Black Rio alla conquista della scena europea

La mitica band formatasi negli Anni '70 ricomincia dal terzo
disco e si conferma vero monumento del funk afroamericano

 

di Giangiacomo Gandolfi

 

    Grande anno per la Mpb il 2001, sotto vari punti di vista. In qualche modo si viaggia ancora sulla cresta di quell’onda a due anni di distanza, due anni che - sia detto per inciso - non hanno offerto grandi novità di rilievo a parte il radicarsi della scena elettronica e lo sviluppo di qualche personalità promettente soprattutto nell’ambito degli Artistas Reunidos della Trama. Ma il germe di molte elettrizzanti avventure musicali è ancora tutto lì, in quel fatidico inizio millennio.

Un inizio millennio che ha visto, non a caso, il ricomporsi di due grandi esperienze dei Seventies ingiustamente dimenticate: il Trio Mocotò e la Banda Black Rio, due landmark indiscutibili nell’evoluzione della coscienza sonora del Brasile più “nero”. Del primo gruppo, tornato alla ribalta con un album eccellente e modernissimo, si è già parlato a suo tempo nella sezione recensioni. Ma della seconda band, vero monumento del funk afroamericano, si è colpevolmente tralasciato di discutere. La creatura del sassofonista Oberdan Magalhaes, assemblata nel 1976 nel pieno fiorire internazionale dell’epopea disco-funky, sembrava scomparsa definitivamente e scivolata in un immeritato oblio in patria, nonostante una solida comunità di devoti collezionisti, soprattutto europei. Ironicamente, echi di quel sound brillante in grado di fondere i Kool & the Gang al balanço delle assolate spiagge carioca informano parecchie delle band di black music più a la page della scena britannica e basta un minimo di orecchio per riconoscere prestiti e citazioni: Simply Red e Incognito sono esempi di questa influenza neanche tanto sotterranea. D’altra parte Jason Kay, il leader dei Jamiroquay, è da tempo un avido e dichiarato cacciatore di bootleg della Black Rio e la sua musica testimonia di un profondo debito di riconoscenza per la formazione brasiliana.

Non stupisce quindi che il progetto di ricostituzione della band nasca proprio a Londra, tra i sebo di Portobello Road, dove William Magalhaes, figlio di Oberdan e affermato session-man tastierista, si è imbattuto qualche anno fa in un mercato fiorente e insospettato di pezzi da collezione del gruppo capitanato dal padre (morto qualche anno fa in un incidente stradale). Dall’inaspettata scoperta di questo “culto” europeo nasce nel 1999 la seconda incarnazione della Black Rio, che esce in Brasile nel 2001 con l’album “Movimento” per l’etichetta “Regata”, apprezzato da pubblico e critica.

 

Black Rio vecchia e nuova

William propone una ricostruzione per così dire “filologica”: i membri della band sono tutti nuove leve (eccetto il mitico Lucio “Trombone”), ma il sound è rievocato puntigliosamente a partire dai tre album originali. Una potente miscela di funky, soul e jazz investe nuovamente l’ascoltatore, iniettata di percussioni carioca, una dose massiccia di cuica e suingue fortemente indebitato con la scena samba-rock.

La nuova Black Rio riparte dal terzo album “Saci perere”, dove il discorso si era interrotto, e di quella fase del lavoro di Oberdan e dei suoi sodali riprende l’esplicito flirt con il pop:  incrementata attenzione per i pezzi vocali – vere e proprie cançoes che bilanciano il precedente purismo strumentale - e un occhio attento al mondo sonoro di Jorge Ben.

Mancano le ardite fusioni con i grandi classici di samba e choro del passato tentate nei precedenti lp “Maria Fumaça” e “Gafieira Universal” (le famose versioni funky di “Tico-tico no Fuba’” e “Na Baixa do Sapateiro”), ma sono probabilmente recuperi per un futuro approfondimento se, come sembra, il gruppo è avviato a una carriera stabile e di successo. Nel frattempo, gli ospiti invitati a dare la loro benedizione al progetto sono di assoluto prestigio e firmano collaborazioni rilevanti: l’intramontabile Cassiano, che contribuisce anche compositivamente, la voce ruvida di Claudio Zoli, la chitarra di Liminha.

Lesito dell’operazione e’ convincente e ben calibrato; colpiscono in particolare la bella e pastosa ballad “Carrousel”, lo suingue di “Sexta-Feira Carioca” e il delizioso interludio strumentale “Samba Blum”.

 

La scommessa di Mr Bongo

Gli inglesi, almeno in parte responsabili del rilancio, raccolgono la sfida. E l’etichetta Mr. Bongo, vero marchio di qualità per gli amanti del groove latino, che ha già importato ed edito le ultime fatiche di Seu Jorge e Paula Lima, presenta alla fine del 2002 il CD “Rebirth” al pubblico europeo. Non si tratta propriamente di una riedizione di “Movimento”, ma di un lavoro rivisto e aggiornato con il contributo di dj e musicisti britannici: i fratelli Lee alias Faze Action, Tony Economides dei Da Lata e Ray Mang, tra gli altri. La scaletta dei brani, pur rimaneggiata, è molto simile a quella del cd brasiliano, anche se va segnalato un interessante remix della classica “Miss Cheryl" e una fiammeggiante interpretazione di “Misterios da Raça” di Luiz Melodia.

I nostalgici dei Seventies sono finalmente serviti, per gli altri c’è un mondo tropicale e contemporaneamente black insospettato ma da riscoprire, fatto di fiati elettrizzanti alla Earth Wind & Fire e di puro pop-jazz lusofono. Resta da capire se le voci di una tournée europea siano attendibili (per la Lima invece ci sono già le date): attendiamo fiduciosi e chissà che la rediviva Banda Black Rio non faccia una graditissima puntata anche in Italia…