Con molta umiltà sono riuscito ad arrivare ad un buon livello. Credo che quando un risultato viene fuori da un sacrificio, ha più valore.

Quando hai scoperto di avere i numeri giusti per diventare un campione?

Ho cominciato a giocare in una escolinha, le scuole di calcio per bambini. Poi è venuto il calcio a cinque e infine il campo. Avevo successo, mia madre incoraggiava la mia passione, e allora ho deciso di diventare un buon giocatore e inseguire la carriera.

Sappiamo che molti giocatori brasiliani hanno problemi di carattere sociale e il calcio é un modo per sfondare e poter aiutare la loro famiglia. Come vedi questa situazione: solo il calcio (e magari la musica) possono dare speranza per emergere, o ci sono alternative ugualmente valide?

Non sono del parere che solo la musica o il calcio ti possano dare un futuro in Brasile; credo che qualsiasi cosa tu faccia con passione possa portarti dei risultati. La famiglia è molto importante, ma se Dio ti concede un dono, equesto non vale solo per lo sport, ci devi credere e provare. L'importante è amare quello che fai.

In Italia ti abbiamo conosciuto grazie a una trasmissione televisiva che si occupò proprio del calcio giovanile in Brasile, quest’ultimo messo in relazione proprio con i disagi sociali come alternativa di sopravvivenza. E tu sei stato indicato come uno dei giovani talenti emergenti: ti aspettavi qualche mese fa di approdare così presto in Italia e di importi subito all'attenzione degli addetti ai lavori?

No, era un grande sogno giocare in Italia, ma non immaginavo di arrivarci così presto: a soli diciannove anni sono all' Inter con grandi campioni come Ronaldo e Vieri, giocatori di enorme esperienza e molto famosi.

Ti ispiri, calcisticamente parlando, a Ronaldo, o hai altri modelli che vorresti imitare?

Ognuno si deve ispirare a se stesso, bisogna avere personalità  per giocare a calcio. E'  ovvio che se ammiri un giocatore cerchi il più possibile di imparare da lui, ma è sbagliato imitare soltanto.

Come è stato il tuo primo impatto con l’Italia?

L'Italia è un paese meraviglioso di grande storia e cultura. La gente è simpatica e accogliente: è stato veramente un impatto bellissimo e sarei felice di rimanervi.

Adriano è nato a Rio de Janeiro il 12 febbraio dell’82. E’ alto 1,89 e pesa 87 kg. E’ un attaccante. Le sue doti naturali sono l’agilità nonostante la stazza e la potenza; possiede un ottimo controllo di palla e un dribbling travolgente, che evidenzia la sua già acquisita maturità calcistica. Nel 1999 è diventato campione del mondo Under 17. Ha militato nella squadra più popolare brasiliana, il Flamengo, dove si mise in mostra in una partita in cui i rossoneri brasiliani stavano perdendo per 1-0. Entrato nel finale in cinque minuti segnò un gol e fornì tre assist per la vittoria. Il suo idolo è Zico, uno dei più portentosi numeri dieci mai esistiti.