Danzando per tornare a sognare

E' in questi giorni in Italia la «Compagnia di danza Luar»,
un progetto nato a Rio per togliere i bambini dalla strada

 

di Silvia Zingaropoli

 

    «Il progetto Luar nasce per caso… Un giorno con molta pioggia e senza possibilità di andare avanti. Nasce all’interno di una comunità povera, in una regione quasi abbandonata. Nasce fra l’infanzia povera, ma con molti sogni da realizzare. Perché il sogno è un tesoro per la vita di qualunque bambino, e quando si impedisce a un bambino di sognare si commette un crimine. Il nostro progetto è nato da un sogno e, dopo 12 anni, si mantiene vivo grazie ai sogni».  Chi parla è la fondatrice - nonché presidentessa - del Progetto Luar, Rita Serpa: ballerina professionista, nel 1990 si recò a Caixas dal suo amico Evaristo Spengler, padre francescano che gli presentò alcuni bambini affinché impartisse loro lezioni di danza. Decise allora di rimanere, dando inizio alla sua grande opera, riconosciuta oggi dalle maggiori istituzioni e dalla stampa nazionale ed internazionale. Il progetto nasce in una delle zone più desolate del mondo, regione che l’Organizzazione mondiale della sanità paragona al Biafra e all’Eritrea: la Baixada Fluminense. Situata nella periferia di Rio de Janeiro, questo quartiere conta la maggiore densità di popolazione di tutta l’America Latina: ben 4 milioni di abitanti occupano un’area di appena 34 Km quadrati. Ciò significa che per ogni chilometro quadrato vi è la bellezza di 12mila ottocento abitanti. Tredici anni fa, al momento della nascita del progetto, i bambini della scuola erano appena poche decine: oggi, dopo tanta strada percorsa e non pochi ostacoli superati - in primo luogo causati dalla noncuranza dei municipi e del governo-, il numero degli iscritti supera le settecento unità. Ognuno dei 26 gruppi che attualmente fanno parte del progetto, ha come docente uno o due membri del gruppo originale, come dire “i frutti della semina”.

Ma quali sono i principali obiettivi del progetto Luar? In primo luogo, quello di togliere i bambini dalla strada, dare loro un interesse, una coscienza di sé, un motivo di orgoglio e una speranza. «Come fondatrice di questo Progetto», afferma Rita Serpa, «penso che per tutti quelli che vi hanno partecipato, la danza resterà per sempre un loro successo nella vita. I bambini imparano ad avere orgoglio del luogo dove vivono, riconoscendo le proprie radici e cominciando a pensare che questa dura realtà si può trasformare».

In un luogo dove il tempo sembra essersi fermato ed in cui lo stato delle cose appare immobile, dove gli abitanti delle favelas vengono sottoposti ad ogni tipo di privazione, di violenza e umiliazione, l’Arte è arrivata portando a questi ragazzi e alle loro famiglie un poco di speranza e di dignità. La preparazione dei ragazzi presuppone un periodo di studio estremamente serio e professionale. «Il nostro progetto è povero - continua Serpa -, ma i nostri gruppi apprendono la danza con la stessa qualità delle migliori scuole del mondo e i nostri professionisti sono pronti per ballare in qualsiasi gruppo di danza, in qualsiasi luogo. Siamo radicalmente contrari ad una forma d’arte inferiore». Da questo stesso piano è nata la «Compagnia di danza Luar» che effettua, in questi giorni, una tournée per l’Italia: dal 24 marzo al 28 aprile infatti, il gruppo di ballo si esibisce a Roma, Anagni, Trento, Fermo e Volano in uno spettacolo intitolato «Immagini dell’Inconscio» che tratta il tema della disabilità mentale in Brasile, ispirandosi all’opera della psichiatra Nise da Silveira, seguace della psichiatria alternativa di Francesco Basaglia. Lo spettacolo è patrocinato dalla Comunità internazionale di Capodarco in collaborazione con l’associazione «Noi ragazzi del mondo» e l’Uildm.

La Compagnia di danza Luar, composta da quindici ballerini, rappresenta l’anima del progetto e ne costituisce l’insegna: essa dimostra come, da una regione tanto povera, possa scaturire un così alto grado di arte estremamente originale e sofisticata, pur rimanendo solidamente ancorata alla propria comunità di origine, rappresentandone spesso situazioni e caratteristiche.«Il nostro lavoro», conclude Serpa, «racconta la realtà attraverso il ballo: sono coreografie piene di vita spirituale e di verità. Ma non bisogna mai disprezzare l’importanza della tecnica».