"Primogenito" per Nené Ribeiro

Anteprima del primo disco "solo" del musicista,
che sarà presentato il 27 ottobre a Milano

 

di Fabio Germinario

 

Primo vagito, primo suono, primo pensiero
per primo, per principio, il primato dell’Amore:
il primo Amore, l’Amore odierno, 
l’eterno Amore: principio della Creazione
Emozione primaria, primitiva, primordiale
prima di tutto, tutta la Vita
il concepimento: disegno primario della Vita 
i figli: disegni donati alla Vita
Vibrazione primaria, primitiva, primordiale
in primo luogo, il primo luogo: il Brasile 
il Brasile: mio primo ritmo, un serpente di ritmi:
arcobaleno di genti, tradizioni, contraddizioni
Canzone primaria, primitiva, primordiale
Primogenito: canzoni, emozioni, vibrazioni. 

(Nené Ribeiro)

 

    Primo disco solista per Nené Ribeiro, musicista paulista da tempo in Italia oltre che giornalista, poeta, instancabile divulgatore di musica brasiliana e collaboratore di "musibrasil.net". Dopo "Coisas da terra", esperienza discografica del 2000 realizzata insieme al suo gruppo Kamané, il poliedrico chitarrista ha voluto condensare in un disco le canzoni composte negli ultimi venticinque anni, dai tempi del suo impegno politico e sociale a Brasilia dove ha abitato prima di trasferirsi in Italia fino ai brani scritti durante la sua permanenza a Milano, dove tuttora vive. E lo ha chiamato "Primogenito" dedicandolo al suo primo figlio cinquenne, Gabriel, del quale copertina e note interne del disco riportano alcuni disegni. L'album, realizzato insieme a numerosi parceiros brasiliani e non solo con i quali il musicista ha collaborato durante il suo soggiorno italiano, e che sarà presentato il prossimo 27 ottobre al Centro botanico di Milano, rivela un artista pacificato con se stesso e giunto alla maturità artistica. Attraverso il nuovo lavoro discografico Ribeiro ripercorre come in una sorta di psicoterapia suoni, umori e sensazioni che lo hanno accompagnato dalla sua giovinezza in Brasile attraverso i tempi difficili ma felici dei suoi primi anni in Italia, fino alle certezze famigliari e professionali degli ultimi anni. E nel chiudere felicemente il conto con la prima parte della sua vita artistica si affida alla musica, da sempre amica inseparabile, che nelle dodici tracce del disco cambia continuamente veste ritmica presentandosi sotto forma di samba-choro, maracatu, xote, samba enredo, bossa nova serenada, baião e persino in dolce ninnananna interpretata dalla voce di Rosa Emilia. A Nené Ribeiro abbiamo chiesto di parlarci del suo nuovo impegno discografico. 

"E' dedicato a mio figlio Gabriel -risponde il musicista-, che ha cinque anni e ha partecipato a modo suo disegnando le illustrazioni del disco. Il cd contiene tutti i miei brani dal '77 fino a oggi, ad eccezione di uno composto insieme a Gilson Silveira e Kal dos Santos. Canzoni che arrivano da lontano, che mi appartengono profondamente e che nel corso degli anni ho modificato presentandole ora nella loro veste definitiva. Una particolarità è data dal fatto che ognuna delle dodici tracce del disco si basa su un ritmo differente".

E' stata una scelta, oppure un caso?

Diciamo una scelta quasi involontaria, da deformazione professionale dovuta alla mia attività di conferenziere sulla musica brasiliana. Al termine mi sono accorto che era stato concepito in questo modo, e ne ho compreso il motivo.

Quali musicisti hanno partecipato a questo lavoro?

Una ventina di amici tra i quali il Ivan Vilela, il maestro Martinho Lutero insieme a due sue coriste Claudia e Regina, Gilson Silveira, Rosa Emilia, Massimo Orlando, Renato Sellani,  Kal dos Santos, Heraldo da Silva, Ney Portilho, Marco Conti, Bett Just, Claudia Regina, Mauro Piavani, Fillipo Giordano, Monica e Lidia Paes. Ogni brano del disco è dedicato a una persona con cui ho lavorato.

E cosa rappresenta per lei?

E' il mio primo disco, una sorta di primogenitura e per questo motivo ho voluto chiamarlo così. Sono padre da cinque anni e quando nacque mio figlio desiderai che anche tutte le cose che ho prodotto, ovvero le mie canzoni e le mie poesie, potessero prima o poi venire alla luce, proprio come figli. E un giorno Valerio Meletti, che lo ha prodotto, ha sentito le mie canzoni e mi ha proposto di registrarlo.

Ha impiegato molto tempo per terminarlo?

Meno di un mese, ma la cosa singolare è che prima di entrare in studio non sapevo ancora esattamente ciò che avremmo registrato. E questa atmosfera di serenità e di spontaneità nella quale abbiamo lavorato si avverte un po' in tutte le tracce del disco.

E' soddisfatto del risultato?

Sì, e non per modo di dire. Perché attraverso questa esperienza sono riuscito a realizzare un disco di autentica musica brasiliana senza concedere nulla alla fusion che ha caratterizzato alcune delle mie esperienze insieme ai Kamané, e neppure al folclorico. Intendiamoci: non vi è nulla di male e fa parte della filosofia musicale brasiliana mescolare generi diversi. Ma con questo lavoro ho voluto per una volta rimanere completamente fedele alla musica popolare brasiliana.

Oggi alla musica sta dedicando, da vari versanti, gran parte della sua attività professionale. Come ha iniziato a occupartene?

In Brasile ero impegnato politicamente e come operatore culturale, ma sentivo che stavo lasciando tutto per la musica. Una decisione forse tardiva, avendo allora già 28 anni, ma che sentivo molto forte, così come capivo che l'Europa sarebbe stato il terreno migliore sul quale muovermi. Arrivato a Roma mi sono subito innamorato di questa città dove ho trascorso i primi tempi della mia permanenza in Italia.

E come è arrivato a Roma?

Per caso, su invito di due amici pittori che in quel momento dovevano preparare una mostra di pittura a Brasilia che sarebbe stata successivamente trasferita a Roma, Milano, Barcellona e Madrid. Mi dissero che avevano bisogno di una persona che organizzasse la produzione: in quel momento mi stavo dedicando alla chitarra e al teatro, ma avevo tempo a disposizione e ho colto l'opportunità che mi offersero. 

Come ha iniziato?

Suonando per strada: io e la mia chitarra. Il primo brano del disco parla proprio di quei tempi e della mia intenzione di rimanere in Italia. E' stata la scelta più importante della mia vita.

Conserva un buon ricordo di quegli anni?

La mia vita non era certo facile a quei tempi, ma ero molto felice della mia decisione. Avevo iniziato a esibirmi nei locali insieme a Paolo Inarella, un flautista che mi aveva visto suonare nella metropolitana di Roma. Più tardi andai a Torino, poi venni a Milano. E fu proprio a Milano che ebbi il mio primo gruppo che si chiamava Catereté formato da ottimi musicisti come Emanuele Cisi, Aldo Mella, Emanuele Ruffinengo, Alberto Taffuri. Con loro però non arrivai a registrare dischi, ma soltanto un demo tape. La nostra esperienza insieme durò circa due anni.

E successivamente?

Ho lavorato per diversi anni con Rosa Emilia, con la quale tuttora continuo a collaborare. Ai tempi dell'uscita del suo album "Ultraleve" avevo un gruppo con lei composto anche da Silvio D'Amico e Gilson Silveira, e sempre insieme a lei e a Renato Sellani ho condiviso un'esperienza musicale durata due anni dedicata alle musiche di Tom Jobim. 

A Rosa Emilia tra l'altro aveva già dedicato una canzone, Negarosa, registrata su un cd "Yabas" di Kaldos Santos dei Mitoka Samba

A lei mi lega un rapporto di amicizia profonda. Rosa ha avuto grande importanza nella mia vita in Italia, e tra l'altro partecipa a questo mio ultimo disco cantando una ninna nanna.

Quando era in Brasile aveva conosciuto anche il suo ex marito, Cacaso, poeta e paroliere di alcune importanti canzoni brasiliane?

Lo conoscevo solo di fama, appunto come paroliere ma anche come animatore dell'ambiente lettarario brasiliano e teorico di quel movimento chiamato "poesia del mimeografo". Lo conoscevo principalmente per la sua collaborazione con Edu Lobo.

Prima di formare l'altro suo gruppo, Kamané, ha partecipato ad altre esperienze musicali?

Sì, ma sarebbe impossibile elencarle, perché quasi tutte brevi. I Kamané in questo quadro rappresentano un'eccezione, perché continuano a esserci anche se non suoniamo con la frequenza dei primi tempi. Stare insieme per dieci anni non è poco.

Cosa la lega a questo gruppo?

Certamente la musica, il nostro affiatamento, ma anche il rapporto di estrema libertà tra di noi e il rispetto delle altrui attività musicali. E questo legame ci unisce al punto che un paio di anni fa abbiamo inciso un disco insieme contenente brani nostri e alcune cover di musica brasiliana.

Da musicista e divulgatore, che prospettive vede per la diffusione della cultura brasiliana in Italia?

Quando sono arrivato in Italia e parlavo di Caetano Veloso, erano in pochi a conoscerlo. Oggi abbiamo superato questo livello e parliamo d'altro perché tutti conoscono Caetano. In campo musicale le cose sono quindi cambiate, in meglio. Rimangono tuttavia alcuni preconcetti che sono difficili da modificare o per lo meno non si riescono a cambiare da un giorno all'altro. Per me è comunque più facile lavorare oggi che ieri: si può rischiare, costruire qualcosa.

E' dunque ottimista per il futuro?

Ottimista è un termine impegnativo. Diciamo che sono fiducioso, ci credo. Tra poco partirò per Roma dove andrò a fare un ciclo di conferenze, e so che per venire a conoscere la musica brasiliana saranno presenti più persone della volta precedente.